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Responsabilità medica. Al via la nuova legge

Responsabilità medica. Al via la nuova legge

È oggi il primo giorno di concreta operatività della riforma della responsabilità sanitaria. La legge 24 del 2017 recante “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie” è, infatti, entrata in vigore sabato 1° aprile.

Non tutte le novità però debuttano da subito.

Alcune di esse, quali l’applicazione della disciplina dell’azione diretta,  l’istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza in sanità, i requisiti minimi delle polizze assicurative, decorreranno soltanto dall’emanazione dei decreti attuativi attesi nei prossimi mesi.

Le norme già operative

Il Dovere di trasparenza

Tra le norme già operative vi è l’articolo 4 della legge, che obbliga le aziende sanitarie, nel rispetto del dovere di trasparenza, a fornire ai diretti interessati, entro sette giorni dalla richiesta, la documentazione sanitaria disponibile e relativa alla vicenda clinica che ha coinvolto il paziente. Le eventuali integrazioni non potranno essere fornite oltre 30 giorni dalla presentazione della richiesta.

Le novità di maggiore impatto già in vigore riguardano la disciplina della responsabilità penale e civile.

La responsabilità penale

L’articolo 6 prevede un’ipotesi di non punibilità del medico per imperizia, se ha rispettato le raccomandazioni contenute nelle linee guida che dovranno essere emanate entro il prossimo 30 giugno; nel frattempo, l’esimente si applica ai medici che si siano uniformati alle buone pratiche clinico-assistenziali.

La responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria

L’articolo 7 introduce quello che è stato definito il “doppio binario” della responsabilità civile distinguendo sul piano pratico tra la natura contrattuale del vincolo che si instaura tra azienda sanitaria e paziente e, dall’altro, la natura extracontrattuale della responsabilità imputabile all’operatore dipendente o comunque inquadrato nella struttura. È fatta salva solo l’ipotesi che il medico abbia assunto espressamente un impegno contrattuale con il proprio cliente, verso il quale, nel caso, resta obbligato a rendere una prestazione sanitaria qualificata e ben specificata.

Precisamente la norma introduce un c.d. “doppio binario” di responsabilità:

  • da un lato, quella contrattuale ex art. 1218 c.c. delle strutture sanitarie e sociosanitarie (pubbliche e private);
  • dall’altro, quella extra-contrattuale ex art. 2043 c.c. per l’esercente la professione sanitaria che svolge la propria attività nell’ambito di una struttura (pubblica o privata o in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale).

Tale qualificazione determina diverse conseguenze e in particolare:

  1. sull’onere probatorio in caso di inadempimento, poiché nel primo caso al paziente/danneggiato basterà provare il titolo ed allegare l’inadempimento (restando invece al debitore/medico inadempiente dimostrare che l’inadempimento, o il ritardo, è stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile); mentre nel secondo caso l’onere del paziente/danneggiato abbraccerà tutti gli elementi caratterizzanti la pretesa azionata (condotta/evento, nesso di causa, danno e colpa);
  2. sul termine di prescrizione applicabile, che è quello decennale per la responsabilità contrattuale, mentre è quinquennale in caso di responsabilità extra-contrattuale.

La riforma distingue, quindi, le posizioni delle strutture sanitarie e sociosanitarie, da un lato, e dell’esercente la professione sanitaria, dall’altro, spostando il rischio sul soggetto maggiormente capiente. Ciò, va evidentemente a vantaggio sia dell’esercente la professione sanitaria, il quale risponderà solo dei danni effettivamente provati dal danneggiato, sia del paziente stesso che viene spinto ad agire nei confronti del soggetto maggiormente in grado di far fronte al risarcimento.

Quanto alla determinazione del risarcimento del danno, il giudice dovrà tenere conto della condotta del medico in relazione al rispetto delle buone pratiche cliniche assistenziali e delle raccomandazioni previste dalle linee guida.

Troveranno inoltre applicazione le tabelle del danno biologico previste dagli artt. 138 e 139 Codice delle Assicurazioni Private.

Tentativo obbligatorio di conciliazione

Sono di immediata applicazione anche le norme che nell’ottica della riduzione del contenzioso introducono le nuove regole procedurali del giudizio risarcitorio intentato dal paziente. L’articolo 8, infatti, rende obbligatorio, prima di avviare una causa, il tentativo di conciliazione giudiziale con lo strumento dell’accertamento tecnico preventivo (Atp) nel quale un consulente medico nominato dal giudice è chiamato a valutare i profili di responsabilità e di danno, invitando le parti a una conciliazione.

Resta in ogni caso valida la strada alternativa della mediazione.

In altri termini, il paziente deve preliminarmente proporre un ricorso per la consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. o, in alternativa, esperire il procedimento di mediazione ai sensi dell’art. 5 comma 1 bis del D.lgs. n. 28/2010.

La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva è obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione; in difetto, il giudice, con la sentenza che definisce il giudizio, condanna le parti che non vi hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite – a prescindere dall’esito del giudizio -, oltre che ad un’ulteriore somma, a titolo di “pena pecuniaria” da determinarsi equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.

In aggiunta a ciò, in caso di sentenza favorevole al danneggiato e di mancata offerta di risarcimento da parte dell’impresa di assicurazione nel corso del procedimento, il giudice trasmette copia della sentenza all’IVASS.

Azione di rivalsa o di responsabilità amministrativa della struttura sanitaria

Scattano da subito anche i limiti all’azione di rivalsa contro il medico, previsti dall’articolo 9 della riforma a completamento del nuovo regime della responsabilità sanitaria.

Si tratta di vincoli sul piano dei tempi (entro un anno dal pagamento del danno), dell’entità massima di esposizione economica del sanitario (tre annualità retributive lorde) e delle condizioni di perseguibilità del medico, circoscritte ai casi di dolo o colpa grave. Da segnalare che l’ammissibilità delle azioni di rivalsa o di responsabilità amministrativa è preclusa nell’ipotesi prevista all’art. 13, ovvero in caso di omissione, tardività o incompletezza delle comunicazioni all’esercente la professione sanitaria, da parte delle strutture per cui opera, riguardanti: i) l’instaurazione di un giudizio nei suoi confronti, o ii) l’avvio di trattative stragiudiziali con il danneggiato, con invito a prendervi parte.

Obblighi di comunicazione

Entrano in vigore anche gli obblighi di comunicazione a carico delle strutture sanitarie e dell’assicuratore, che devono avvisare il medico dell’avvio di una controversia su una vicenda clinica che lo riguarda. La comunicazione deve avvenire in tempi molto brevi (dieci giorni dall’inizio della causa o della trattativa) a pena della perdita per l’azienda o l’assicuratore del diritto di agire contro il medico per rivalsa, se dovessero emergere dei suoi profili di coinvolgimento per dolo o colpa grave. Questo vincolo obbligherà soprattutto le aziende sanitarie a una gestione celere e oculata dei sinistri, a pena di un pregiudizio economico costituito dalla decadenza dell’azione di rivalsa che varrà anche nel caso di azione per responsabilità amministrativa da danno erariale di competenza del pubblico ministero presso la Corte dei conti.

