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Jobs Act: in Gazzetta gli ultimi 4 decreti legislativi

Jobs Act: in Gazzetta gli ultimi 4 decreti legislativi

Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 221 del 23 settembre 2015 i restanti quattro decreti attuativi del Jobs Act. Si completa, così, il percorso previsto dalla legge delega di riordino della normativa riguardante il mondo del lavoro.

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 148
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00160) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 149
Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00161) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 150
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00162) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 151
Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00164) (Suppl. Ordinario n. 53)

Tutti e quattro i decreti entrano in vigore dal giorno della loro pubblicazione, ma saranno necessari altri decreti ministeriali e passaggi amministrativi affinché le riforme previste si completino.

Nel caso degli ammortizzatori sociali, sono di immediata applicazione le nuove aliquote contributive; in materia di semplificazioni si dovranno rispettare da subito le disposizioni relative ai controlli a distanza; le disposizioni riguardanti le politiche attive del lavoro e il riordino dell’attività ispettiva non sono di portata immediata.

Diamo conto qui di seguito delle più significative novità introdotte nell’ordinamento in materia di semplificazioni e servizi per l’impiego.

A) IL DECRETO SULLE “SEMPLIFICAZIONI”

Il decreto si pone l’obiettivo di razionalizzare e semplificare le procedure per le imprese sia sul piano degli adempimenti formali che su quello della gestione del rapporto di lavoro.

• Parecchio rumore ha generato la modifica dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori in materia di controlli a distanza, modifica che si basa sulla previsione di cui all’art. 1, 7° co., lett. f) della legge di delegazione n. 183 del 2014.
La disposizione originaria vietava al datore di lavoro l’adozione di «impianti audiovisivi» e di «altre apparecchiature» che consentissero il controllo a distanza, tranne che fossero richiesti da esigenze organizzative e/o produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro. In tal caso la loro installazione ed il loro impiego doveva essere oggetto di accordo con le R.S.A. (rappresentanze sindacali aziendali) o, in mancanza, con la commissione interna.
Il nuovo testo dell’art. 4 s.l., come sostituito dall’art. 23 del decreto, ribadisce anzitutto che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, previo accordo collettivo stipulato dalla r.s.u. o dalle r.s.a.
In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo essi possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del ministero del lavoro.
Come già si riteneva in passato, vale ovviamente nei confronti del provvedimento amministrativo la possibilità di ricorso dapprima amministrativo e successivamente giurisdizionale.
La novità del provvedimento sta però nella circostanza che l’accordo e l’autorizzazione non sono richiesti per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite (purché ovviamente non abbiano la funzione di un surrettizio controllo a distanza). Ne deriva che l’affidamento al lavoratore di strumenti oggi molto diffusi, che siano necessari per lo svolgimento dell’attività di lavoro, come gli smartphone o i tablet, non ha bisogno di alcune preventiva autorizzazione amministrativa o di accordo sindacale.
Ma vi è di più e di più rilevante e cioè che le informazioni raccolte attraverso tali ultimi strumenti ben possono essere utilizzate dal datore di lavoro (anche a fini disciplinari), purché venga data al lavoratore adeguata informazione delle loro modalità d’uso e di effettuazione dei controlli e pur sempre nel rispetto della disciplina sulla c.d. privacy (di cui al d.lgs. n. 196 del 2003).

• Anche la materia delle dimissioni del lavoratore, già oggetto di vari interventi legislativi recenti, da ultimo con la legge n. 92 del 2012 (c.d. riforma Monti), ha subito ulteriori aggiustamenti. Si ricorderà che lo scopo del legislatore è quello di accertare la genuinità delle dimissioni rassegnate dal lavoratore, combattendo la prassi delle cc.dd. “dimissioni in bianco”, sottoscritte dal lavoratore al momento dell’assunzione e fatte valere dal datore di lavoro a propria discrezione. La nuova disposizione (art. 26) contiene una più puntuale articolazione della procedura, non mancando peraltro di rinviare ad un decreto del ministro del lavoro che dovrà stabilire i dati di identificazione del rapporto di lavoro da cui si intende recedere o che si intende risolvere, i dati di identificazione del datore di lavoro e del lavoratore, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici per definire la data certa di trasmissione. In primo luogo fa salve le dimissioni della lavoratrice regolate dall’art. 55, 4° comma 4, del d.lgs. n. 151 del 2001, alle quali dunque non si applica la nuova procedura. Nel merito precisa che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del lavoro, con le modalità individuate dal decreto ministeriale di cui si è detto. Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità. La trasmissione dei moduli può avvenire anche per il tramite dei patronati e delle organizzazioni sindacali nonché degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione. Inoltre la legge chiarisce che quanto già era enucleabile in via interpretativa e cioè che le dimissioni o la risoluzione consensuale che facciamo corpo con una conciliazione sottoscritta nelle sedi che la rendono inoppugnabile (ex art. 2113 o davanti alle commissioni di certificazione) non hanno bisogno di soggiacere alla procedura confermativa della volontà del lavoratore.
È importante notare che la disciplina descritta non è immediatamente applicabile. Essa infatti troverà applicazione a far data dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di determinazione delle procedure attuative.

