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Modifiche in materia di procedure esecutive e concorsuali

Modifiche in materia di procedure esecutive e concorsuali

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi, del Ministro dell’economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan e del ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha approvato il decreto legge che reca disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.

Il decreto legge dispone misure per il rimborso degli investitori nelle quattro banche poste in risoluzione nel novembre 2015, misure a sostegno delle imprese e misure di accelerazione delle attività di recupero crediti, nonchè importanti modifiche al codice di procedura civile e alla legge fallimentare.

Si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

MISURE A SOSTEGNO DELLE IMPRESE E DI ACCELERAZIONE DEL RECUPERO CREDITI

Il decreto legge introduce una serie di misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero crediti, che conferiscono certezza e rapidità alle procedure anche grazie all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Pegno non possessorio

Per favorire l’impresa nelle attività di produzione del reddito in caso di fabbisogno di accesso al credito, viene introdotto il principio del pegno non possessorio, grazie al quale il debitore che dà in pegno un bene mobile destinato all’esercizio dell’impresa (per esempio un macchinario) può continuare ad utilizzarlo nel processo produttivo (mentre nell’ordinamento precedente perdeva l’uso del bene gravato da pegno). Si introduce inoltre un registro digitale, tenuto dalla Agenzia delle entrate, denominato “Registro dei pegni non possessori”.

Patto marciano nei nuovi contratti di finanziamento

Per i contratti di finanziamento stipulati tra istituti finanziari e imprese è introdotta la facoltà di ricorrere al cosiddetto “patto marciano”. Quest’ultimo contempla la possibilità che nel caso di finanziamento con garanzia di un bene immobile (che non deve essere la residenza dell’imprenditore) le parti possano stipulare un contratto di cessione del bene stesso che diviene efficace in caso di inadempimento del debitore. Nel caso di rimborso tramite rate mensili, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate. Nel caso di restituzione in unica soluzione o con periodo di rateizzazione superiore al mese (per esempio rate trimestrali o semestrali) l’inadempimento si verifica trascorsi sei mesi dalla scadenza di una rata non corrisposta. Il valore di cessione in caso di efficacia del patto marciano viene determinato da un terzo, in funzione di una procedura definita tra le parti. Qualora il valore del bene al momento della cessione sia superiore al debito residuo, il creditore corrisponde al debitore la differenza tra i due valori. Qualora il valore del bene sia inferiore al debito residuo, il debitore non dovrà corrispondere nulla al creditore. Se le parti tra le quali è già in vigore un contratto di finanziamento lo desiderano, possono rinegoziare il contratto di finanziamento già in essere, e in questo contesto possono adottare il patto marciano.

Norme attinenti le procedure di recupero crediti

Per ridurre i tempi di recupero dei crediti vengono adottati termini più brevi per la facoltà dei debitori di fare opposizione agli atti dell’esecuzione, il giudice deve disporre la provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo per le somme non contestate, anche in presenza di una opposizione del debitore, l’acquirente del bene in un’asta giudiziaria può indicare l’assegnazione dello stesso a un soggetto terzo.

Modifiche alla legge fallimentare

Per rendere più celeri le procedure fallimentari si introduce la possibilità di utilizzare le tecnologie telematiche per le udienze e per le adunanze dei creditori. Inoltre può essere revocato il curatore che non rispetta i termini fissati per la procedura.

Registro delle procedure esecutive e concorsuali

Viene istituito presso il Ministero della giustizia un registro digitale delle procedure esecutive e concorsuali, le quali dovranno essere tutte digitalizzate.

ALTRE MISURE

Fondo bancario di solidarietà del personale del credito

Si amplia l’operatività del Fondo bancario di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito. Per agevolare la gestione degli esuberi di personale, l’indennità di sostegno al reddito può essere erogata fino a sette anni, anziché cinque come previsto attualmente, prima che il soggetto raggiunga i requisiti per la pensione.