Nomina dei consulenti medici

Infine, sono di immediata applicabilità le norme, contenute nell’articolo 15, che pongono criteri e regole per la nomina dei consulenti medici del giudice, tanto nel procedimento civile che in quello penale.

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Riforma della responsabilità medica: via libera dal Senato

Riforma della responsabilità medica: via libera dal Senato

Nella giornata di ieri, mercoledì 11 gennaio 2017, il Senato ha approvato il ddl n. 2224, recante disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario, dando così l’ok decisivo alla riforma della responsabilità medica.

Il ddl n. 2224 torna ora nuovamente alla Camera dei deputati, dove, con ogni probabilità, sarà votato senza modifiche.

Ecco, in sintesi, cosa prevede il ddl:

  • norme di principio in materia di sicurezza delle cure sanitarie: alle attività di prevenzione del rischio è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che operino in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale;
  • possibilità di attribuire al Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute;
  • istituzione in ogni regione del Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente;
  • istituzione dell’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità che predispone linee di indirizzo per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e per il monitoraggio delle buone pratiche e degli errori in sanità;
  • le prestazioni sanitarie erogate dalle strutture pubbliche e private saranno soggette all’obbligo di trasparenza, nel rispetto della protezione dei dati personali;
  • gli esercenti le professioni sanitarie si atterranno alle buone pratiche clinico-assistenziali e alle raccomandazioni indicate dalle linee guida, scritte dalle società scientifiche elencate dal Ministero della salute;
  • circoscrizione della responsabilità per i reati di omicidio colposo e di lesioni personali colpose alle ipotesi di colpa grave, escludendo le ipotesi in cui siano state rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni contemplate dalle linee guida;
  • nuova responsabilità civile: quella del medico del servizio pubblico diventa extracontrattuale, quella della struttura sanitaria resta invece contrattuale;
  • tentativo obbligatorio di conciliazione per l’azione di risarcimento del danno;
  • limitazione della possibilità di azione di rivalsa ai casi di dolo o colpa grave;
  • obbligo di copertura assicurativa per le strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private;
  • nuova possibilità di azione diretta da parte del danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione con riferimento ad alcune tipologie di polizze;
  • obbligo di comunicare all’esercente la professione sanitaria il giudizio basato sulla sua responsabilità;
  • istituzione di un Fondo di garanzia per i danni derivanti da responsabilità sanitaria;
  • riforma della procedura di nomina dei consulenti tecnici e dei periti nei giudizi di responsabilità sanitaria;
  • i verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non potranno essere acquisiti o utilizzati nei procedimenti giudiziari.
Il nuovo processo civile avanza in senato

Il nuovo processo civile avanza in senato

La Commissione Giustizia del Senato ha terminato in questa settimana la discussione generale sul disegno di legge AS 2284 rubricato “Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile”, già approvato dalla Camera dei deputati e collegato alla legge di bilancio per l’anno 2015.

Il disegno di legge prevede una riforma organica del processo civile e apporterà modifiche importantissime al codice di procedura civile.

Ecco le principali novità:

A) Delega al Governo per la riforma del tribunale delle imprese:

Il Governo entro 18 mesi:

– dovrà ampliare la competenza delle esistenti sezioni specializzate in materia di impresa, mantenendone invariato il numero e modificandone la denominazione in quella di «sezioni specializzate per l’impresa e il mercato»

– aumentare la competenza di queste alle controversie in materia di concorrenza sleale e quelle in materia di pubblicità ingannevole e comparativa illecita, alle azioni di classe, alle controversie riguardanti gli accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni o servizi, a quelle di cui all’articolo 3, comma 2, decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168 relative a società di persone (e cioè: le controversie in materia di proprietà industriale contemplate dall’articolo 134 codice della proprietà industriale, le controversie in materia di diritto d’autore, le azioni di nullità e di risarcimento del danno derivanti da violazione di norme a tutela della concorrenza e del mercato, le controversie relative alla violazione della normativa antitrust europea, le controversie relative ai rapporti lato sensu societari)

B) Delega al Governo per l’istituzione e disciplina del Tribunale della famiglia e della persona

Il Governo entro diciotto mesi dovrà:

– istituire presso i tribunali ordinari e presso le corti di appello e sezioni distaccate di corte di appello le sezioni circondariali e distrettuali specializzate per la persona, la famiglia e i minori

sopprimere il tribunale per i minorenni e l’ufficio del pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni

– attribuire in via esclusiva alla competenza delle sezioni specializzate circondariali in primo grado i procedimenti attualmente attribuiti al tribunale civile ordinario in materia di stato e capacità della persona e di rapporti di famiglia (compresi i giudizi di separazione e divorzio) e i procedimenti relativi alla filiazione fuori del matrimonio

– attribuire alle nuove sezioni specializzate i procedimenti attualmente di competenza del tribunale per i minorenni, quelli attualmente di competenza del giudice tutelare e tutti i procedimenti previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, e dagli articoli 330, 332 e 333 del codice civile, oltre ai procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati e a quelli richiedenti protezione internazionale

– disciplinare il rito dei procedimenti attribuiti alle sezioni specializzate

– dettare una disciplina omogenea per i procedimenti di separazione e divorzio consensuali e per la richiesta congiunta di regolamentazione dell’affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio

– dettare una disciplina omogenea per i procedimenti in materia di responsabilità genitoriale

C) Modifiche al processo di cognizione di primo grado

Il Governo entro diciotto mesi dovrà:

– valorizzare gli istituti del tentativo di conciliazione e della proposta di conciliazione del giudice

– assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e garantire la ragionevole durata del processo

– modificare i casi in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, in considerazione dell’oggettiva complessità giuridica e della rilevanza economico-sociale delle controversie

collocare il procedimento sommario di cognizione, ridenominato «rito semplificato di cognizione di primo grado», nell’ambito del libro secondo del codice di procedura civile, prevedendone l’obbligatorietà per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, con esclusione dei procedimenti attualmente assoggettati al rito del lavoro, prevedendo che l’udienza di prima comparizione delle parti sia fissata in un congruo termine, comunque non superiore a tre mesi, e assegnando al giudice, nel rispetto del principio del contraddittorio, la facoltà di fissare termini perentori per la precisazione o modificazione delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni, tenuto conto delle domande e delle eccezioni proposte dalle altre parti, nonché per l’indicazione dei mezzi di prova diretta e contraria e per le produzioni documentali, escludendo il potere del giudice di disporre il passaggio al rito ordinario

prevedere l’obbligatorietà del rito ordinario di cognizione per le cause in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, escludendo il potere del giudice di disporre il passaggio al rito semplificato di cognizione

– prevedere che, all’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione, il giudice istruttore, se ritiene che la causa sia matura per la decisione senza bisogno di assunzione di prova, rimetta le parti davanti al collegio