• Per quanto concerne il sistema del collocamento una delle semplificazioni consiste nella previsione secondo cui il libro unico del lavoro dal 2017 dovrà essere redatto in forma telematica. Nella stessa logica con l’art. 16 del decreto è stato previsto che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, etc. devono effettuarsi esclusivamente in via telematica. Quanto alle sanzioni per l’omessa comunicazione si è prevista la possibilità di una sorta di sanatoria in caso di omessa denuncia preventiva di assunzione. Infatti a tale situazione – con l’eccezione dell’impiego di lavoratori stranieri o di minori – si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Il datore di lavoro può vedere ridotte le sanzioni se procede alla regolarizzazione dei relativi rapporti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al cinquanta per cento dell’orario a tempo pieno), o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi e con il mantenimento in servizio dei lavoratori per almeno tre mesi.

• In relazione alle assunzioni obbligatorie dei disabili il decreto si occupa anzitutto di razionalizzare gli adempimenti relativi all’assunzione obbligatoria dei soggetti protetti, regolata dalla l. n. 68 del 1999. In primo luogo fra i soggetti disabili vengono inseriti anche coloro i quali hanno diritto all’assegno di invalidità, in conseguenza di una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo ed in modo permanente (per difetto fisico o psichico).
Viene inoltre eliminato il regime di gradualità delle assunzioni nei confronti dei datori che occupano fra 15 e 35 dipendenti, prevedendosi, a decorrere dal 2017, che l’obbligo di assunzione di un invalido abbia luogo automaticamente solo in caso di nuova assunzione.
Viene risolto l’annoso problema del computo degli invalidi divenuti tali in corso di rapporto (o comunque in servizio presso l’impresa) con la previsione che vuole che possano essere computati nella quota d’obbligo purché abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o al 45% in caso di invalidità psichica.
La nuova disciplina, pur riconfermando l’obbligo dei datori di lavoro di inviare, con cadenza annuale, un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori occupati, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota ed i posti e le mansioni disponibili per l’assunzione obbligatoria, pone l’avviamento per c.d. “d’ufficio” in secondo piano. Infatti, secondo l’art. 7 della legge del 1999 (come modificato dal d.lgs. in commento), i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici possono assumere i lavoratori mediante richiesta nominativa o mediante la stipula di convenzioni. Viene così generalizzata, come canale d’accesso privilegiato, la richiesta nominativa dei lavoratori che, in passato, era prevista solo in particolari condizioni. Inoltre la richiesta nominativa può essere preceduta da una richiesta all’ufficio di effettuare una preselezione dei disabili iscritti nell’elenco, sulla base delle qualifiche e delle modalità concordate. È quindi solo nel caso in cui l’impresa non si avvalga della richiesta nominativa che scatta l’avviamento d’ufficio (entro sessanta giorni dal momento in cui i datori sono obbligati all’assunzione), secondo l’ordine di graduatoria per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili.
Su un piano più generale viene rivisitato il sistema delle incentivazioni, allo scopo di favorire l’assunzione dei disabili gravi.

B) IL DECRETO SUI SERVIZI PER L’IMPIEGO

Il dlgs. n. 150 si occupa del coordinamento dei servizi per l’impiego e delle politiche attive per favorire l’occupazione. Come si ricorderà uno dei pilastri della riforma del sistema del collocamento degli anni novanta è stato il decentramento amministrativo, attuato con il d.lgs. n. 469 del 1997 (a seguito della legge di delegazione 15 marzo 1997, n. 59), che ha conferito alle regioni i compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, nell’ambito di un ruolo generale di indirizzo e coordinamento dello Stato. Il nuovo decreto prefigura un parziale riaccentramento, quanto meno in funzione di un miglior coordinamento fra i vari soggetti operanti nel mercato del lavoro. Il decreto ha pertanto coerentemente e conseguentemente abrogato i decreti legislativi nn. 468 e 469 del 1997. Allo scopo è stata istituita la Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro costituita, fra l’altro:
a) dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL);
b) dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro di cui all’articolo 11 del decreto;
c) dagli enti previdenziali;
d) dalle agenzie per il lavoro, etc.
In sostanza vengono integrati nel sistema sia soggetti pubblici che soggetti privati.
Il coordinamento dell’attività della Rete è affidato all’ANPAL i cui compiti compiti e le funzioni sono analiticamente descritti nell’art. 9 del decreto. Per garantire livelli essenziali di prestazioni attraverso meccanismi coordinati di gestione amministrativa, il ministero del lavoro stipula, con ogni regione e con le province autonome di Trento e Bolzano, una convenzione finalizzata a regolare i relativi rapporti ed obblighi in relazione alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro nel territorio della regione o provincia autonoma (v. l’art. 11 del decreto, che elenca i principi cui deve ispirarsi la convenzione).
Grande enfasi viene data ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro, che vengono affidati alle regioni, che dovranno espletarli con propri uffici territoriali, denominati centri per l’impiego, varie attività fra cui l’orientamento e l’assistenza nella ricerca di una occupazione, l’avviamento ad attività di formazione ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, l’accompagnamento al lavoro, anche attraverso l’utilizzo dell’assegno individuale di ricollocazione, etc. Per avere accesso alle politiche attive del lavoro il lavoratore disoccupato dovrà stipulare il patto di servizio personalizzato. La stipulazione del patto è indispensabile per confermare lo stato di disoccupazione, tant’è che i lavoratori disoccupati sono nella sostanza convocati d’ufficio dai centri per l’impiego per la stipulazione del patto. Al lavoratore che abbia rispettato le condizioni previste dalla legge (art. 20 del decreto) è riconosciuto, a richiesta, un «assegno individuale di ricollocazione» (v. l’art. 23 del decreto), graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l’impiego o presso i servizi accreditati per ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro.
Il lavoratore decada dall’assegno individuale nel caso di mancata partecipazione alle iniziative strumentali alla ricollocazione o rifiuti senza giustificato motivo una congrua offerta di lavoro e, ovviamente, in caso di perdita dello stato di disoccupazione. A tale trafila devono sottoporsi anche i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per i quali la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, calcolata in un periodo di 12 mesi, sia superiore al 50% (v. l’art. 22 del decreto), con il corollario dell’applicazione delle sanzioni conseguenti (fino alla perdita del trattamento CIG).
Infine con l’art. 26 del decreto è stato previsto un meccanismo del tutto analogo a quello invalso nell’ambito della legislazione sui lavori socialmente utili, consistente nell’utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto. I lavoratori in questione possono essere chiamati a svolgere attività a fini di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di appartenenza.

