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Archive for month: Febbraio, 2016

Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 16 febbraio 2016 il Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 22 dicembre 2015, n. 226 con cui è stato emanato il Regolamento recante norme in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario.

Il testo del decreto ottempera alle osservazioni formulate recentemente dal Consiglio di Stato. In sintesi era stato sottolineato come fosse necessario:
a) rendere obbligatoria l’informativa al richiedente il finanziamento sulle conseguenze a carico degli eredi, anche nel caso di estinzione anticipata del finanziamento.
b) limitare la possibilità di revoca del finanziamento nel caso in cui il debitore subisca atti conservativi o esecutivi alla sola eventualità in cui tali procedimenti siano di importo pari o superiore ad un certo valore, da determinare in relazione al finanziamento o al valore dell’immobile.

La funzione economica di tale forma di finanziamento è quella di consentire al proprietario di un immobile, di età superiore a 60 anni (la normativa precedente prevedeva un limite di età di 65 anni), di rendere liquida una parte del valore della abitazione per soddisfare esigenze di liquidità senza che lo stesso proprietario sia tenuto a lasciare la proprietà residenziale, che viene comunque posta a garanzia del finanziamento.

Il prestito vitalizio ipotecario va dunque distinto dal mutuo. Con un contratto di mutuo infatti un individuo prende a prestito da una banca una somma di denaro per acquistare un’abitazione e restituisce poi il prestito con rate periodiche; il prestito ipotecario consente, invece, a colui che è già proprietario di “prendere a prestito” una somma di denaro a fronte del valore dell’abitazione evitando di dover vendere la nuda proprietà.

Proseguendo con la disamina del meccanismo di funzionamento, si prevede una differenziazione di importo finanziabile in relazione all’età.

Per coloro che hanno 60 anni o poco più infatti l’importo del finanziamento non può superare il 15-20 per cento del valore dell’immobile, mentre per i proprietari in età più avanzata si arriva fino al 50 per cento del valore dell’abitazione.

Deve essere offerta poi la possibilità di stipulare un prestito cointestato sia ai coniugi che ai conviventi more uxorio. Invero, nel caso in cui il soggetto finanziato, al momento della stipula del finanziamento, risulta coniugato, ovvero convivente more uxorio da almeno un quinquennio documentato attraverso la presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile posto a garanzia risiedano entrambi i coniugi o conviventi more uxorio , il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi, purché i requisiti di età previsti dall’articolo 11-quaterdecies, comma 12, della legge siano posseduti da entrambi i sottoscrittori.

Si prevedono poi:

  • specifici obblighi informativi a carico dell’ente finanziatore con la predisposizione di due prospetti esemplificativi recanti la simulazione del piano di ammortamento da sottoporre all’interessato. In particolare, nel contratto di finanziamento sono presenti, secondo la scelta effettuata dal soggetto finanziato ai sensi dell’articolo 11-quaterdecies, comma 12 -bis, della legge, anche in allegato al contratto stesso due prospetti esemplificativi, chiamati “Simulazione del piano di ammortamento”, che illustrano il possibile andamento del debito nel tempo, evidenziando anno per anno separatamente il capitale e gli interessi, uno applicando il tasso contrattuale al momento della stipula del prestito vitalizio ipotecario, e l’altro simulando al terzo anno dalla stipula del contratto di prestito ipotecario vitalizio uno scenario di rialzo dei tassi di interesse non inferiore a 300 punti base rispetto al tasso vigente al momento della stipula del contratto o, se ha un valore inferiore a questa ipotesi, all’eventuale cap previsto dal contratto.
    La documentazione precontrattuale che il finanziatore consegna al soggetto richiedente è la medesima prevista per i mutui ipotecari dalle “Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 217 del 18 settembre 2009, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
    È fatto, altresì, obbligo al finanziatore di consegnare gratuitamente al soggetto richiedente, almeno 15 giorni prima dell’eventuale stipula del contratto, un prospetto informativo contenente in modo chiaro le seguenti informazioni minime: a) l’importo finanziato con la corrispondente indicazione della percentuale del valore di perizia dell’immobile dato in garanzia; b) l’indicazione della somma che sarà erogata al soggetto finanziato al netto delle imposte e di tutti i costi legati al finanziamento, compresi quelli di istruttoria, notarili, della perizia estimativa e della polizza assicurativa.
  • il divieto di esigere il pagamento delle spese sostenute dal finanziatore qualora il finanziato decida di non sottoscrivere il contratto.