– prevedere che in quella stessa udienza il giudice istruttore rimetta le parti davanti al collegio affinché sia decisa separatamente una questione avente carattere preliminare, quando la decisione di essa può definire il giudizio

prevedere che il rito semplificato di cognizione di primo grado sia definito con sentenza che contenga una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

– prevedere il ricorso anche alla negoziazione assistita per le controversie individuali di lavoro

D) Modifiche al giudizio d’appello

Quanto al giudizio di appello, il Governo dovrà:

– prevedere che i termini per esperire tutti i mezzi di natura impugnatoria, anche diversi dall’appello, decorrano dalla comunicazione del testo integrale del provvedimento, da effettuare anche nei confronti della parte non costituita

– individuare le materie relativamente alle quali l’appello è deciso da un giudice monocratico, tenuto conto della ridotta complessità giuridica e della contenuta rilevanza economico-sociale delle controversie

– prevedere che le cause riservate alla decisione collegiale siano trattate dal consigliere relatore

– prevedere che l’inammissibilità dell’appello ex art. 348-bis c.p.c. si applichi anche quando l’appello è proposto avverso un provvedimento emesso che definisce un rito semplificato di cognizione

– prevedere che il giudice monocratico o il consigliere relatore a cui il fascicolo è assegnato depositi, entro un congruo termine, una relazione con la concisa indicazione delle ragioni per cui ritiene che l’appello sia inammissibile ex art. 348-bis c.p.c.

– prevedere che le parti possano interloquire, per iscritto, sulle ragioni esposte nella relazione

– prevedere che il giudice monocratico assuma la decisione ex articolo 348-bis c.p.c. dopo il contraddittorio svoltosi tra le parti in forma scritta

– prevedere che il giudice monocratico o il consigliere relatore, quando non ritiene di dover depositare la relazione, debba adottare un provvedimento non motivato in cui esclude la sussistenza dei presupposti per la declaratoria di inammissibilità dell’appello

– prevedere che, anche nel procedimento di appello proposto avverso il provvedimento con cui è stato definito un rito semplificato di cognizione, i nuovi mezzi di prova e i nuovi documenti siano ammessi esclusivamente quando la parte dimostra di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile

– introdurre criteri di maggior rigore nella disciplina dell’eccepibilità o rilevabilità, in sede di giudizio di appello, delle questioni pregiudiziali di rito

E) Modifiche al giudizio di Cassazione

Quanto al giudizio di cassazione, il Governo dovrà:

– procedere alla revisione della disciplina del giudizio camerale, attraverso l’eliminazione del procedimento ex art. 380-bis c.p.c. e prevedere l’udienza in camera di consiglio, disposta con decreto presidenziale, con l’intervento non obbligatorio del procuratore generale e la possibilità, nei casi previsti dalla legge, di requisitoria in forma scritta e di interlocuzione per iscritto da parte dei difensori

– favorire la funzione nomofilattica della Corte di cassazione attraverso la razionalizzazione della formazione dei ruoli secondo criteri di rilevanza delle questioni

– adottare modelli sintetici di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, se del caso mediante rinvio a precedenti, nel caso in cui le questioni non richiedano una diversa estensione degli argomenti

F) Riforma dell’esecuzione forzata

Il Governo dovrà

– rendere obbligatoria la vendita dei beni immobili con modalità telematiche

– prevedere che quando si sono svolti tre esperimenti di vendita del bene immobile sottoposto ad espropriazione forzata senza che siano state mai formulate offerte o istanze di assegnazione il giudice fissi per i successivi esperimenti di vendita un prezzo base inferiore al precedente fino al limite della metà

– includere tra i beni mobili impignorabili i beni di uso quotidiano privi di un apprezzabile valore di mercato e gli animali di affezione o di compagnia

– ampliare l’ambito di applicazione dell’istituto delle misure coercitive indirette ex art. 614-bis c.p.c.

– rideterminare il ruolo dell’ufficiale giudiziario quale agente dell’esecuzione coinvolto e motivato all’efficiente gestione del processo esecutivo

– riconoscere al creditore il potere di proporre istanza di assegnazione del bene immobile pignorato a favore di un terzo

– prevedere che, nell’esecuzione per espropriazione, l’opposizione all’esecuzione non sia ammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti oppure che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile;

G)Riforma dei procedimenti speciali

Il Governo dovrà in materia di procedimenti speciali:

– potenziare l’istituto dell’arbitrato

– riordinare le disposizioni dell’arbitrato in materia societaria

– ulteriore riduzione e semplificazione dei riti speciali, anche mediante omogeneizzazione dei termini, degli atti introduttivi e dei modelli di scambio degli scritti difensivi

H) La riforma delle questioni di giurisdizione

Il Governo dovrà introdurre criteri sull’eccepibilità e sulla rilevabilità d’ufficio delle questioni di giurisdizione nel processo civile, attraverso anche limiti temporali

I) Introduzione del principio della sinteticità degli atti:

Il Governo dovrà introdurre il principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice, da attuarsi anche nell’ambito della tecnica di redazione e della misura quantitativa degli atti stessi

L) Adeguamento delle norme processuali al processo civile telematico

Il Governo dovrà adeguare le norme processuali all’introduzione del processo civile telematico attraverso:

– l’adeguamento delle modalità di identificazione e autenticazione degli utenti conformi al sistema pubblico di identità digitale

– l’individuazione delle modalità di deposito telematico degli atti processuali e dei documenti

– il rilascio dell’attestazione di avvenuto deposito in via automatica da parte del sistema informatico al momento del caricamento degli atti processuali e dei documenti nel sistema medesimo

– uno schema informatico per la predisposizione degli atti processuali che consenta l’agevole fruizione sulla maggior parte degli strumenti informatici indipendentemente dalle dimensioni dell’apparato di visualizzazione

– la creazione di collegamenti ipertestuali tra varie parti del testo, con i documenti prodotti, con risorse esterne; l’inserimento di immagini, filmati, tracce sonore

– il divieto di sanzioni processuali sulla validità degli atti per il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico dell’atto quando questo abbia comunque raggiunto lo scopo

– l’irrogazione di sanzioni pecuniarie a carico della parte quando gli atti difensivi ledono l’integrità del contraddittorio o rendono inattendibili le rilevazioni statistiche

– l’individuazione dei tipi di firma elettronica da utilizzare per la sottoscrizione degli atti processuali e dei documenti

– la disciplina delle modalità di tenuta e conservazione degli atti e dei documenti contenuti nel fascicolo informatico e quella delle modalità per accedere al fascicolo e per facilitare il reperimento degli atti e dei documenti

– l’introduzione del principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice

– la previsione della visibilità con modalità telematiche del fascicolo d’ufficio al giudice dell’impugnazione

– la disciplina delle modalità di spedizione e rilascio della copia esecutiva, anche telematica,

– l’implementazione dei registri di cancelleria ai fini delle tempestive e compiute rilevazioni statistiche dell’attività giudiziaria;

– l’introduzione della previsione che, quando il destinatario sia un’impresa o un professionista, l’avvocato effettui obbligatoriamente la notificazione esclusivamente all’indirizzo di posta elettronica certificata

M) Modifica all’articolo 96 c.p.c. (pagamento delle spese processuali)

Il Governo dovrà modificare l’art. 96, comma 3, c.p.c. prevedendo che nella determinazione delle spese processuali il giudice, nel caso in cui la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede, condanni la medesima parte soccombente al pagamento di una somma in favore della controparte, determinata tra il doppio e il quintuplo delle spese legali liquidate

N) Modifica all’articolo 91 c.p.c. in materia di condanna alle spese

Il Governo dovrà modificare l’art. 91 c.p.c. prevedendo che anche al di fuori dei presupposti per l’applicazione della lite temeraria se il giudice ritiene che la parte soccombente abbia agito o resistito con mala fede o colpa grave, possa condannarla al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, la cui entità dovrà essere parametrata al valore del contributo unificato.