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Notai – Pubblicati gli Orientamenti Societari 2015

Notai – Pubblicati gli Orientamenti Societari 2015

Pubblicati lo scorso 19 settembre gli orientamenti in materia di atti societari per l’anno 2015 dei Consigli Notarili del Triveneto. Qui di seguito i 16 orientamenti pubblicati molti dei quali riguardano questioni oggetto di recenti riforme normative.

H.A.15 – (L’AMPLIAMENTO DELL’AMBITO APPLICATIVO DELL’ART. 2343 TER C.C. DISPOSTO DAL D.L. N. 91/2014 – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

L’art. 20, commi 4 e 5, D.L. 24 giugno 2014, n. 91 ha ampliato l’ambito di applicazione del procedimento di valutazione fondato sulla documentazione di cui all’art. 2343 ter c.c., previsto per i conferimenti in natura nelle S.P.A. e nelle S.A.P.A., in alternativa al procedimento ordinario fondato sulla relazione giurata di stima asseverata da esperto nominato dal Tribunale, estendendolo anche:
a) al caso dell’acquisto da parte della società per corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale dei beni e dei crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci, degli amministratori, nei 2 anni dall’iscrizione al Registro Imprese (art. 2343 bis c.c.);
b) al caso della trasformazione progressiva in S.P.A. o in S.A.P.A. ex art. 2500 ter c.c. e di trasformazione eterogenea in S.P.A. o in S.A.P.A. ex art. 2500 octies c.c.
I nuovi testi artt. 2343 bis e 2500 ter c.c., se da un lato richiamano espressamente la disposizione dell’art. 2343 ter c.c., dall’altro non richiamano anche la disposizione dell’art. 2343 quater c.c., che disciplina la fase di verifica ad opera degli amministratori.
Si ritiene, peraltro, tale verifica applicabile anche alle nuove fattispecie in quanto strettamente connessa alle specifiche modalità di determinazione dei valori previste dall’art. 2343 ter.

H.G.34 – (AUMENTO A PAGAMENTO DEL CAPITALE IN PRESENZA DI AZIONI GRAVATE DA USUFRUTTO – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

In caso di azioni gravate da usufrutto, se viene deliberato un aumento a pagamento del capitale, il diritto di opzione, ai sensi dell’art. 2352, comma 2, c.c., spetta al socio (nudo proprietario) ed al medesimo sono attribuite le azioni in base ad esso sottoscritte. Le azioni di nuova emissione sono attribuite al socio (nudo proprietario) in piena proprietà, dovendosi escludere sulle stesse un’estensione del diritto di usufrutto che continuerà a gravare solo sulle vecchie azioni, salva diversa volontà espressa dalle parti.
Si ritiene che le parti (socio/nudo proprietario ed usufruttuario), possano, con apposito patto, disciplinare la fattispecie in maniera diversa, prevedendo, ad esempio, la facoltà per l’usufruttuario di ottenere l’estensione del suo diritto di usufrutto anche sulle azioni di nuova emissione, a fronte del suo concorso alle spese per la liberazione di dette azioni (un’estensione dell’usufrutto sulle azioni derivanti da aumenti a pagamento senza il concorso alle spese da parte dell’usufruttuario integrerebbe una donazione di cosa futura, nulla ex art. 771 c.c.).
Deve comunque essere rispettata la specifica disciplina dettata dalla società emittente per la costituzione del diritto di usufrutto sulle azioni. Si ritiene, peraltro, legittima una clausola statutaria che nel sancire limiti e/o condizioni per la costituzione di usufrutto sulle azioni, preveda una deroga a tale disciplina per l’ipotesi in cui, in forza di un patto “estensivo” intervenuto tra le parti, sia richiesta l’estensione dell’usufrutto anche alle azioni di nuova emissione in caso di aumento a pagamento del capitale sociale.

H.G.35 – (SUPERAMENTO DELLA PROPORZIONE MASSIMA CONSENTITA TRA AZIONI ORDINARIE E AZIONI SENZA DIRITTO DI VOTO O CON DIRITTO DI VOTO LIMITATO O SUBORDINATO – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Qualora il valore delle azioni senza diritto di voto, o con diritto di voto limitato a particolari argomenti, ovvero con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, superi la metà del capitale sociale per il verificarsi di eventi tipici e legali attinenti alla normale dinamica del rapporto sociale (quali un recesso, l’annullamento di azioni del socio moroso, la riduzione del capitale per perdite in presenza di azioni postergate, altro ancora) non ricorre alcun obbligo di porre in essere operazioni che riconducano tale valore al di sotto del limite massimo previsto dall’art. 2351, comma 2, c.c.
In occasione di eventuali successivi aumenti di capitale sarà tuttavia obbligatorio offrire in sottoscrizione solo azioni ordinarie fino a quando non sia stata ristabilita la proporzione minima di legge tra queste e quelle senza voto o con voto limitato o subordinato.
La presenza anche di una sola azione avente diritto di voto esclude il verificarsi dello scioglimento della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea.