Al finanziamento può accompagnarsi una polizza assicurativa per l’immobile, ma il richiedente ha la facoltà di acquistare la polizza assicurativa anche presso un soggetto differente dal finanziatore, che annualmente deve consegnare un resoconto della propria posizione debitoria.

L’estinzione del finanziamento si configura non solo con la morte del proprietario, ma anche qualora vengano trasferiti in tutto o in parte i diritti reali di godimento sull’abitazione data in garanzia. Può anche scegliersi la formula del rimborso alla scadenza.

Nel caso di decesso del beneficiario sono gli eredi, entro 12 mesi, a dover estinguere il finanziamento scegliendo tra:

  • l’estinzione del debito nei confronti dalla banca;
  • la vendita dell’immobile ipotecato;
  • oppure, in ultima ipotesi, l’affidamento della vendita alla banca mutuataria per rimborsare il credito (il decreto stabilisce che debba avvenire a prezzo di mercato) con il pagamento degli interessi semplici. La parte eccedente il capitale residuo potrà così beneficiare dell’eventuale andamento positivo dei prezzi dell’immobile.

In particolare, il rimborso integrale del finanziamento in un’unica soluzione può essere richiesto dal finanziatore nei seguenti casi:

  • al momento della morte del soggetto finanziato; se il finanziamento è cointestato, tale condizione si avvera al momento della morte del soggetto finanziato più longevo;
  • se vengono trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia, in particolare:
    i. nel caso in cui la proprietà dell’immobile, o una sua quota, è venduta o trasferita a qualsiasi titolo, fatto salvo il caso di trasferimento mortis causa della proprietà, anche pro quota, in cui si applica la lettera a);
    ii. salvo quanto previsto diversamente nel contratto, nel caso in cui è concesso un godimento d’usufrutto, d’uso, di abitazione o un diritto di superficie in relazione all’immobile;
    iii. nel caso di concessione di servitù non presenti al momento della stipula del finanziamento;
  • qualora siano imputabili al soggetto finanziato, o a terzi datori d’ipoteca, atti compiuti con dolo o colpa grave che riducano significativamente il valore dell’immobile;
  • qualora siano costituiti diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile;
  • qualora siano apportate modifiche all’immobile rispetto al suo stato originale come documentato in sede di perizia e dalla documentazione catastale, senza accordo con il finanziatore, anche se con la necessaria autorizzazione o notificazione alle autorità competenti, ovvero modifiche che comunque limitino la libera circolazione dell’immobile;
  • qualora l’incuria o la mancanza di adeguata manutenzione abbia determinato la revoca dell’abitabilità dell’immobile;
  • qualora altri soggetti, dopo la stipula del finanziamento, prendano la residenza nell’immobile, ad eccezione dei familiari del soggetto finanziato; a questi fini come familiari si intendono i figli, nonché il coniuge o convivente more uxorio e il personale regolarmente contrattualizzato che convive con il soggetto finanziato per prestare a lui o alla sua famiglia i suoi servizi;
  • nel caso in cui l’immobile oggetto di garanzia subisca procedimenti conservativi o, esecutivi di importo pari o superiore al venti per cento del valore dell’immobile concesso in garanzia o ipoteche giudiziali.

Dal punto di vista fiscale si conferma l’applicazione dell’imposta sostitutiva agevolata dello 0,25 per cento.

Il Decreto entra in vigore a partire dal 02 marzo 2016.

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Crisi d’impresa e insolvenza. Approvato il d.d.l.

Crisi d’impresa e insolvenza. Approvato il d.d.l.

Il Consiglio dei ministri di ieri sera, 10 febbraio 2016, ha approvato il progetto di riforma della legge fallimentare, elaborato dalla Commissione Rordorf, il quale prevede una profonda rivisitazione della materia concorsuale, emancipandola dalla disorganicità e dalla logica estemporanea ed emergenziale degli ultimi interventi normativi, nella prospettiva di armonizzare il diritto concorsuale interno con i principi emersi in ambito europeo.

Come si legge nel comunicato stampa del Governo, il disegno di legge si pone nel solco del processo di riforma inaugurato con il D.L. n. 83 del 2015 (conv. dalla L. n. 132 del 6 agosto 2015), adottato per sostenere, in via d’urgenza, l’attività delle imprese in crisi agevolando il loro accesso al credito.