O) Disposizioni in materia di lavoro

L’art. 2 del disegno di legge prevede:

– che fatti salvi i ricorsi depositati entro la data di entrata in vigore delle norme del ddl, saranno soppresse le norme di procedura civile speciali per le controversie in materia di licenziamenti individuali, con la conseguente applicazione della disciplina processuale stabilita per le controversie in materia di lavoro

– una particolare speditezza della trattazione e definizione delle controversie in materia di licenziamenti individuali

– una serie di norme specifiche per le azioni di nullità dei licenziamenti discriminatori e per le controversie inerenti al licenziamento del socio di cooperativa lavoratore.

P) Modifica all’articolo 648 del codice di procedura civile

L’articolo 3 del disegno di legge modifica l’articolo 648 c.p.c., allargando il campo di applicazione della provvisoria esecuzione dei decreti ingiuntivi anche alle opposizioni proposte per vizi procedurali, chiedendo al giudice di verificare se tali vizi non siano manifestamente infondati.

Q) Modifica all’articolo 634 del codice di procedura civile

Con riguardo alla disciplina del procedimento d’ingiunzione l’articolo 5 del ddl interviene sull’articolo 634 c.p.c., relativo alla prova scritta del diritto fatto valere, idonea a fondare l’ingiunzione di pagamento o di consegna, aggiungendo al catalogo di atti che possono fondare l’ingiunzione la fattura, corredata da dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, che attesta l’annotazione della fattura stessa nelle scritture contabili del creditore.

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Soppressione Equitalia e Voluntary Disclosure. In G.U il decreto legge

Soppressione Equitalia e Voluntary Disclosure. In G.U il decreto legge

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2016 il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili.

Il decreto contiene diverse norme di grande rilevanza, concernenti, in particolare, la soppressione di Equitalia, la riscossione, il recupero dell’evasione e la riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria (c.d. voluntary disclosure).

Si attende adesso la presentazione alle Camere per la conversione in legge.

Anatocismo: pubblicata la delibera CICR sull’art. 120, c. 2, TUB

Anatocismo: pubblicata la delibera CICR sull’art. 120, c. 2, TUB

Il Ministero dell’economia e delle finanze ha reso noto che, il 3 agosto scorso il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio ha approvato una delibera, in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, che detta le disposizioni applicative del secondo comma dell’art. 120 del Testo unico bancario (TUB), come sostituito dall’articolo 17-bis del decreto legge 14 febbraio 2016, n. 18 (convertito nella legge 8 aprile 2016, n. 49).

La delibera sostituisce la precedente del 9 febbraio 2000 (“Modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi scaduti nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria (art. 120, comma 2, del Testo unico bancario, come modificato dall’art. 25 del d.lgs. 342/99)”).

Il nuovo testo del comma 2 dell’articolo 120 del TUB demanda al CICR l’individuazione di modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo che:

– nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno;

– gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti;

– gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale;

– per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido;

– gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1ºmarzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati;

– nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili;

– il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili;

– in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.

Nel dare attuazione alle disposizioni di legge, la delibera, che si compone di 5 articoli, stabilisce espressamente quanto segue:

Art.1
(Definizioni)

Ai fini del presente provvedimento si definisce:

“cliente”, qualsiasi soggetto che ha in essere un rapporto contrattuale con un intermediario. Non sono clienti le banche, le società finanziarie, gli istituti di moneta elettronica, gli istituti di pagamento, le imprese di assicurazione, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, i fondi di investimento alternativi, le società di gestione del risparmio, le società di gestione accentrata di strumenti finanziari, i fondi pensione, Poste Italiane s.p.a., la Cassa depositi e prestiti e ogni altro soggetto che svolge attività di intermediazione finanziaria. Non si considerano clienti nemmeno le società aventi natura finanziaria controllanti, controllate o sottoposte al comune controllo dei soggetti sopra indicati;

“intermediario”, le banche, gli intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del TUB e gli altri soggetti abilitati a erogare a titolo professionale finanziamenti ai quali si applica il titolo VI del TUB;

“conto di pagamento”, il conto come definito all’articolo 1, comma 1, lettera l), del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11.

Art.2
(Scopo e ambito di applicazione)

1. Il presente decreto attua l’articolo 120, comma 2, del TUB e si applica alle operazioni di raccolta del risparmio e di esercizio del credito tra intermediari e clienti disciplinate ai sensi del titolo VI del TUB.

2. La produzione di interessi nelle operazioni di cui al comma 1 è regolata secondo le modalità e i criteri indicati negli articoli 3 e 4.

3. L’imputazione dei pagamenti è regolata in conformità dell’articolo 1194 del codice civile.

Art.3
(Regime degli interessi)

1. Nelle operazioni indicate dall’articolo 2, comma 1, ivi compresi i finanziamenti a valere su carte di credito, gli interessi debitori maturati non possono produrre interessi, salvo quelli di mora.

2. Agli interessi moratori si applicano le disposizioni del codice civile.

3. Nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento è assicurata la stessa periodicità, comunque non inferiore a un anno, nel conteggio degli interessi creditori e debitori. Gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, comunque, al termine del rapporto per cui sono dovuti; per i contratti stipulati nel corso dell’anno, il conteggio è effettuato il 31 dicembre.

Art.4
(Interessi maturati in relazione alle aperture di credito regolate in conto corrente e conto di pagamento e agli sconfinamenti)

1. Il presente articolo si applica:

a) alle aperture di credito regolate in conto corrente di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 giugno 2012, n. 644, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 2012, n. 155, e a quelle regolate in conto di pagamento anche quando la disponibilità sul conto, nella forma di cui all’articolo 1842 del codice civile, sia generata da operazioni di anticipo su crediti e documenti;

b) agli sconfinamenti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), c) ed), del medesimo decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 giugno 2012, n. 644, quali definiti dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del decreto anzidetto.

2. Ai contratti di apertura di credito che vengono stipulati e si esauriscono nel corso di uno stesso anno solare si applica il solo comma 7.