H.H.8 (PREVISIONE DI UN PREMIO DI MAGGIORANZA O DI UNO SCONTO DI MINORANZA NELLA CLAUSOLA STATUTARIA DI VALORIZZAZIONE DELLE AZIONI PER IL CASO DI RECESSO – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Con riferimento alle cause convenzionali e derogabili di recesso, è legittimo che lo statuto di una società per azioni non quotata disponga che, in sede di liquidazione delle azioni del socio recedente, si preveda un “premio di maggioranza”, da attribuirsi nel caso in cui la partecipazione azionaria del socio uscente garantisca una posizione di controllo in seno alla società, oppure uno “sconto di minoranza”, da applicarsi nell’opposta ipotesi in cui il “pacchetto azionario” sia ininfluente ai fini del controllo societario.

H.I.18 (PRELAZIONE E USUFRUTTO – 1° pubbl. 9/04 – modif. 9/15 – motivato 9/15).

È legittima l’applicazione della clausola di prelazione anche alla cessione dell’usufrutto sulle azioni. È altresì legittima la clausola statutaria che, nello stabilire il diritto di prelazione per il trasferimento della titolarità delle azioni, ne preveda l’estensione alle ipotesi di costituzione del diritto di usufrutto.
Nel caso di costituzione di usufrutto, il diritto offerto agli altri soci dovrà avere le stesse caratteristiche di quello che si intende costituire a favore del terzo. Pertanto, se si tratta di usufrutto vitalizio, ai soci sarà offerto un usufrutto a termine commisurato alla vita di detto terzo.

I.G.49 – (LEGITTIMITÀ DI UN’OPERAZIONE DI AZZERAMENTO DEL CAPITALE PER PERDITE E SUA RICOSTITUZIONE SENZA L’INTEGRALE ANNULLAMENTO DELLE PARTECIPAZIONI PREESISTENTI – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Nelle s.r.l. le quote di partecipazione sono concettualmente distinte da quelle di conferimento, sono da queste indipendenti, e sono naturalmente prive di valore nominale esplicito. Per tali motivi vengono propriamente individuate con una percentuale o con una frazione e non subiscono modifiche nel caso di aumento gratuito di capitale (art. 2481 ter, comma 2, c.c.) o di riduzione per perdite (art. 2482 quater c.c.).
Lo scioglimento di qualsiasi legame tra quote di partecipazione (art. 2463, comma 2, n. 6, c.c.) e quote di conferimento (art. 2463, comma 2, n. 5, c.c.) è la conseguenza di una precisa scelta operata dalla legge delega di riforma del diritto societario (L. n. 366/01), la quale, all’art. 3, comma 2, lett. c), ha previsto che fosse consentito ai soci di s.r.l. di regolare l’incidenza delle rispettive partecipazioni sociali sulla base di scelte contrattuali (dunque, senza alcun obbligo di rispettare una qualche proporzione con i conferimenti). A quanto sopra consegue che in tutte le operazioni di aumento di capitale a pagamento non ricorre mai l’obbligo di far coincidere il valore nominale implicito complessivo delle partecipazioni offerte in sottoscrizione con quanto richiesto in conferimento a titolo di capitale. E’ dunque possibile, a fronte di un aumento di capitale, offrire in sottoscrizione una percentuale delle quote di partecipazione nella società avente valore nominale implicito sia superiore che inferiore a quello del deliberato aumento (vedi orientamento I.G.33), all’unica, ovvia, condizione, che il prezzo richiesto non sia complessivamente inferiore all’aumento di capitale deliberato (in analogia con quanto previsto in sede di costituzione dall’art. 2464, comma 1, c.c.). Tale regola trova applicazione anche nell’ipotesi di aumento di capitale in ricostituzione di quello precedentemente azzerato per perdite, ove, pertanto, non ricorre alcun obbligo di offrire in sottoscrizione il 100% delle partecipazioni sociali, essendo possibile offrire ai sottoscrittori solo una parte di esse, dunque quote di partecipazione aventi un valore nominale implicito complessivamente inferiore a quello del deliberato aumento. E’ così, ad esempio, possibile deliberare un aumento in ricostituzione di euro 10.000 del capitale precedentemente azzerato per perdite, con offerta in sottoscrizione di quote di partecipazione rappresentanti il 60% della società, dunque di valore nominale implicito complessivo di euro 6.000. In tale ipotesi, le quote di partecipazione non offerte in sottoscrizione con l’aumento di capitale (nell’esempio quelle rappresentanti il 40% della società) rimarranno nella titolarità dei soci preesistenti, in proporzione a quelle che detenevano anteriormente all’azzeramento, ancorché il precedente capitale sociale sia stato annullato. Pertanto, qualora i medesimi non esercitino i propri diritti di sottoscrizione/opzione, non resteranno esclusi dalla società. Una siffatta delibera trova la sua applicazione naturale, e giustificazione causale, ogniqualvolta sia necessario azzerare il capitale sociale per perdite in dipendenza di un patrimonio solo contabilmente negativo ma in realtà positivo, in quei casi, cioè, in cui sussistono plusvalori inespressi dalle scritture contabili. Verificandosi tale fattispecie, infatti, se venissero offerte ai sottoscrittori del capitale ricostituito le intere partecipazioni sociali si realizzerebbe, qualunque fosse il prezzo di emissione, un esproprio dei plusvalori latenti insiti nelle partecipazioni di quei soci che non possono o non vogliono esercitare integralmente il diritto di sottoscrizione/opzione sul deliberato aumento.