Il progetto, a cui P&P Studio Legale ha dedicato un ampio articolo pubblicato l’8 gennaio u.s., muove da una premessa di fondo: un’azienda con problemi rischia di trascinare con sé altre imprese (fornitori di beni e servizi e intermediari finanziari), continuando a contrarre obbligazioni che non potrà soddisfare.

Affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario, o di risanare l’azienda, con benefici sul piano occupazione e più in generale tutelando il tessuto economico contiguo.

Con il disegno di legge delega, che consolida gli approdi dell’intervento del Governo dell’agosto 2015, la prospettiva riformatrice si evolve: si lascia la strada dell’intervento puntuale e urgente per delineare un disegno organico di riforma del diritto dell’insolvenza.

Inoltre, nel disegno di legge di riforma del diritto fallimentare:
• viene tolta la parola fallimento mettendo al centro i concetti di gestione della crisi e dell’insolvenza;
• vengono semplificate le regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative e applicative che molto nuocciono alla celerità delle procedure concorsuali;
• vengono inserite norme per la revisione delle amministrazioni straordinarie (leggi Prodi e Marzano) vengono innalzate le soglie per l’accesso alla procedura e si prevede che i commissari vengano scelti da un apposito albo, il tutto allo scopo di contemperare la continuità produttiva e occupazionale delle imprese con la tutela dei creditori.

Ammortizzatori sociali in deroga. Chiarimenti dal Ministero

Ammortizzatori sociali in deroga. Chiarimenti dal Ministero

Pubblicata la Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4 del 2 febbraio 2016 recante chiarimenti in merito al raccordo tra la vigente normativa in materia di ammortizzatori sociali in deroga, con riferimento al decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, la legge n. 208 del 28 dicembre 2015 e il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n. 83473 del 1 agosto 2014.

1) Quadro normativo

Il decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, di seguito decreto legislativo n.148 del 2015, contiene la nuova disciplina in materia di integrazione salariale ordinaria e straordinaria e in materia di fondi di solidarietà.

Il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n. 83473 del 01 agosto 20014, disciplina, invece, i criteri di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga, sia in costanza che in caso di cessazione del rapporto di lavoro.

Le due discipline, quindi, non si sovrappongono ma sono tra loro complementari in quanto gli ammortizzatori in deroga intervengono nei casi non previsti dalla legislazione vigente (decreto legislativo n. 148 del 2015), allo scopo di fornire tutela a lavoratori che altrimenti ne sarebbero privi.

Acquisito il parere dell’Ufficio Legislativo prot. n. 532 del 28 gennaio 2016, con la presente circolare si forniscono le indicazioni e i chiarimenti operativi in merito alla disciplina degli ammortizzatori sociali in deroga, alla luce delle recenti novità normative.

2) Lavoratori beneficiari

a) Anzianità aziendale

Il comma 1 dell’articolo 2 del decreto interministeriale n.83473 del 01.08.2014 indica i requisiti soggettivi per accedere ai trattamenti di integrazione salariale in deroga.

In particolare, nel far riferimento ai lavoratori destinatari del trattamento, il suddetto decreto stabilisce che, per l’annualità 2015, l’integrazione salariale in deroga può essere concessa o prorogata ai lavoratori subordinati con la qualifica di operaio, impiegati e quadri, ivi compresi gli apprendisti e i lavoratori somministrati, subordinatamente al conseguimento di un’anzianità lavorativa presso l’impresa di almeno dodici mesi alla data di inizio del periodo di intervento.

Il decreto interministeriale n.83473 citato, detta una disciplina a carattere complementare rispetto a quanto previsto dall’art.1, comma 2, del D.Lgs n.148 del 2015, che, invece, stabilisce un’anzianità lavorativa di 90 gg di lavoro effettivo dalla data di presentazione della domanda di concessione del trattamento di integrazione salariale.

Si conferma pertanto, che, salvo quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 6 del D.I. n. 83473 citato, il requisito soggettivo per accedere ai trattamenti di cassa integrazione in deroga è di dodici mesi di anzianità dalla data di assunzione presso l’azienda che presenta la domanda, come previsto dal suddetto decreto.

b) Apprendisti

Gli articoli 1 e 2 del D.Lgs n.148 del 2015 prevedono che i destinatari dell’intervento di cassa integrazione siano i lavoratori con contratto di lavoro subordinato, ivi compresi gli apprendisti assunti con contratto professionalizzante.