Imposte differite

Il decreto legge prevede anche disposizioni in materia di imposte differite attive. Le società potranno continuare ad applicare le disposizioni fiscali vigenti alle attività per imposte anticipate a condizione che versino un canone annuo pari all’1,5% della differenza tra le attività per imposte anticipate e le imposte versate. Le disposizioni permetteranno di superare i dubbi sollevati dalla Commissione europea sull’esistenza di componenti di aiuto di Stato nel quadro normativo attuale relativo alle attività per imposte differite.

INDENNIZZI AGLI INVESTITORI

Il decreto prevede rimborsi ai clienti delle 4 banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso (Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti) che hanno investito in obbligazioni delle banche stesse.

Coloro che hanno acquistato le obbligazioni entro il 12 giugno 2014, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea della Direttiva per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie (BRRD) da parte delle istituzioni dell’Unione europea, possono richiedere indennizzi automatici o accedere alla procedura arbitrale. Coloro che hanno investito in obbligazioni successivamente a tale data possono accedere alla procedura arbitrale prevista dalla legge di stabilità per il 2016. In entrambi i casi le risorse vengono attinte dal Fondo di solidarietà istituito con la legge di stabilità per il 2016. Per il Fondo di solidarietà viene eliminato il tetto di 100 milioni di euro di ammontare che era stato previsto nella stessa legge di stabilità.

Le modalità di compensazione per i detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle 4 banche sono state definite in considerazione di alcune condizioni concomitanti tra di loro. Innanzitutto alcuni indici, come il rapporto tra attività e redditi da un lato e concentrazione dell’investimento dall’altra, fanno presumere che siano stati allocati ad alcuni risparmiatori prodotti finanziari non compatibili con il loro profilo di investimento. Occorre inoltre considerare che la vendita di prodotti a clienti non professionali è stata spesso effettuata in relazione ad altri servizi prestati dalle 4 banche agli stessi clienti e quindi con il possibile condizionamento di questi ultimi all’acquisto. È quindi opportuno ricordare che la responsabilità di porre rimedio alla vendita impropria di prodotti finanziari è in primo luogo delle banche stesse. Il Governo e le autorità italiane di vigilanza sono determinati a contrastare eventuali altre condotte di questo tipo e a prevenirne di nuove rinforzando i presidi normativi e regolamentari, la qualità dell’informazione e l’incisività dei controlli. Infine si segnala che il burden sharing a carico dei detentori di obbligazioni subordinate emesse da queste 4 banche poste in risoluzione ha avuto luogo nel 2015 e ha riguardato titoli di debito emessi prima della pubblicazione delle nuove regole europee sul risanamento e la risoluzione, avvenuta il 12 giugno 2014. Dal 1 gennaio 2016 questo nuovo quadro di regole è parte integrante dell’ordinamento italiano in vigore e pienamente applicabile in tutte le sue componenti.

INDENNIZZI AUTOMATICI

Gli investitori che hanno acquistato entro il 12 giugno 2014 obbligazioni emesse dalle 4 banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso possono chiedere al Fondo l’erogazione di un indennizzo automatico se ricorre una delle seguenti condizioni:

  1. patrimonio mobiliare dell’investitore di valore inferiore a 100.000 euro posseduto al 31 dicembre 2015;
  2. ammontare del reddito lordo ai fini Irpef dell’investitore nell’anno 2015 inferiore a 35.000 euro.

L’importo dell’indennizzo automatico è forfettario, pari all’80% del corrispettivo pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza tra rendimenti ottenuti e tasso sui Btp. L’istanza di erogazione dell’indennizzo forfettario è indirizzata al Fondo e deve indicare il nome, e l’indirizzo (anche digitale) dell’investitore, la banca in liquidazione presso la quale sono stati acquistati i titoli, gli strumenti finanziari acquistati, le rispettive quantità, gli oneri connessi all’acquisto. L’investitore deve anche allegare la documentazione relativa al contratto di acquisto delle obbligazioni, i moduli di sottoscrizione o l’ordine di acquisto, le attestazioni degli ordini acquisiti, copia della richiesta di pagamento alla banca in liquidazione del credito relativo agli strumenti finanziari subordinati, una dichiarazione sulla consistenza patrimoniale o sull’ammontare del reddito. Il Fondo verifica la completezza della documentazione, la sussistenza delle condizioni, calcola l’importo dell’indennizzo e procede alla liquidazione.