I.G.50 (DIRITTO DI SECONDA SOTTOSCRIZIONE E SUA TANGIBILITÀ – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Il terzo alinea dell’art. 2481 bis, comma 2, c.c. dispone che in caso di aumento di capitale mediante nuovi conferimenti (c.d. aumento reale o effettivo) “la decisione può anche consentire, disciplinandone le modalità, che la parte dell’aumento di capitale non sottoscritta da uno o più soci sia sottoscritta dagli altri soci o da terzi”, pure in assenza di una previsione in tal senso contenuta nell’atto costitutivo (cfr. orientamento I.G.4).
Nelle s.r.l., quindi, stabilire quale sia la sorte dell’operazione di aumento è facoltà riservata all’autonomia dei soci (da esercitarsi in sede assembleare, all’interno del procedimento di aumento). I soci potranno:
a) non assumere una deliberazione specifica (nel qual caso troverà applicazione il meccanismo di cui all’art. 2481 bis, comma 3, c.c. a seconda che l’aumento sia scindibile o inscindibile);
b) stabilire che, scaduti i termini per l’esercizio del diritto di sottoscrizione, la frazione di aumento di capitale rimasta non sottoscritta venga offerta in sottoscrizione ai soci che hanno già esercitato il proprio diritto (di qui il termine pratico: “seconda sottoscrizione”) o a terzi.
Nell’ipotesi sub b) devono ritenersi legittime sia la delibera che consenta di offrire la parte di aumento non sottoscritta ai soli soci che abbiano esercitato il proprio diritto di prima sottoscrizione con integrale esclusione dei terzi, sia quella che consenta di offrire la frazione di aumento di capitale non sottoscritta ai soci che abbiano esercitato il proprio diritto di prima sottoscrizione e, in subordine, ai terzi.
Appaiono invece di dubbia legittimità – salvo consti il consenso unanime di tutti i soci rappresentanti l’intero capitale sociale – le delibere che riservino la sottoscrizione dell’inoptato, in tutto o in parte, esclusivamente a vantaggio dei terzi con esclusione dei soci.

I.G. 51 – (AUMENTO A PAGAMENTO DEL CAPITALE IN PRESENZA DI PARTECIPAZIONI GRAVATE DA USUFRUTTO – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

In caso di partecipazioni gravate da usufrutto, se viene deliberato un aumento a pagamento del capitale, il diritto di sottoscrizione/opzione, ai sensi dell’art. 2352, comma 2, c.c. (richiamato dall’art. 2471 bis c.c.), spetta al socio (nudo proprietario) ed al medesimo sono attribuite le partecipazioni in base ad esso sottoscritte.
Le partecipazioni di nuova emissione sono attribuite al socio (nudo proprietario) in piena proprietà, dovendosi escludere sulle stesse un’estensione del diritto di usufrutto che continuerà a gravare solo sulle vecchie partecipazioni, salva diversa volontà espressa dalle parti.
Si ritiene che le parti (socio/nudo proprietario ed usufruttuario), possano, con apposito patto, disciplinare la fattispecie in maniera diversa, prevedendo, ad esempio, la facoltà per l’usufruttuario di ottenere l’estensione del suo diritto di usufrutto anche sulle partecipazioni di nuova emissione, a fronte del suo concorso alle spese per la liberazione di dette partecipazioni (un estensione dell’usufrutto sulle partecipazioni derivanti da aumenti a pagamento senza il concorso alle spese da parte dell’usufruttuario integrerebbe una donazione di cosa futura, nulla ex art. 771 c.c.). Deve comunque essere rispettata la specifica disciplina dettata dalla società per la costituzione del diritto di usufrutto sulle partecipazioni. Si ritiene, peraltro, legittima una clausola statutaria che nel sancire limiti e/o condizioni per la costituzione di usufrutto sulle partecipazioni, preveda una deroga a tale disciplina per l’ipotesi in cui, in forza di un patto “estensivo” intervenuto tra le parti, sia richiesta l’estensione dell’usufrutto anche alle partecipazioni di nuova emissione in caso di aumento a pagamento del capitale sociale.

I.H.19 – (LEGITTIMITÀ DELLA CLAUSOLA DI ESCLUSIONE DEL SOCIO CHE SIA UNA SOCIETÀ LEGATA ALLA MODIFICA NON AUTORIZZATA DELLA SUA COMPAGINE SOCIALE – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Si reputa legittima come giusta causa di esclusione del socio ex art. 2473 bis c.c. quella in forza della quale un socio possa essere escluso dalla società qualora il medesimo sia a sua volta una società e, senza il consenso dei restanti soci della partecipata, muti per qualsiasi causa la propria compagine sociale, anche in esito a operazioni di scissione o fusione (c.d. changing control). Tale clausola può essere introdotta in statuto a maggioranza.

I.I.23 (PRELAZIONE E USUFRUTTO – 1° pubbl. 9/04 – modif. 9/15 – motivato 9/15).

È legittima l’applicazione della clausola di prelazione anche alla cessione dell’usufrutto sulle partecipazioni. È altresì legittima la clausola statutaria che, nello stabilire il diritto di prelazione per il trasferimento della titolarità delle partecipazioni sociali, ne preveda l’estensione alle ipotesi di costituzione del diritto di usufrutto.
Nel caso di costituzione di usufrutto, il diritto offerto agli altri soci dovrà avere le stesse caratteristiche di quello che si intende costituire a favore del terzo. Pertanto, se si tratta di usufrutto vitalizio, ai soci sarà offerto un usufrutto a termine commisurato alla vita di detto terzo.