Conseguentemente tale tipologia di apprendisti è destinataria di:

– Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, se dipendenti di imprese per le quali trovano applicazione le sole integrazioni salariali straordinarie, limitatamente alla causale di intervento “crisi aziendale”;

– Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria se dipendenti di imprese nei casi in cui le stesse rientrino nel campo di applicazione sia delle integrazioni salariali ordinarie sia di quelle straordinarie, oppure delle sole integrazioni salariali ordinarie;

– Cassa Integrazione Guadagni in Deroga se dipendenti di imprese per le quali trova applicazione la sola disciplina delle integrazioni salariali straordinarie, destinatarie di CIGS, ma per causale di intervento diversa dalla “crisi aziendale”.

Parallelamente, gli apprendisti non titolari di contratto professionalizzante nonché gli apprendisti assunti con contratto professionalizzante nei casi in cui non ricorrano i presupposti di cui agli artt. 1 e 2 del D.lgs 148 citato sono destinatari di Cassa Integrazione Guadagni in deroga.

3) Contributo Addizionale

L’articolo 5 del D.Lgs n.148 del 2015 ha introdotto una nuova disciplina per il contributo addizionale a carico delle imprese che presentano domanda di integrazione salariale.

In particolare, viene prevista una misura progressiva per il contributo addizionale pari:

  • al 9% della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria e straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino ad un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;
  • al 12% oltre al limite di 52 e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile e del 15% oltre al limite di 104 settimane in un quinquennio mobile.

Considerando che, relativamente al contributo addizionale, il sopracitato decreto interministeriale nulla dispone e che, correlativamente, l’articolo 46, comma 1, lett. l) del D.Lgs 148 del 2015 ha abrogato l’art.8, commi da 1 a 5, e 8 del D.L. 21 marzo 1988, n.86, convertito con modificazioni dalla legge 20 maggio 1988, n.160, tale nuova disciplina, introdotta da una fonte primaria, trova applicazione per tutte le tipologie di cassa integrazione, ivi compresa la cassa integrazione in deroga.

4) Modalità di erogazione e termine per il rimborso delle prestazioni

Il comma 3 dell’articolo 7 del D.Lgs n.148 del 2015 stabilisce che “il conguaglio o la richiesta di rimborso delle integrazioni corrisposte ai lavoratori debbano essere effettuati, a pena decadenza,  entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata della concessione o dalla data del provvedimento di concessione, se successivo.

Per i trattamenti conclusi prima dell’entrata in vigore del presente decreto, i sei mesi di cui al precedente periodo decorrono da tale data”.

Considerando che, relativamente alle modalità di erogazione e al termine per il rimborso delle prestazioni, il sopracitato decreto interministeriale nulla dispone, tale nuova disciplina, introdotta da una fonte primaria, trova applicazione per tutte le tipologie di cassa integrazione, ivi compresa la cassa integrazione in deroga.

5) Termini presentazione della domanda

Per quanto attiene ai trattamenti di integrazione salariale in deroga, il comma 7 dell’articolo 2 del D.I. n.83473 citato prevede che “L’azienda presenta, in via telematica, all’Inps e alla Regione, la domanda di concessione o proroga del trattamento di integrazione salariale in deroga alla normativa vigente, corredata dall’accordo, entro venti giorni dalla data in cui ha avuto inizio la sospensione o la riduzione dell’orario di lavoro. In caso di presentazione tardiva della domanda, il trattamento di CIG in deroga decorre dall’inizio della settimana anteriore alla data di presentazione della domanda”.

Il comma 2 dell’articolo 15 e il comma 1 dell’articolo 25 del D.Lgs n.148 del 2015 stabiliscono i termini di presentazione delle domande, rispettivamente di 15 giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per i trattamenti di Cassa Integrazione Ordinaria e di 7 giorni dalla data di conclusione della procedura di consultazione sindacale o dalla data di stipula dell’accordo aziendale per la Cassa Integrazione Straordinaria, oltre alla decorrenza della sospensione non prima del trentesimo giorno dalla data di presentazione della domanda.

Considerato che il disposto dell’articolo 2, comma 7, del Decreto Interministeriale n.83473 del 01 agosto 2014 ha natura di norma complementare come sopra chiarito, resta confermata, in relazione ai termini di presentazione delle domande per i trattamenti di integrazione salariale in deroga, la disciplina ivi contenuta.