3. Gli interessi debitori maturati sono contabilizzati separatamente rispetto alla sorte capitale. Il saldo periodico della sorte capitale produce interessi nel rispetto di quanto stabilito dal presente articolo.

4. Gli interessi debitori divengono esigibili il 1 ° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati. Al cliente deve comunque essere assicurato un periodo di trenta giorni dal ricevimento delle comunicazioni previste ai sensi dell’articolo 119 o 126-quater, comma 1, lettera b ), del TUB prima che gli interessi maturati divengano esigibili. Il contratto può prevedere termini diversi, se a favore del cliente.

5. Ai sensi dell’articolo 120, comma 2, lettera b), del TUB, il cliente può autorizzare, anche preventivamente,  l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo.

6. Il contratto può stabilire che, dal momento in cui gli interessi sono esigibili, i fondi accreditati sul conto dell’intermediario e destinati ad affluire sul conto del cliente sul quale è regolato il finanziamento siano impiegati per estinguere il debito da interessi.

7. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 2, comma 3, in caso di chiusura definitiva del rapporto,
gli interessi sono immediatamente esigibili. Il saldo relativo alla sorte capitale può produrre
interessi, secondo quanto previsto dal contratto; quanto dovuto a titolo di interessi non produce ulteriori
interessi.

Art. 5
(Disposizioni finali)

1. Gli intermediari applicano il presente decreto, al più tardi, agli interessi maturati a partire dal 1° ottobre 2016.

2. I contratti in corso sono adeguati con l’introduzione di clausole conformi all’articolo 120, comma 2, del TUB e al presente decreto, ai sensi degli articoli 118 e 126-sexies del TUB. L’adeguamento costituisce giustificato motivo ai sensi dell’articolo 118 del TUB. Sulla clausola contenente l’autorizzazione prevista dall’articolo 4, comma 6, deve essere acquisito il consenso espresso del cliente, secondo quanto previsto dall’articolo 117, comma 1, del TUB. Per i contratti che non prevedono l’applicazione degli articoli 118 e 126-sexies del TUB, gli intermediari propongono al
cliente l’adeguamento del contratto entro il 30 settembre 2016.

3. Ai sensi dell’art. 127, comma 1, del TUB, le previsioni del presente decreto sono derogabili solo in senso più favorevole al cliente.

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Leasing. La nuova natura di contratto tipico per legge

Leasing. La nuova natura di contratto tipico per legge

La X Commissione Industria del Senato, ha approvato un emendamento che definisce gli elementi essenziali del contratto di leasing, modificando l’art. 40-bis del Ddl concorrenza. L’emendamento approvato introduce una specifica definizione e disciplina con la quale la locazione finanziaria cessa di essere annoverata tra i contratti atipici, assumendo la natura di contratto tipico per legge.

Nello specifico, l’emendamento approvato modificando l’art. 40-bis rubricato “Tutela della concorrenza e della trasparenza nel settore della locazione finanziaria” prevede quanto segue:

1. Per locazione finanziaria si intende il contratto con il quale la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo.

2. Costituisce grave inadempimento dell’utilizzatore il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due canoni trimestrali anche non consecutivi o un importo equivalente per i leasing immobiliari, ovvero quattro canoni mensili anche non consecutivi o un importo equivalente per gli altri contratti di locazione finanziaria.

3. In caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento dell’utilizzatore ai sensi del comma 2, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a corrispondere all’utilizzatore quanto ricavato dalla vendita o da altra collocazione del bene, effettuata ai valori di mercato, dedotta la somma pari all’ammontare dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere, solo in linea capitale, e del prezzo pattuito per l’esercizio dell’opzione finale di acquisto, nonché le spese anticipate per il recupero del bene, la stima e la sua conservazione per il tempo necessario alla vendita. Resta fermo nella misura residua il diritto di credito del concedente nei confronti dell’utilizzatore quando il valore realizzato con la vendita o altra collocazione del bene è inferiore all’ammontare dell’importo dovuto dall’utilizzatore a norma del periodo precedente.

4. Ai fini di cui al comma 3, il concedente procede alla vendita o ricollocazione del bene sulla base dei valori risultanti da pubbliche rilevazioni di mercato elaborate da soggetti specializzati. Quando non è possibile far riferimento ai predetti valori, procede alla vendita sulla base di una stima effettuata da un perito scelto dalle parti di comune accordo nei venti giorni successivi alla risoluzione del contratto o, in caso di mancato accordo nel predetto termine, da un perito indipendente scelto dal concedente in una rosa di almeno tre operatori esperti, previamente comunicati all’utilizzatore, che può esprimere la sua preferenza vincolante ai fini della nomina entro dieci giorni dal ricevimento della predetta comunicazione. Il perito è indipendente quando non è legato al concedente da rapporti di natura personale o di lavoro tali da compromettere l’indipendenza di giudizio. Nella procedura di vendita o ricollocazione il concedente si attiene a criteri di celerità, trasparenza e pubblicità adottando modalità tali da consentire l’individuazione del migliore offerente possibile con obbligo di informazione dell’utilizzatore.

5. Resta ferma la previsione di cui al comma 72-quater del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 e si applica, in caso di immobili da adibire ad abitazione principale, l’articolo 1, comma 76, 77, 78, 79, 80 e 81, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.»

Stress test. Nota di approfondimento della Banca d’Italia

Stress test. Nota di approfondimento della Banca d’Italia

Lo scorso venerdì 29 luglio sono stati pubblicati i risultati dell’esercizio di stress test condotto sulle maggiori banche europee e coordinato dall’Autorità Bancaria Europea (EBA), in collaborazione con la Banca Centrale Europea (BCE) e le autorità di vigilanza nazionali.

Per quanto riguarda le banche italiane, sono state interessate UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca.

Per comprendere meglio i risultati degli stress test, Banca d’Italia ha realizzato una nota di approfondimento, il cui testo si riporta qui di seguito.

Risultati dello stress test europeo del 2016

Sono stati pubblicati oggi i risultati dello stress test delle maggiori banche europee, fra cui le principali cinque italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e UBI Banca). L’esercizio è stato coordinato dall’Autorità Bancaria Europea (EBA), in collaborazione con la BCE e le autorità di vigilanza nazionali. Si tratta di un esercizio severo, che valuta la capacità di tenuta delle grandi banche europee in condizioni economiche e finanziare avverse, con bassa probabilità di realizzarsi.

Gli stress test sono entrati da anni a far parte degli strumenti utilizzati dalle autorità di vigilanza bancaria. Possono essere usati per quantificare immediate esigenze di rafforzamento patrimoniale. Al contrario, in questo caso i risultati saranno utilizzati per fornire alla Vigilanza indicazioni utili ai fini dell’ordinaria attività di supervisione.

La metodologia degli esercizi di stress test può variare molto tra i diversi paesi e nel corso del tempo: il confronto tra gli esercizi effettuati da diverse autorità o in anni differenti va effettuato con cautela.