I.I.31 – (AMMISSIBILITÀ DI DIRITTI PARTICOLARI ATTRIBUITI A TUTTI I SOCI – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Si ritiene ammissibile l’attribuzione di uno o più diritti particolari a tutti i soci di una s.r.l., in considerazione:
a) del tenore letterale dell’art. 2468, comma 3, c.c., il quale individua, quali soggetti titolari dei particolari diritti, “singoli soci”, con ciò lasciando intendere che debba trattarsi di specifici soci, nominativamente individuati, senza escludere che i diritti particolari possano riguardare tutti i soci;
b) dell’ampia autonomia statutaria riconosciuta post riforma al tipo sociale s.r.l., la quale dovrebbe permettere di attribuire rilevanza centrale alle persone di tutti i soci, ove ciò corrisponda alla volontà degli stessi.

L.E.10 – (INDIVIDUAZIONE DEI SOCI CHE DEVONO PRESTARE IL PROPRIO CONSENSO AD UNA SCISSIONE ASIMMETRICA – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Nella scissione asimmetrica il “consenso unanime” richiesto dall’art. 2506, comma 2 , c.c., deve intendersi come il consenso dei soli soci cui non siano assegnate partecipazioni in una o più società partecipanti alla scissione, siano esse la scissa o le beneficiarie. Tale disposizione, infatti, non appare volta a derogare all’eventuale regola maggioritaria vigente nella società scissa per le decisioni dei soci, bensì a tutelare il diritto individuale di ciascun di essi a non essere estromesso dalle iniziative imprenditoriali cui partecipa.
A quanto sopra consegue che:
a) il consenso dei soci alla scissione asimmetrica può essere prestato sia al momento dell’approvazione del relativo progetto sia antecedentemente che successivamente a tale momento, purché prima della stipula dell’atto di scissione;
b) non è necessario che una scissione solo parzialmente asimmetrica sia approvata anche con il consenso di quei soci cui verranno assegnate partecipazioni in tutte le società risultanti dall’operazione.

L.E.11 – (NON NECESSITÀ DI CONSENSO UNANIME NEL CASO DI SCISSIONE ASIMMETRICA CON FACOLTÀ DI OPZIONE PROPORZIONALE – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Nel caso di scissione asimmetrica il cui progetto preveda la facoltà per ciascun socio di optare per la partecipazione in tutte le società interessate all’operazione di scissione in proporzione alla sua quota di partecipazione originaria, non appare necessaria l’esistenza di un consenso unanime all’operazione. Salvo che il progetto di scissione non disponga diversamente, le minori partecipazioni assegnate a determinati soci per effetto dell’eventuale esercizio dell’opzione proporzionale da parte di altri soci, sono compensate con l’assegnazione proporzionale ai primi della porzione di partecipazioni rifiutata dai secondi, mantenendo in tal modo inalterato il rapporto di cambio.

P.B.1 – (DELIBERAZIONI SULLE PERDITE DI SOCIETÀ SOGGETTA A CONCORDATO PREVENTIVO O AD ACCORDO DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI OMOLOGATI – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

Ai sensi dell’art. 182 sexies L.F., alle società che domandano l’ammissione al concordato preventivo o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non si applicano, dalla data della domanda e fino all’omologazione, le disposizioni sulla tutela dell’integrità del capitale sociale dettate dagli artt. 2446, commi 2 e 3; 2447; 2482 bis, commi 4, 5 e 6; 2482 ter e 2484, n. 4, c.c.
Successivamente all’omologazione le suddette disposizioni tornano a trovare piena applicazione, ancorché il piano o l’accordo non siano stati ancora eseguiti.
In tale fase, per determinare se la società si trovi in uno stato di perdita rilevante che imponga una riduzione del capitale, una trasformazione o il suo scioglimento, occorre tenere conto di quanto previsto dal piano concordatario o dall’accordo di ristrutturazione, dunque:
a) delle sopravvenienze attive determinate dalla riduzione dei debiti (falcidia);
b) dell’eventuale maggior valore di realizzo dei beni sociali, di cui è prevista la vendita per soddisfare i creditori, rispetto a quello contabile;
c) dell’eventuale previsione che contempli il pagamento di una percentuale di determinate passività con utili futuri prodotti dalla società;
d) di ogni altro eventuale accordo idoneo a modificare la situazione patrimoniale e finanziaria della società.
All’assemblea chiamata a deliberare sulle perdite dovrà comunque essere sottoposta la situazione patrimoniale di cui agli artt. 2446 o 2482 bis c.c., la quale, dovendo rappresentare in maniera veritiera e corretta la situazione patrimoniale e finanziaria della società tenendo conto degli effetti del piano concordatario o dell’accordo di ristrutturazione, dovrà essere redatta, ai sensi dell’art. 2423, comma 4, c.c., derogando alle disposizioni di legge sul bilancio incompatibili con tale rappresentazione veritiera (potranno, ad esempio, essere operate rivalutazioni o create nuove poste rappresentanti specifici effetti del piano).
Dell’eventuale deroga e della sua influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del risultato economico si dovrà dare motivazione e conto nella relazione degli amministratori (o nella nota integrativa, se predisposta – vedi orientamenti H.G.26 e I.G. 40).