6) Trattamento di Fine Rapporto

Per quanto riguarda il trattamento di integrazione salariale in deroga, e il rimborso delle quote di T.F.R. maturate durante il periodo “ininterrotto” di sospensione dal lavoro seguito dalla risoluzione del rapporto di lavoro stesso, si precisa che non può essere rimborsato dall’INPS. Infatti, la  condizione di sospensione dal lavoro per intervento della cassa integrazione guadagni in deroga non rientra in alcuna fattispecie normativa che ne preveda l’indennizzo, essendo la relativa prestazione finanziata da risorse di natura non contributiva.

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui sopravvenga la risoluzione del rapporto di lavoro, dopo un periodo di CIG in deroga fruito dal lavoratore senza soluzione di continuità rispetto alla fine del periodo d’intervento di cassa integrazione salariale straordinaria, sono erogabili a carico della Cassa integrazione guadagni solo le quote di TFR maturate durante il periodo di intervento di integrazione salariale straordinaria.

Conseguentemente, la corresponsione delle quote di TFR maturate durante il periodo di intervento di integrazione salariale in deroga resta a carico del datore di lavoro.

7) Legge di Stabilità 2016

Il comma 304 dell’articolo 1 della Legge n. 208 del 28 dicembre 2015, recante “ Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità per l’anno 2016), dispone un incremento, per l’anno 2016, di 250 milioni di euro per il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga, dettando, nel contempo, disposizioni per la concessione e/o la proroga del trattamento di integrazione salariale e di mobilità in deroga, a decorrere dal 1 gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2016:

– il trattamento di integrazione salariale in deroga, fermo restando, quanto disposto dall’articolo 2 del D.I. n.83473 del 1 agosto 2014, che disciplina le condizioni in presenza delle quali può essere concessa la CIG in deroga, può essere concesso o prorogato per un periodo non superiore a tre mesi nell’arco di un anno;

– il trattamento di mobilità in deroga alla vigente normativa, a parziale rettifica di quanto stabilito dall’art.3, comma 5, del D.I. n.83473 del 1 agosto 2014, non può essere concesso ai lavoratori che alla data di decorrenza del trattamento abbiano già beneficiato di prestazioni di mobilità in deroga per almeno tre anni, anche non continuativi. Per i restanti lavoratori il trattamento può essere concesso per non più di quattro mesi, non ulteriormente prorogabili, più ulteriori due mesi nel caso di lavoratori residenti nelle aree di cui al T.U. approvato con D.P.R. n.218/1978. Per tali lavoratori il periodo concedibile, non può, comunque, eccedere il periodo di tre anni e quattro mesi.

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Statuto del lavoratore autonomo e lavoro agile

Statuto del lavoratore autonomo e lavoro agile

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ha approvato, nella seduta dello scorso 28 gennaio, un disegno di legge recante “misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.

L’ambito di applicazione dell’intervento normativo (art. 1) denuncia infatti proprio tale caratteristica: le nuove guarentigie si applicano ai «rapporti di lavoro autonomo di cui al Titolo III del Libro V del codice civile» e non agli imprenditori, anche se piccoli, di cui all’art. 2083 cod. civ. (salvo che per alcune disposizioni specifiche: gli artt. 8 e 9 del d.l.).

La prima parte del provvedimento detta disposizioni in materia di lavoro autonomo con l’obiettivo di costruire per tali lavoratori, prestatori d’opera materiali e intellettuali non imprenditori, un sistema di diritti e di welfare moderno capace di sostenere il loro presente e di tutelare il loro futuro.

Le principali misure riguardano:

• l’estensione al lavoratore autonomo, a condizioni di compatibilità, della disciplina (d.lgs. 231/2002) in tema di transazioni commerciali (quanto ai termini di pagamento ed alla misura degli interessi);

• la previsione di agevolazioni fiscali, consistenti

a) nella deducibilità nella misura del 100%, delle spese sostenute per i servizi personalizzati di certificazione delle competenze, orientamento, ricerca e sostegno all’auto-imprenditorialità finalizzate all’inserimento o reinserimento del lavoratore autonomo nel mercato del lavoro;

b) nella misura del 100%, entro il limite annuo di 10.000 euro, delle spese sostenute dal lavoratore per la partecipazione a convegni, congressi e corsi di aggiornamento;

c) e in misura integrale delle spese per gli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà, allo scopo di favorire la stipula di tali polizze, e favorendo, allo stesso tempo, lo sviluppo del mercato assicurativo e la diffusione di tali forme assicurative, con un conseguente abbattimento dei costi per il lavoratore autonomo. Con tale meccanismo assicurativo che assicuri il professionista contro questo rischio, in pratica, il Governo spinge il mercato assicurativo a costruire nuovi elementi di tutela, per cui un lavoratore autonomo che investe in una forma assicurativa contro il rischio che il cliente non gli paghi una fattura possa poi dedurne il costo sul piano fiscale;

