Published On: Marzo 2, 2016Categories: Diritto Processuale Civile, News

Efficienza del processo civile. La proposta normativa al vaglio

Il testo del provvedimento passerà ora al vaglio della altre Commissioni interessate (tra tutte Affari Costituzionali e Bilancio) per i relativi pareri.

L’iter del progetto in commissione è pertanto pressochè giunto al termine: dopodiché il disegno di legge delega (il primo tassello per la completa riforma del processo civile) passerà all’esame della Camera.

Con il presente articolo P&P Studio Legale riassume i principali punti e le importanti novità previste dal citato disegno di legge delega n. 2953, recante “disposizioni per l’efficienza del processo civile”.

  • Il disegno di legge delega n. 2953.

Il disegno di legge delega n. 2953, elaborato e redatto ad opera della Commissione presieduta dal dottor Giuseppe Berruti, presidente di sezione della Corte di cassazione, che, col prefissato fine di rendere il processo comprensibile “… Le parti debbono sapere chi, almeno in astratto e con una sensata prognosi, vincerà o perderà”, nonché spedito, contiene alcuni interventi in materia di processo civile, l’integrazione della disciplina del tribunale delle imprese e l’istituzione del tribunale della famiglia e della persona.

Nello specifico, all’articolo 1, comma 1, lettera a), in materia di tribunale delle imprese, si prevede una mera integrazione delle competenze attribuite alle esistenti sezioni specializzate, mantenendone inalterato l’attuale numero (21 sezioni), con la modifica della loro denominazione in « sezioni specializzate per l’impresa e il mercato ». Le nuove competenze riguardano le controversie in materia di concorrenza sleale, pubblicità ingannevole, le controversie relative agli accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni e servizi, specifiche controversie in materia di società di persone, le controversie in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture attualmente rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario.

L’articolo 1, comma 1, lettera b), prevede l’istituzione, presso tutte le sedi di tribunale, delle sezioni specializzate per la famiglia e la persona con competenza distinta e specifica su separazioni e divorzi, rapporti di famiglia e di minori, procedimenti relativi a figli nati fuori del matrimonio, procedimenti di competenza del giudice tutelare in materia di minori e incapaci, controversie relative al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale, nella quale far confluire anche le professionalità che si sono formate nell’esperienza del tribunale per i minorenni.

In ordine a quanto previsto all’articolo 1, comma 2, in materia di riassetto del codice di procedura civile e delle leggi processuali civili, al fine di operare una semplificazione e un’accelerazione del rito stesso si prevede quanto segue:

  • Il Giudizio di I Grado

L’udienza di prima comparizione e trattazione

È un dato di comune esperienza che il primo anno dalla notifica della citazione è sostanzialmente perso nell’inattività. Nulla accade, infatti,  nella prima udienza di comparizione, ove non vi siano le attività ex articolo 182 del codice di procedura civile, per cui, dinanzi alla certa richiesta di concessione del noto triplo termine ex articolo 183, sesto comma, c.p.c., occorrono quasi due terzi del primo anno di pendenza della causa (e spessissimo un anno intero e oltre) perché il giudice istruttore, nell’udienza ex articolo 184 del codice di procedura civile, possa decidere, ai sensi dell’articolo 187 del medesimo codice, circa la rilevanza e l’ammissibilità delle prove richieste dalle parti e quindi aprire la fase istruttoria o far entrare immediatamente la causa in decisione.

Si tratta di tempo inutilmente e irrimediabilmente perso: un lusso che un processo civile moderno ed efficiente non può permettersi.

I relatori del ddl delega propongono di riempire questo abnorme spazio vuoto semplicemente prevedendo, ad instar del rito del lavoro, che lo scambio delle memorieoggi previste come appendice scritta dopo l’udienza di trattazione, avvenga prima della stessa. Contemporaneamente al maturare delle preclusioni assertive e istruttorie dovrà intervenire la preclusione per la contestazione ex articolo 115, secondo comma, del codice di procedura civile.