P.B.2 – (DETERMINAZIONE DEL TERMINE DI SCADENZA DEGLI EFFETTI DELL’ART. 182 SEXSIES LEGGE FALL. NEL CASO DI MANCATA OMOLOGA – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

L’art. 182 sexies legge fall. dispone che alle società che domandano l’ammissione al concordato preventivo o l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti non si applicano, dalla data della domanda e fino all’omologazione, le disposizioni sulla tutela dell’integrità del capitale sociale dettate dagli artt. 2446, commi 2 e 3; 2447; 2482 bis, commi 4, 5 e 6; 2482 ter e 2484, n. 4, c.c.
Può tuttavia accadere che ad una di dette domande non segua l’omologa a causa dell’inammissibilità della proposta (artt. 161, comma 9, e 162 legge fall.), della sua revoca (art. 173 legge fall.) o del suo rigetto (art. 180 legge fall.). In tali ipotesi si ritiene che l’effetto protettivo previsto dall’art. 182 sexies legge fall. cessi dalla data di emanazione di uno dei suddetti provvedimenti di chiusura del procedimento.

Q.A.19 – (MAGGIORANZA DEI SOCI PROFESSIONISTI NELLA S.T.P. – 1° pubbl. 9/15 – motivato 9/15).

In una s.t.p. appare legittimo che il numero di soci professionisti sia inferiore ai due terzi della compagine sociale ovvero che la partecipazione degli stessi al capitale sociale sia inferiore ai due terzi del medesimo, purché in ogni possibile decisione, considerando il metodo di approvazione concretamente adottato (per teste, per partecipazione agli utili, per partecipazione al capitale), ad essi spetti la maggioranza dei due terzi dei voti esercitabili.
La disposizione sulla composizione qualitativa della compagine sociale contenuta nell’art. 10, comma 4, lett. b) della legge 12 novembre 2011, n. 183 appare, infatti, volta a garantire ai soci professionisti i due terzi dei voti esercitabili e non anche una maggioranza di mera partecipazione slegata dai diritti di voto.

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Amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione

Amministrazione di sostegno, interdizione e inabilitazione

La Commissione Giustizia ha iniziato l’esame del provvedimento C. 1985 per il rafforzamento dell’amministrazione di sostegno e la soppressione degli istituti dell’interdizione e dell’inabilitazione.

Il provvedimento apporta diverse e importanti modifiche al codice civile e alle disposizioni per la sua attuazione.

In particolare, le linee-guida della riforma sono le seguenti:

  • soppressione dell’interdizione (anche di quella legale) e dell’inabilitazione;
  • incapacità legale rimane come una figura dotata di senso solo con riferimento ai minori;
  • inserimento nell’ordinamento di un nuovo modello privatistico: la «inadeguatezza gestionale»;
  • incentrare il sistema di protezione sull’amministrazione di sostegno, quale misura di protezione applicabile sempre.

Pertanto, ecco le principali modifiche al codice civile che il ddl 1985 vuole apportare:

Abrogazione degli articoli da 414 a 432 c.c., eccezion fatta per l’art. 428 c.c.

Amministrazione di sostegno:

• Il terzo comma dell’articolo 405 del codice civile verrebbe integralmente riformulato, prevedendo la possibilità di nomina di un co-amministratore di sostegno, qualora ciò risponda all’interesse del beneficiario;

• articolo 406, primo comma, c.c.: verrebbe inserita la locuzione «personalmente» per superare, in via definitiva, la questione concernente la sovranità e l’autosufficienza dell’interessato riguardo all’iniziativa di attivazione del procedimento di amministrazione di sostegno;

• articolo 407, quarto comma, c.c.: per la difesa tecnica del beneficiario, il quarto comma dell’articolo 407, di nuova formulazione, rinvia alla disposizione dell’articolo 716, secondo comma, del codice di procedura civile (anch’essa introdotta ex novo) la quale prevede che il giudice tutelare debba invitare il beneficiario a nominare un difensore;

• articolo 409, secondo comma, c.c.: introdotta nell’articolo 409 una disposizione volta a puntualizzare che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno conserva la capacità di compiere gli atti di natura personale riguardo ai quali non sia stato incapacitato dal giudice tutelare;

• articolo 412, secondo comma, c.c.: aggiunto il riferimento al caso di «incapacitazione» disposta con decreto del giudice tutelare successivo al decreto istitutivo dell’amministrazione di sostegno.

Attività negoziale dell’incapace:

• articolo 428 c.c.: la nuova formulazione della norma si differenzia per la riunione nel primo comma delle due fattispecie di annullamento contemplate ora distintamente nel primo e nel secondo comma con riguardo rispettivamente agli atti e ai contratti. In entrambi i casi, sarà necessario e sufficiente che ricorra il grave pregiudizio per l’incapace, mentre non è più richiesto l’ulteriore presupposto della «mala fede»dell’altro contraente.

Contratto in generale:

• articolo 1425 c.c.: modificato il primo comma dell’articolo 1425, dove fa riferimento alla parte «legalmente incapace», dato che, per effetto della soppressione dell’interdizione e dell’inabilitazione, la categoria dell’incapacità legale di agire si riduce alla sola fattispecie della minore età; dunque, il primo comma è riformulato sostituendosi alla locuzione «legalmente incapace di contrattare» la parola «minore»; introdotto un nuovo secondo comma dell’articolo 1425, contemplante l’annullabilità del contratto concluso dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito il divieto di compiere attività negoziale;

• art. 1442, secondo comma, c.c.: inserita la previsione concernente l’ipotesi del contratto concluso dal beneficiario di amministrazione di sostegno, nonostante la propria «incapacitazione: la prescrizione relativa all’azione di annullamento del contratto decorre dal venir meno dell’impedimento a contrarre stabilito dal giudice tutelare.