Mutui: Approvato il decreto attuativo della direttiva MCD

Mutui: Approvato il decreto attuativo della direttiva MCD

Il Consiglio dei ministri ha definitivamente approvato il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/17/UE, la c.d. “MCD – Mortgage Credit Directive“, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in tema di contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali nonché modifiche e integrazioni del titolo VI-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sulla disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi e del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141.

Nello specifico la finalità della direttiva è quella di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivono contratti di credito relativi a beni immobili (mutui immobiliari garantiti da ipoteche o finalizzati all’acquisto del diritto di proprietà su un immobile).

Si attende adesso soltanto la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Importanti le novità a protezione dei consumatori, tra le quali spicca l’innalzamento a 18 mesi di rate mensili non pagate per essere considerati inadempienti.

In sintesi le novità principali del decreto:

1) Ambito di applicazione:

– mutui aventi ad oggetto la concessione di credito garantito da ipoteca su un immobile residenziale;

– mutui finalizzati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato.

2) obbligo di fornire al consumatore informazioni precontrattuali dettagliate su un Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (PIES), spiegazioni adeguate prima della conclusione del contratto di credito e chiarimenti in ordine al calcolo del tasso annuo effettivo globale (TAEG).

3) individuati i canoni di comportamento per i finanziatori e gli intermediari del credito che offrono contratti di credito ai consumatori.

4) la Banca d’Italia, nelle disposizioni attuative, dovrà avere particolare riguardo ai casi di eventuale stato di bisogno o di debolezza del consumatore.

5) Nella stipula del contratto le parti potranno convenire, attraverso clausola espressa, che in caso di inadempimento del consumatore la restituzione o il trasferimento del bene dato a garanzia, o dei proventi della vendita del bene stesso, comportino l’estinzione dell’intero debito anche se il valore del bene immobile restituito (o i proventi) sia inferiore al debito residuo.

6) Qualora il valore dell’immobile o i proventi dalla vendita siano invece superiori al debito residuo, il consumatore avrà diritto all’eccedenza.

7) La possibilità di acconsentire, da parte del consumatore, al trasferimento della proprietà dell’immobile in caso di inadempimento prevede l’applicabilità solo per i futuri contratti. Prevista l’assistenza obbligatoria di un consulente per il consumatore che intenda sottoscrivere questa clausola.

8) estesa a 18 mesi di rate mensili non pagate la soglia oltre la quale si ha “inadempimento” da parte del consumatore.

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Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 16 febbraio 2016 il Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 22 dicembre 2015, n. 226 con cui è stato emanato il Regolamento recante norme in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario.

Il testo del decreto ottempera alle osservazioni formulate recentemente dal Consiglio di Stato. In sintesi era stato sottolineato come fosse necessario:
a) rendere obbligatoria l’informativa al richiedente il finanziamento sulle conseguenze a carico degli eredi, anche nel caso di estinzione anticipata del finanziamento.
b) limitare la possibilità di revoca del finanziamento nel caso in cui il debitore subisca atti conservativi o esecutivi alla sola eventualità in cui tali procedimenti siano di importo pari o superiore ad un certo valore, da determinare in relazione al finanziamento o al valore dell’immobile.

La funzione economica di tale forma di finanziamento è quella di consentire al proprietario di un immobile, di età superiore a 60 anni (la normativa precedente prevedeva un limite di età di 65 anni), di rendere liquida una parte del valore della abitazione per soddisfare esigenze di liquidità senza che lo stesso proprietario sia tenuto a lasciare la proprietà residenziale, che viene comunque posta a garanzia del finanziamento.

Il prestito vitalizio ipotecario va dunque distinto dal mutuo. Con un contratto di mutuo infatti un individuo prende a prestito da una banca una somma di denaro per acquistare un’abitazione e restituisce poi il prestito con rate periodiche; il prestito ipotecario consente, invece, a colui che è già proprietario di “prendere a prestito” una somma di denaro a fronte del valore dell’abitazione evitando di dover vendere la nuda proprietà.

Proseguendo con la disamina del meccanismo di funzionamento, si prevede una differenziazione di importo finanziabile in relazione all’età.