L’esercizio ora condotto è particolarmente rigoroso, sia per la lunghezza del periodo temporale considerato – un triennio, ben superiore a quanto fatto negli analoghi esercizi degli USA – sia per alcune importanti assunzioni metodologiche.

Le caratteristiche dell’esercizio

– Diversamente dall’esercizio di Valutazione Approfondita (Comprehensive Assessment) del 2014, lo stress test di quest’anno non è del tipo “pass/fail”, in quanto non stabilisce una soglia minima di capitale da rispettare attraverso immediate misure di rafforzamento patrimoniale. I risultati rappresenteranno, con modalità non automatiche, uno degli elementi per la quantificazione del capitale di Secondo Pilastro (Pillar 2), in esito al Processo di revisione e controllo prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process, SREP). Le decisioni sugli esiti dello SREP saranno formalmente assunte alla fine del 2016 e diverranno operative dall’inizio del 2017.

– Lo stress test ipotizza per ciascun paese due scenari: uno di base (baseline), ripreso dalle previsioni della Commissione europea formulate nell’autunno 2015, e uno avverso (adverse). La simulazione è stata condotta a partire dai dati di bilancio delle banche di fine 2015.

– Nello scenario avverso si ipotizza per l’Italia una caduta del PIL reale nel triennio 2016-18 di quasi sei punti percentuali rispetto alle previsioni dello scenario di base. Nel 2018 il livello del prodotto sarebbe di circa 10 punti percentuali inferiore a quello osservato all’inizio della crisi finanziaria (2007); si tratterebbe di una perdita senza precedenti dall’ultimo conflitto mondiale. Lo scenario avverso ipotizza inoltre un aumento nel triennio del rendimento dei titoli di Stato italiani a lungo termine di circa 100 punti base, che comporterebbe una svalutazione del 12 per cento di tali titoli.

Tavola 1

Evoluzione delle principali variabili macroeconomiche italiane nell’esercizio di stress (valori percentuali)

Scenario di base                     2016                   2017                2018        Scenario avverso         2016         2017         2018

Tasso di crescita del PIL        1,5                       1,4                    1,7                                                    -0,4           -1,1            0,0

Tassi a lungo termine             1,8                      2,0                    2,1                                                     2,9             3,0           3,0

Deviazione (1)                   Tasso di crescita del PIL -5,9                                          Tassi a lungo termine 1,0

Fonte: ERSB/EBA, Adverse macro-financial scenario for the EBA 2016 EU-wide bank stress testing exercise, 29 gennaio 2016.

(1) Cumulata della differenza tra scenario avverso e scenario di base nel caso del PIL; media delle differenze tra i livelli nei due scenari nel caso dei tassi.

– Allo scenario macroeconomico avverso si aggiungono una serie di assunzioni metodologiche, sostenibili per il complesso degli intermediari, che possono avere effetti particolarmente negativi per le banche ancora in ristrutturazione o già caratterizzate da condizioni di debolezza.

– Analogamente agli esercizi condotti in passato, l’EBA ha adottato il principio del bilancio statico. Ciò significa che azioni volte a riqualificare la composizione del portafoglio verso segmenti del mercato e prodotti meno rischiosi o più redditizi non sono ammissibili né si può sostituire la raccolta in scadenza molto costosa con altra meno onerosa. In altre parole, al fine di valutare la solidità delle banche sottoposte all’esercizio secondo un quadro analitico comune e in base a informazioni comparabili, l’approccio trascura volutamente le azioni che le banche potrebbero mettere in atto nel corso del triennio per attenuare gli effetti negativi degli shock.

– Nell’esercizio di quest’anno rileva inoltre l’introduzione di uno shock idiosincratico, che ipotizza l’immediato declassamento del rating della banca di due livelli con effetti irreversibili lungo tutto il triennio considerato. Per le banche con bassi rating iniziali (ad es. B-) questo declassamento determina, a sua volta, un significativo aumento del costo della raccolta, fino a 220 punti base per l’emissione di titoli senior. Non si consente inoltre agli intermediari di trasferire almeno parte di questi costi sui nuovi impieghi.

– In sintesi, per le banche con rating deboli, la combinazione del principio del bilancio statico con l’ipotesi dello shock idiosincratico è particolarmente penalizzante, in quanto assume l’erogazione di nuovi finanziamenti già in perdita fin dal momento della concessione.

– Sui risultati delle banche con una consistenza elevata di prestiti deteriorati presenti nei loro bilanci 2015 ha inciso negativamente la non contabilizzazione di tutti gli interessi a essi relativi. Ai fini della formazione del margine di interesse, l’esercizio considera infatti non produttivi di interessi sia i finanziamenti facenti capo a debitori insolventi sia quelli riconducibili a inadempienze probabili e a esposizioni scadute/sconfinanti, nonostante vi siano, per quest’ultima categoria di prestiti, probabilità non trascurabili che il debitore torni a onorare i propri impegni, come avvenuto anche negli anni scorsi.

– Al fine di assicurare confronti omogenei tra le banche, a prescindere dai trattamenti fiscali dei differenti paesi, la metodologia vieta inoltre il riconoscimento dei benefici fiscali da differenze temporanee, come ad esempio quelli derivanti dalla svalutazione degli strumenti finanziari iscritti nel portafoglio disponibile per la vendita (Available For Sale, AFS); tale scelta amplifica l’impatto dello shock derivante da un deterioramento del rischio sovrano sui titoli di Stato in portafoglio e penalizza le banche che detengono titoli della specie. Come è noto, i principi contabili consentono la creazione di tali differenze; la normativa prudenziale ne prevede, in condizioni ordinarie, un trattamento meno penalizzante.

I risultati per le banche italiane

– Nonostante la severità dell’esercizio e le forti tensioni degli ultimi anni, quattro delle cinque principali banche italiane comprese nel campione EBA mostrano una buona tenuta. Per queste banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare e UBI Banca) l’impatto ponderato sul capitale (CET1) derivante dallo scenario avverso è pari a 3,2 punti percentuali a fronte del 3,8 per cento della media del campione EBA. Comprendendo anche il Monte dei Paschi, l’impatto sarebbe, in termini ponderati, di 4,1 punti percentuali.

– Il Monte dei Paschi di Siena, che supera il test nello scenario di base, mostra nello scenario avverso un risultato negativo. Le condizioni del Monte dei Paschi di Siena sono da tempo all’attenzione dell’SSM. Dal novembre del 2013 il gruppo è sottoposto a un piano di ristrutturazione approvato dalla Commissione europea, tuttora in corso, durante il quale sono stati conseguiti risultati notevoli, sul piano della razionalizzazione organizzativa e dell’abbattimento dei costi.