• la parificazione dei lavoratori autonomi ai piccoli imprenditori ai fini dell’accesso ai PON e ai POR a valere sui fondi strutturali europei;

• il riconoscimento del diritto di percepire l’indennità di maternità spettante per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi, indipendentemente dalla effettiva astensione dall’attività lavorativa;

• l’estensione della durata e dell’arco temporale entro il quale tali lavoratori possano usufruire dei congedi parentali, prevedendo che l’indennità per congedo parentale possa essere corrisposta per un periodo massimo di sei mesi entro i primi tre anni di vita del bambino;

• la previsione della sospensione, senza diritto al corrispettivo, del rapporto di lavoro dei lavoratori autonomi che prestano la loro attività in via continuativa per il committente in caso di gravidanza, malattia e infortunio, per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare;

• la sospensione del versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi per l’intera durata della malattia e dell’infortunio fino ad un massimo di 2 anni, in caso di malattia e infortunio di gravità tale da impedire lo svolgimento dell’attività lavorativa per oltre 60 giorni;

• la previsione di una specifica misura di tutela contro la malattia in base alla quale, i periodi di malattia certificata come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche, sono equiparati alla degenza ospedaliera.

Il disegno di legge non estende ai lavoratori autonomi – come appariva in una precedente versione del progetto – la possibilità di fruire del rito del lavoro. Sul piano processuale si limita infatti ad estendere la previsione di cui all’art. 634, comma 2 cod. proc. civ., secondo cui possono costituire prova scritta, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo, anche le scritture contabili dei lavoratori autonomi. Contiene però una interessante previsione che modifica l’art. 409, n. 3 cod. proc. civ., introducendo una nuova definizione di lavoro para-subordinato.

Infine il titolo II del progetto di legge introduce disposizioni in materia di lavoro agile c.d. “smart working”.

Viene infatti definito come una «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro». Più in concreto le modalità di esecuzione contemplano la possibilità di alternare il lavoro all’interno dei locali aziendali e il lavoro all’esterno, di utilizzare strumenti tecnologici, senza l’impiego di una postazione fissa di lavoro quando l’attività è svolta fuori dei locali aziendali.

Il contratto – che può essere a termine o a tempo indeterminato – va stipulato in forma scritta a pena di nullità e deve contenere la disciplina delle modalità di esecuzione della prestazione all’esterno, ivi comprese le forme di esercizio dei poteri direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, nel rispetto dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori.

Al lavoratore «agile» spetta un trattamento non inferiore a quello complessivamente applicato al lavoratore “interno”.

Il datore di lavoro deve adottare misure idonee a tutelare la riservatezza del lavoratore e, per converso, quest’ultimo deve custodire con diligenza gli strumenti di lavoro. Il datore deve altresì garantire la sicurezza del lavoratore e quest’ultimo deve cooperare nell’attuazione delle misure relative.

Non è del tutto chiara la disciplina del recesso.

All’art. 14, comma 2 del disegno di legge si legge infatti che «in presenza di un giustificato motivo, ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza del termine in caso di accordo a tempo determinato o senza preavviso nel caso di rapporto a tempo indeterminato».

Si tratterebbe quindi di un rapporto di lavoro subordinato del tutto sottratto, quanto alla disciplina del licenziamento, anche alla pur blanda disciplina di cui al contratto a tutele crescenti.

In particolare è previsto che:

• il lavoratore che presta l’attività di lavoro subordinato in modalità agile ha diritto di ricevere un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda;

• gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato, siano applicati anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile;

• il datore di lavoro garantisce al lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile il rispetto delle norme in materia di salute e sicurezza.

Si tratta di un provvedimento che il Governo, dopo l’approvazione del Jobs Act e la riforma delle collaborazioni coordinate e continuative, concepisce per regolamentare, in maniera unitaria, anche il settore delle Partite Iva. Il Ddl sul lavoro autonomo costituisce il primo testo, per l’Italia, specificatamente dedicato ai rapporti di lavoro che divergono dal lavoro subordinato e dalle collaborazioni esterne.

Si attende, adesso, un percorso parlamentare particolarmente spedito dato che il disegno varato dal CdM seguirà il medesimo iter della Legge di stabilità.

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