Per coloro che hanno 60 anni o poco più infatti l’importo del finanziamento non può superare il 15-20 per cento del valore dell’immobile, mentre per i proprietari in età più avanzata si arriva fino al 50 per cento del valore dell’abitazione.

Deve essere offerta poi la possibilità di stipulare un prestito cointestato sia ai coniugi che ai conviventi more uxorio. Invero, nel caso in cui il soggetto finanziato, al momento della stipula del finanziamento, risulta coniugato, ovvero convivente more uxorio da almeno un quinquennio documentato attraverso la presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile posto a garanzia risiedano entrambi i coniugi o conviventi more uxorio , il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi, purché i requisiti di età previsti dall’articolo 11-quaterdecies, comma 12, della legge siano posseduti da entrambi i sottoscrittori.

Si prevedono poi:

  • specifici obblighi informativi a carico dell’ente finanziatore con la predisposizione di due prospetti esemplificativi recanti la simulazione del piano di ammortamento da sottoporre all’interessato. In particolare, nel contratto di finanziamento sono presenti, secondo la scelta effettuata dal soggetto finanziato ai sensi dell’articolo 11-quaterdecies, comma 12 -bis, della legge, anche in allegato al contratto stesso due prospetti esemplificativi, chiamati “Simulazione del piano di ammortamento”, che illustrano il possibile andamento del debito nel tempo, evidenziando anno per anno separatamente il capitale e gli interessi, uno applicando il tasso contrattuale al momento della stipula del prestito vitalizio ipotecario, e l’altro simulando al terzo anno dalla stipula del contratto di prestito ipotecario vitalizio uno scenario di rialzo dei tassi di interesse non inferiore a 300 punti base rispetto al tasso vigente al momento della stipula del contratto o, se ha un valore inferiore a questa ipotesi, all’eventuale cap previsto dal contratto.
    La documentazione precontrattuale che il finanziatore consegna al soggetto richiedente è la medesima prevista per i mutui ipotecari dalle “Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 217 del 18 settembre 2009, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
    È fatto, altresì, obbligo al finanziatore di consegnare gratuitamente al soggetto richiedente, almeno 15 giorni prima dell’eventuale stipula del contratto, un prospetto informativo contenente in modo chiaro le seguenti informazioni minime: a) l’importo finanziato con la corrispondente indicazione della percentuale del valore di perizia dell’immobile dato in garanzia; b) l’indicazione della somma che sarà erogata al soggetto finanziato al netto delle imposte e di tutti i costi legati al finanziamento, compresi quelli di istruttoria, notarili, della perizia estimativa e della polizza assicurativa.
  • il divieto di esigere il pagamento delle spese sostenute dal finanziatore qualora il finanziato decida di non sottoscrivere il contratto.

Al finanziamento può accompagnarsi una polizza assicurativa per l’immobile, ma il richiedente ha la facoltà di acquistare la polizza assicurativa anche presso un soggetto differente dal finanziatore, che annualmente deve consegnare un resoconto della propria posizione debitoria.

L’estinzione del finanziamento si configura non solo con la morte del proprietario, ma anche qualora vengano trasferiti in tutto o in parte i diritti reali di godimento sull’abitazione data in garanzia. Può anche scegliersi la formula del rimborso alla scadenza.

Nel caso di decesso del beneficiario sono gli eredi, entro 12 mesi, a dover estinguere il finanziamento scegliendo tra:

  • l’estinzione del debito nei confronti dalla banca;
  • la vendita dell’immobile ipotecato;
  • oppure, in ultima ipotesi, l’affidamento della vendita alla banca mutuataria per rimborsare il credito (il decreto stabilisce che debba avvenire a prezzo di mercato) con il pagamento degli interessi semplici. La parte eccedente il capitale residuo potrà così beneficiare dell’eventuale andamento positivo dei prezzi dell’immobile.