La soluzione, a dire dei relatori presenta i seguenti vantaggi:

dal lato delle parti e dei difensori:

1) non stravolge le prassi in uso da lustri, perché lo scambio delle memorie prima dell’udienza avviene nel rito del lavoro, in quello delle locazioni, in quello cautelare, nei riti camerali, nella decisione mista ex articolo 281-quinquies del codice di procedura civile e in altri casi;
2) consente ai difensori di continuare l’attività di trattazione quando la causa è presente alla memoria, perché studiata di recente per avviarla o per resistere alla domanda avversaria, e non a distanza di un anno o peggio, a seconda di quando è fissata l’udienza ex articolo 184;
3) soprattutto, nel volgere di nemmeno mezzo anno, consente (e – si badi – impone) al giudice istruttore di arrivare all’udienza di trattazione con tutte le allegazioni assertive e istruttorie espletate dalle parti e, quindi, di esercitare causa cognita tutti i poteri previsti dagli articoli 38, 153, secondo comma, 182 e, soprattutto 187 del codice di procedura civile; non solo, anche se raramente, addirittura quelli di cui all’articolo 281-sexies del codice di procedura civile, quindi invitando le parti alla precisazione delle conclusioni e alla discussione immediata orale della causa, con contestuale pronuncia della sentenza a verbale;
4) nel caso di processi a struttura bifasica, ad esempio l’opposizione all’ingiunzione, consente alle parti di argomentare sulle istanze ex articoli 648 e 649 del codice di procedura civile con ampiezza di argomenti, senza aggiungere – come accade nella prassi – anche una o due memorie difensive per discutere della provvisoria esecutività del decreto opposto e poi cadere nel vortice delle memorie ex articolo 183, sesto comma, del medesimo codice;

dal lato del giudice:

1) consente di trovare assestato definitivamente per la prima udienza – salva rimessione in termini, ovviamente, o sanatoria di vizi processuali o di presupposti processuali carenti – il materiale assertivo e istruttorio dell’intera causa;
2) permette, quindi, di poter esercitare, tra gli altri, i poteri previsti dagli articoli 182 e 164 del codice di procedura civile, 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, 221 e seguenti, 273 e 274 del codice di procedura civile, riducendo al minimo, quindi, il rischio che la causa proceda verso una sentenza di contenuto meramente processuale;
3) permette di esercitare il potere-dovere di cui all’articolo 101, secondo comma, del codice di procedura civile;
4) consente di tentare la conciliazione fra le parti o di formulare la proposta conciliativa ex articolo 185-bis del codice di procedura civile (così, peraltro, bloccando inesorabilmente il triennio rilevante ai fini risarcitori in base alla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta « legge Pinto »), con evidente risparmio per le casse dello Stato) e di interrogare liberamente le parti, sempre conoscendo esattamente i termini della causa;
5) permette di esercitare nella stessa prima udienza la valutazione di ammissibilità e rilevanza delle prove costituende richieste dalle parti e finanche, nei casi più semplici, di avviare la causa alla decisione immediata;
6) consente di eliminare, quasi con un tratto di penna, l’udienza ex articolo 184 del codice di procedura civile, che, tra l’altro, spesso non vede la pronuncia sulle prove da parte del giudice ma una riserva di provvedimento, con ulteriore dilatazione dei tempi.

L’accelerazione, nel pieno rispetto di tutti i principi del processo è evidente e sostanzialmente certa, a meno di errori procedurali.

Ciò posto, va peraltro anche evidenziato che il nuovo articolo 183 proposto dalla commissione Vaccarella ripete, dopo lo scambio degli atti introduttivi, lo schema della prima memoria per entrambe le parti e quindi una seconda memoria in replica. Il contenuto è quello ben noto derivante dall’applicazione del nodo di dipendenza degli atti processuali: tutto ciò che, in linea assertiva (domande, eccezioni, contestazioni e mere allegazioni di fatti principali) e istruttoria (prove precostituite o costituende) è diretta conseguenza di quanto contrapposto nell’atto precedente dall’avversario.

In realtà il sistema della prima memoria ex articolo 183, sesto comma, numero 1), del codice di procedura civile è irrazionale: è ben difficile che il convenuto, il quale, onerato delle note decadenze, costituito nei termini allegando quanto necessario in punto assertivo come istruttorio, abbia altro di principale (nel senso di esercizio di poteri primari quali domande, eccezioni o allegazioni di fatti principali) da dire nella prima memoria; quindi la prima memoria è per definizione di pertinenza esclusiva dell’attore, che deve replicare alla costituzione del convenuto.

Si propone allora di apportare una variante basata su una prassi largamente e proficuamente utilizzata nell’esperienza processuale, quella delle memorie con termini diversificati per le parti a seconda di chi sia il primo a dover rispondere al precedente atto della parte avversaria.

La prima memoria sarebbe, dunque, di sola pertinenza dell’attore, a cui poi farebbe seguito la replica del convenuto.

L’udienza di precisazione delle conclusioni

La necessità di far precedere il momento orale da quello scritto si pone anche nella fase successiva, e cioè nella fase in cui vengono precisate le conclusioni e la causa viene rimessa in decisione.