– Circa la metà della complessiva riduzione di capitale registrata dal Monte dei Paschi è attribuibile alla diminuzione del margine di interesse; la restante parte è dovuta all’incremento delle deduzioni patrimoniali e delle perdite su crediti e alle svalutazioni sui titoli di Stato detenuti nel portafoglio AFS. Per due terzi circa l’impatto a conto economico è dovuto alla riduzione del margine di interesse. In particolare, l’entità dello shock idiosincratico (pari a 220 punti base), commisurato al rating di partenza della banca (B-), è di gran lunga superiore a quello previsto per banche con rating migliori (25 punti base, per le banche con rating AAA), specie se si considera che tale shock produce i suoi effetti per tre anni consecutivi.

– Il Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi ha oggi deliberato un piano che prevede la cessione dell’intero portafoglio di crediti in sofferenza e un aumento di capitale fino a 5 miliardi, che consentirà di incrementare significativamente gli accantonamenti sui restanti crediti deteriorati. Per effetto di tale operazione, la banca deterrà prestiti deteriorati – ma non in sofferenza – in linea con quelli medi del sistema bancario italiano. Il patrimonio di Vigilanza della banca si manterrà sugli attuali livelli e la redditività potrà risentire di miglioramenti sia sul fronte dei costi della provvista e del credito sia su quello del rendimento dell’attivo e della liquidità.

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Unioni civili. In G.U. il regolamento per la costituzione

Unioni civili. In G.U. il regolamento per la costituzione

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2016, il regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile per le unioni civili, come previsto dall’art. 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 luglio 2016, n. 144

Il decreto, in vigore già da oggi, prevede che:

1) Per costituire un’unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso devono fare congiuntamente richiesta all’ufficiale dello stato civile del comune di loro scelta.

2) Nella richiesta ciascuna parte deve dichiarare: a) il nome e il cognome, la data e il luogo di nascita; la cittadinanza; il luogo di residenza; b) l’insussistenza delle cause impeditive alla costituzione dell’unione.

3) L’ufficiale dello stato civile redigerà immediatamente processo verbale della richiesta e lo sottoscriverà unitamente alle parti, che invita, dandone conto nel verbale, a comparire di fronte a sè per rendere congiuntamente la dichiarazione costitutiva dell’unione, in una data indicata dalle parti che immediatamente successiva al termine di 15 giorni previsti dall’articolo 2, comma 1.

4) Le parti, nel giorno indicato, renderanno personalmente e congiuntamente, alla presenza di due testimoni e davanti all’ufficiale dello stato civile del comune in cui è stata presentata la richiesta, la dichiarazione di voler costituire un’unione civile.

5) L’ufficiale, ricevuta la dichiarazione redigerà apposito processo verbale, sottoscritto unitamente alle parti e ai testimoni.

6) La registrazione degli atti dell’unione civile sarà eseguita mediante iscrizione nel registro provvisorio delle unioni civili (che sarà istituito presso ciascun comune).

7) Nella dichiarazione le parti possono indicare il regime patrimoniale della separazione dei beni.

8) La mancata comparizione, senza giustificato motivo, di una o di entrambe le parti nel giorno indicato nell’invito equivale a rinuncia.

9) Nel caso di imminente pericolo di vita di una delle parti l’ufficiale dello stato civile riceve la dichiarazione costitutiva anche in assenza di richiesta, previo giuramento delle parti stesse sulla sussistenza dei presupposti per la costituzione dell’unione e sull’assenza di cause impeditive.

10) Nella dichiarazione le parti possono indicare il cognome comune che hanno stabilito di assumere per l’intera durata dell’unione.

11) Unione costituita a seguito della rettificazione di sesso di uno dei coniugi:

I coniugi che, a seguito della rettificazione di sesso di uno di loro, intendano costituire unione civile, rendono personalmente apposita dichiarazione congiunta all’ufficiale dello stato civile del comune nel quale fu iscritto o trascritto l’atto di matrimonio.

12) Documento attestante la costituzione dell’unione:

spetta all’ufficiale dello stato civile il rilascio del documento attestante la costituzione dell’unione, recante i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del regime patrimoniale e della residenza, oltre ai dati anagrafici ed alla residenza dei testimoni.

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CIGS per imprese in fallimento e procedura concorsuale

CIGS per imprese in fallimento e procedura concorsuale

Con Circolare n. 24 del 26 luglio 2016, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito nuovi chiarimenti riguardo la possibilità per le imprese soggette a procedura concorsuale, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività, di richiedere per i propri dipendenti il trattamento straordinario di integrazione salariale.

La presente Circolare di cui si riporta qui di seguito il testo, integra la Circolare n. 1 del 22 gennaio 2016.

In riscontro ad ulteriori e diversi quesiti presentati alla Direzione Generale degli Ammortizzatori sociali e incentivi all’occupazione, concernenti la richiesta di chiarimenti in merito alla possibilità per le imprese soggette a fallimento, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività, e in concordato con continuità aziendale di richiedere per i propri dipendenti il trattamento straordinario di integrazione salariale, si rappresenta quanto segue. 

In primo luogo, ferme restando le indicazioni generali già fornite con la circolare n. 1 del 22 gennaio 2016, si ritiene possibile la fruizione del trattamento di CIGS – per la causale di crisi aziendale ex articolo 21, lett. b), del D.lgs n. 148/2015 – per quei lavoratori dipendenti di imprese soggette a fallimento, con esercizio provvisorio volto alla cessione di attività, al fine di mantenere il più possibile integro il complesso aziendale sia in termini dimensionali che di capacità di reddito.

Ove, dunque, – il giudice delegato o l’autorità che esercita il controllo autorizzi l’esercizio provvisorio dell’impresa per salvaguardare il complesso aziendale e per favorire, alle migliori condizioni, la cessione dell’attività, – nel programma di liquidazione di cui all’articolo 104-ter della legge fallimentare si dia conto in modo circostanziato delle concrete ragioni per le quali appare probabile la cessione unitaria dell’azienda o di singoli rami in tempi compatibili con il godimento della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi – e il comitato dei creditori approvi specificamente la valutazione sulle probabilità di cessione espresse dal curatore, è ravvisabile la possibilità di sostenere i lavoratori sospesi con l’intervento dell’integrazione salariale.

Qualora, pertanto, sussistendo le predette condizioni, l’impresa sottoposta a fallimento presenti un programma di crisi aziendale, ove il piano di risanamento è volto alla concreta e rapida cessione dell’azienda o di parte di essa con il trasferimento dei lavoratori, la stessa può essere ammessa al trattamento di CIGS.

Quanto al concordato con continuità aziendale, in cui il piano di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 186-bis della legge fallimentare, la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore o la cessione dell’azienda o il suo conferimento in una o più società anche di nuova costituzione, qualora l’impresa presenti un programma di crisi aziendale in cui il piano di risanamento è volto, appunto, alla concreta e rapida cessione dell’azienda o di parte di essa con il trasferimento dei lavoratori ed il concordato sia omologato, la stessa può essere ammessa al trattamento di CIGS.