Singoli contratti:

• art. 1626 c.c., scioglimento del contratto di affitto: scompaiono dalla norma i riferimenti all’interdizione e all’inabilitazione e rimane contemplata, quale unica causa di scioglimento del contratto, l’insolvenza dell’affittuario;

• art. 1722 c.c., mandato: vengono meno le cause di scioglimento costituite da interdizione e inabilitazione del mandante o del mandatario;

• art. 1833 c.c., conto corrente: vengono meno la previsione dello scioglimento del rapporto contrattuale per interdizione o inabilitazione di una delle parti e i conseguenti riferimenti testuali agli istituti soppressi.

Pagamento e indebito:

• artt. 1190 e 1191 c.c.: «incapace» ai sensi degli articoli 1190 e 1191 del codice civile, dovrà essere considerato anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno riguardo al quale il giudice tutelare abbia posto un divieto di ricevere o di effettuare pagamenti;

• art. 1993 c.c.: anche il beneficiario di amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare avesse stabilito il divieto di emettere assegni, potrà opporre al possessore del titolo il difetto di capacità derivante dal predetto intervento incapacitante.

Matrimonio:

• art. 85 c.c.: viene meno il divieto riferito all’interdetto di sposarsi: il disabile conserva, pertanto, la piena sovranità in ordine alla decisione di contrarre matrimonio;

• art. 119 c.c., legittimazione a impugnare il matrimonio contratto in violazione del divieto previsto dall’articolo 85 del codice civile: il nuovo testo contempla anche il beneficiario dell’amministrazione di sostegno destinatario del divieto, nonché l’amministratore di sostegno;

• art. 183 c.c., amministrazione dei beni comuni: abrogato il terzo comma;

• art. 193 c.c.: la separazione giudiziale dei beni tra coniugi non potrà più essere pronunziata in caso di interdizione o di inabilitazione ma soltanto in caso di cattiva amministrazione. Aggiunta ulteriore ipotesi in cui vi sia pericolo per gli interessi dell’altro coniuge o della comunione o della famiglia, tenuto conto degli impedimenti stabiliti dal giudice tutelare con riguardo al coniuge beneficiario di amministrazione di sostegno, ai sensi dell’articolo 409 del codice civile.

Filiazione:

• art. 244 c.c., disconoscimento di paternità: aggiunto un quinto comma il quale prevede che nel provvedimento con il quale nomina l’amministratore di sostegno, o successivamente, il giudice tutelare possa disporre, con riguardo esclusivo all’interesse del beneficiario, il divieto per lo stesso di promuovere azione di disconoscimento. Il giudice tutelare potrà comunque prevedere che l’azione sia esercitabile con l’assistenza dell’amministratore di sostegno;

• art. 245 c.c., sospensione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento: qualora l’interessato al disconoscimento sia interdetto o versi in condizioni di grave abituale infermità di mente, viene eliminato il riferimento alla condizione di interdizione e viene aggiunto un nuovo comma contenente la previsione della legittimazione attiva dell’amministratore di sostegno nell’ipotesi in cui l’interessato sia beneficiario di amministrazione di sostegno;

• art. 273 c.c., esercizio dell’azione per l’accertamento giudiziale della filiazione naturale: è eliminata la previsione relativa all’esercizio dell’azione da parte del tutore dell’interdetto. Il terzo comma della norma è riformulato con riferimento al beneficiario di amministrazione di sostegno, nei confronti del quale viene previsto che il giudice tutelare possa disporre il divieto di esercizio dell’azione o stabilire che la stessa possa essere esercitata con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.

Accettazione di eredità:

• art. 471 c.c.: la norma è riformulata prevedendo, nel terzo comma, l’accettazione di eredità da parte del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Testamento:

• art. 591 c.c., capacità di fare testamento: eliminazione del riferimento all’interdetto, contenuta nel testo vigente dell’articolo 591, secondo comma, numero 2), sostituita da quella concernente la figura del beneficiario di amministrazione di sostegno il quale sia stato «incapacitato» a testare.

Donazione:

• art. 774 c.c., capacità di donare: l’incapacità di fare donazione investe il minore d’età e il beneficiario dell’amministrazione di sostegno nei cui confronti il giudice tutelare abbia stabilito il divieto di fare donazione;

• art. 775-bis c.c.: norma di nuova formulazione. Anche il beneficiario di amministrazione di sostegno «incapacitato» possano donare i propri beni, secondo le modalità contemplate.

Patrimonio con vincolo di destinazione:

• gli articoli 692-697 del codice civile disciplineranno il nuovo istituto del «patrimonio con vincolo di destinazione»: possibilità della costituzione del patrimonio con vincolo di destinazione, a favore del beneficiario dell’amministrazione di sostegno.

Responsabilità civile dell’incapace:

• nuovo secondo comma dell’art. 2046 c.c.: salvo il caso in cui l’incapacità derivi da colpa dell’autore, il giudice può moderare l’ammontare del risarcimento al quale questi è tenuto, in considerazione delle circostanze del caso, con particolare riguardo all’età, alla gravità dello stato d’incapacità e alle condizioni economiche delle parti;

• art. 2047 c.c. responsabilità del sorvegliante dell’incapace: questa da vicaria diviene solidale.