Nell’attuale regime, all’udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice, se richiesto, deve concedere il termine di sessanta giorni per le comparse conclusionali e il successivo termine di venti giorni per le memorie di replica. Si determina quindi un’ulteriore perdita di prezioso tempo processuale.

Si propone quindi di invertire, anche con riguardo a questa fase del processo, la sequenza procedimentale attualmente in vigore, prevedendo lo scambio delle memorie conclusionali prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni. In quest’udienza, dunque, si avrebbe l’ultimo contatto tra gli avvocati e il giudice, e quest’ultimo sarebbe in condizione di decidere immediatamente, eventualmente anche in via contestuale per le cause più semplici.

  • Le Impugnazioni

L’appello

Obiettivo della riforma con riguardo al giudizio di appello.

Individuate le criticità, è evidente che la riforma deve tendere al potenziamento di una linea evolutiva già presente nell’attuale ordinamento, quella volta a realizzare un giudizio di appello strutturato in forma impugnatoria.

Tale giudizio di appello non dovrebbe far ripartire da capo il processo, ma essere finalizzato a correggere gli errori eventualmente commessi dal giudice di primo grado e a concludere il processo (evitandone quanto più possibile la rimessione al giudice di primo grado). Il giudizio di appello servirebbe dunque da cerniera tra l’accertamento dei fatti (demandato al giudice di primo grado) e il controllo di legittimità (demandato in ultima istanza alla Corte di cassazione), consentendo di acquisire le prove illegittimamente non ammesse dal giudice di primo grado, di superare il suo illegittimo diniego di competenza ovvero la nullità dell’atto introduttivo, di rinnovare gli atti processuali nulli.

I princìpi ispiratori

La riforma del giudizio di appello deve ispirarsi ai principi di seguito illustrati:

  1. rafforzamento del carattere di impugnazione a critica vincolata fondata sui seguenti motivi:
  2. violazione di una norma di diritto sostanziale o processuale;
  3. errore manifesto di valutazione dei fatti;
  4. definitiva conferma del principio per cui, a pena di inammissibilità del gravame, l’appellante deve indicare nell’atto introduttivo i capi della sentenza che impugna e illustrare le modificazioni che richiede di apportarvi in conseguenza della violazione della legge ovvero dell’errore manifesto che egli imputa al giudice di primo grado;
  5. rafforzamento del divieto di nova, prevedendo non solo che non è consentito all’appellante di proporre nuove domande, nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova (in conformità a quanto già disposto dall’attuale formulazione dell’articolo 345 del codice di procedura civile), ma che gli è precluso anche solo di introdurre nuove ragioni o deduzioni in diritto per dimostrare la fondatezza giuridica delle domande e delle eccezioni precedentemente proposte, che non siano già state sottoposte al giudice di primo grado.

Il giudizio per cassazione

Revisione della disciplina del giudizio camerale

Si manifesta l’utilità di lavorare sull’attuale struttura dell’articolo 380-bis del codice di procedura civile ritornando allo schema classico dell’udienza in camera di consiglio, anche tenendo conto della felice esperienza svolta in questa direzione dalla Corte di cassazione penale.

  • Il Processo di Esecuzione

La proposta normativa di delega è completata da interventi sul processo esecutivo, ispirati ai medesimi principi di semplificazione e di efficacia del titolo esecutivo. In particolare vengono dettati principi per la semplificazione del rito dei procedimenti cognitivi funzionalmente correlati al processo esecutivo, attraverso l’assoggettamento delle opposizioni esecutive al rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile; nonché per l’ampliamento e la generalizzazione dell’ambito di applicazione dell’istituto delle misure coercitive indirette di cui all’articolo 614bis del codice di procedura civile, mediante la previsione della possibilità, per la parte vittoriosa, di chiedere al giudice la fissazione della somma dovuta dalla parte soccombente, a causa della mancata o ritardata esecuzione dell’ordine giudiziale, in presenza di qualunque provvedimento di condanna, a prescindere dalla natura fungibile o infungibile dell’obbligazione a cui esso si riferisce.

  • I Procedimenti Speciali

Completa la delega l’introduzione di principi in materia di arbitrato, nel senso del potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, mediante l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato e attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale. Viene quindi proposta, in chiave di ulteriore semplificazione, la riduzione dei riti speciali, mediante omogeneizzazione di termini e atti introduttivi e uniformità dei modelli di scambio degli scritti difensivi.

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