Nelle suddette ipotesi, in effetti, il programma di liquidazione o il piano di concordato articolati in modo da garantire nell’arco del periodo di fruizione della CIGS autorizzata ai sensi dell’articolo 21, lett. b), del D.lgs n. 148/2015 per dodici mesi la cessione del complesso aziendale o di una sua parte, mirano alla salvaguardia dei livelli occupazionali e alla continuazione in tutto o in parte dell’attività svolta pur se da soggetto terzo e diverso rispetto al richiedente l’intervento di CIGS“.

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Segnalazione certificata di inizio attività. In G.U. il d.lgs.

Segnalazione certificata di inizio attività. In G.U. il d.lgs.

Pubblicato in Gazzetta ufficiale, in data 13 luglio 2016, l’atteso decreto legislativo con cui si introduce una disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività (s.c.i.a.) previsto dall’art. 5 della l. n. 124/2015 (c.d. legge Madia).

Con tale disposizione il Parlamento aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l’introduzione di una disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività, ivi incluse le modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni. Resterà ferma – per espressa previsione normativa – la disciplina delle altre attività private non soggette ad autorizzazione espressa.

Al legislatore delegato è stata inoltre richiesta – col medesimo art. 5 – la puntuale individuazione:

  • dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività,
  • dei procedimenti oggetto di silenzio assenso, nonché
  • di quelli per i quali è necessaria l’autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva.

Ma per coprire tale aspetto, il Governo ha preferito perseguire la strada dell’emanazione di un differente decreto legislativo.

Il decreto qui annotato si compone quindi di quattro articoli.

In aggiunta al primo – utile a definire il perimetro dell’intervento normativo – il testo in commento prevede un articolo dedicato a regolare le modalità di trasmissione delle informazioni tra cittadini, imprese e P.A.; uno con cui si introducono modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e un ultimo utile a definire la tempistica di applicazione della presente riforma nelle Regioni e negli enti locali.

Modalità di trasmissione delle informazioni tra cittadini, imprese e P.A.

L’art. 2 disciplina anzitutto le modalità di trasmissione delle informazioni tra p.a., cittadini e imprese.

In particolare, si prevede (con ciò rinviando di fatto la concreta attuazione della delega al momento in cui verranno emanati ulteriori atti di fonte non primaria) l’adozione da parte delle amministrazioni statali di moduli unificati e standardizzati che definiscano esaustivamente, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni, nonché della documentazione da allegare.

Il privato potrà anche indicare l’eventuale domicilio digitale per le comunicazioni con l’amministrazione.

Per quanto concerne infine la modulistica concernente l’edilizia e l’avvio di attività produttive, questa dovrà adottata mediante accordi o intese in sede di Conferenza unificata, al fine di coordinare le discipline dei vari livelli di governo e realizzare moduli uniformi. Ai fini dell’alleggerimento degli oneri burocratici a carico del cittadino, in ogni caso, i moduli non potranno non essere effettivamente standardizzati, esaustivi ed efficaci.

Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo

I) La ricevuta telematica della presentazione della Scia (nuovo art. 18-bis della legge n. 241 del 1990)

Il decreto in discorso (art. 3) introduce un nuovo art. 18-bis alla l. n. 241/1990, con il quale si prevede che alla presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni dovrà essere immediatamente rilasciata, anche in via telematica, una ricevuta che ne attesta l’avvenuta presentazione e indica i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere o entro i quali il silenzio equivale ad accoglimento dell’istanza. Se la ricevuta contiene le informazioni previste dall’art. 8 della legge n. 241 del 1990, essa costituisce comunicazione di avvio del procedimento. Inoltre, la data di protocollazione dell’istanza, segnalazione o comunicazione non potrà essere diversa da quella di effettiva presentazione. Le istanze, segnalazioni o comunicazioni producono effetti anche in caso di mancato rilascio della ricevuta, ferma restando la responsabilità del soggetto competente.

Infine, in caso di istanza, segnalazione o comunicazione presentate ad un ufficio diverso da quello competente, i termini per il divieto di prosecuzione dell’attività e per la formazione del silenzio assenso decorrono dal ricevimento dell’istanza, segnalazione o della comunicazione da parte dell’ufficio competente.

II) Lo sportello unico per la presentazione della Scia (nuovo art. 19-bis della legge n. 241 del 1990)

In aggiunta a quanto sopra, il decreto introduce anche un nuovo art. 19-bis nel corpus normativo della l. 241/90.

Sul sito istituzionale di ciascuna p.a. dovrà essere indicato lo sportello unico, di regola telematico, al quale presentare la Scia, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni o di diverse articolazioni interne dell’amministrazione ricevente. Lo sportello unico potrà avere più sedi, al solo scopo di garantire la pluralità dei punti di accesso sul territorio.

Si evidenzia come – nell’ottica di una effettiva semplificazione – se per lo svolgimento di un’attività soggetta a Scia sono necessarie ulteriori Scia, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni o notifiche, l’interessato potrà presentare un’unica Scia allo sportello unico.

La p.a. che riceve la Scia, è tenuta a trasmetterla senza indugio alle altre amministrazioni interessate al fine di consentire, per quanto di loro competenza, il controllo sulla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per lo svolgimento dell’attività e la presentazione, almeno cinque giorni prima della scadenza dei termini previsti, di eventuali proposte motivate per l’adozione dei provvedimenti conformativi o di divieto di prosecuzione dell’attività.

Inoltre, in caso l’attività oggetto di Scia sia condizionata all’acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero all’esecuzione di verifiche preventive, l’interessato dovrà presentare allo sportello di cui sopra la relativa istanza, a seguito della quale è rilasciata ricevuta ai sensi del nuovo articolo 18-bis.

In tali casi, il termine per la convocazione della conferenza di cui all’articolo 14 decorre dalla data di presentazione dell’istanza e l’inizio dell’attività resta subordinato al rilascio degli atti medesimi, di cui il predetto sportello dà comunicazione all’interessato.

III) Le modifiche all’art. 19 della legge n. 241 del 1990

Col decreto sono state introdotte anche opportune modifiche di coordinamento all’art. 19 della legge n. 241 del 1990.

In particolare:

a) la possibilità di iniziare l’attività dalla data della presentazione della Scia viene estesa anche ai casi di Scia plurima di cui al nuovo art. 19-bis, comma 2;

b) il provvedimento di sospensione dell’attività intrapresa è limitato ai casi di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, mentre negli altri casi l’amministrazione competente può solo prescrivere le misure necessarie a colmare la carenza dei requisiti e dei presupposti (sul punto sono state recepite le osservazioni del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari). La richiesta istruttoria dell’amministrazione interrompe il termine di sessanta giorni, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle misure richieste. In assenza di ulteriori provvedimenti espliciti (di divieto di svolgimento o prosecuzione dell’attività o di proroga della sospensione), decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

Applicazione della riforma nelle Regioni ed enti locali, differita al 2017

L’art. 4 del decreto, infine, dispone l’obbligo per le Regioni e gli enti locali di adeguarsi alle nuove disposizioni della legge n. 241 del 1990 introdotte dal decreto in commento, entro il 1º gennaio 2017.

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