In particolare, il rimborso integrale del finanziamento in un’unica soluzione può essere richiesto dal finanziatore nei seguenti casi:

  • al momento della morte del soggetto finanziato; se il finanziamento è cointestato, tale condizione si avvera al momento della morte del soggetto finanziato più longevo;
  • se vengono trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia, in particolare:
    i. nel caso in cui la proprietà dell’immobile, o una sua quota, è venduta o trasferita a qualsiasi titolo, fatto salvo il caso di trasferimento mortis causa della proprietà, anche pro quota, in cui si applica la lettera a);
    ii. salvo quanto previsto diversamente nel contratto, nel caso in cui è concesso un godimento d’usufrutto, d’uso, di abitazione o un diritto di superficie in relazione all’immobile;
    iii. nel caso di concessione di servitù non presenti al momento della stipula del finanziamento;
  • qualora siano imputabili al soggetto finanziato, o a terzi datori d’ipoteca, atti compiuti con dolo o colpa grave che riducano significativamente il valore dell’immobile;
  • qualora siano costituiti diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile;
  • qualora siano apportate modifiche all’immobile rispetto al suo stato originale come documentato in sede di perizia e dalla documentazione catastale, senza accordo con il finanziatore, anche se con la necessaria autorizzazione o notificazione alle autorità competenti, ovvero modifiche che comunque limitino la libera circolazione dell’immobile;
  • qualora l’incuria o la mancanza di adeguata manutenzione abbia determinato la revoca dell’abitabilità dell’immobile;
  • qualora altri soggetti, dopo la stipula del finanziamento, prendano la residenza nell’immobile, ad eccezione dei familiari del soggetto finanziato; a questi fini come familiari si intendono i figli, nonché il coniuge o convivente more uxorio e il personale regolarmente contrattualizzato che convive con il soggetto finanziato per prestare a lui o alla sua famiglia i suoi servizi;
  • nel caso in cui l’immobile oggetto di garanzia subisca procedimenti conservativi o, esecutivi di importo pari o superiore al venti per cento del valore dell’immobile concesso in garanzia o ipoteche giudiziali.

Dal punto di vista fiscale si conferma l’applicazione dell’imposta sostitutiva agevolata dello 0,25 per cento.

Il Decreto entra in vigore a partire dal 02 marzo 2016.

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Credito ai consumatori. Approvato in esame preliminare il d.lgs.

Credito ai consumatori. Approvato in esame preliminare il d.lgs.

Lo scorso 21 gennaio 2016 il Consiglio dei Ministri n. 101 ha approvato in esame preliminare il decreto legislativo di attuazione della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali nonché recante modifiche ed integrazioni del titolo VI-bis del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 sulla disciplina degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi e del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141.

Come chiaramente si legge nel comunicato stampa diramato dal Governo, la finalità della direttiva è di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori che sottoscrivono contratti di credito relativi a beni immobili (mutui immobiliari garantiti da ipoteche o finalizzati all’acquisto del diritto di proprietà su un immobile).

La direttiva impone, tra l’altro, che siano fornite al consumatore informazioni precontrattuali dettagliate su un Prospetto Informativo Europeo Standardizzato (PIES), spiegazioni adeguate prima della conclusione del contratto di credito nonchè chiarimenti in ordine al calcolo del tasso annuo effettivo globale (TAEG).

Lo schema di decreto legislativo chiarisce l’ambito di applicazione delle nuove norme che è circoscritto a:

• mutui aventi ad oggetto la concessione di credito garantito da ipoteca su un immobile residenziale;

• mutui finalizzati all’acquisto o alla conservazione del diritto di proprietà su un terreno o su un immobile edificato o progettato.

Vengono poi individuati i canoni di comportamento per i finanziatori e gli intermediari del credito che offrono contratti di credito ai consumatori (i.e. canoni di diligenza, correttezza, trasparenza e attenzione ai diritti e agli interessi dei consumatori).

È inoltre richiamato il principio secondo il quale i finanziatori e gli intermediari del credito basano la propria attività sulle informazioni riguardanti la situazione del consumatore, su ogni bisogno particolare da quest’ultimo comunicato, su ipotesi ragionevoli con riguardo ai rischi cui è esposta la situazione del consumatore per la durata del contratto di credito.

Il decreto legislativo contiene anche precise indicazioni sugli annunci pubblicitari relativi a contratti di credito. Essi devono essere effettuati in maniera corretta, chiara e non ingannevole e non devono contenere formulazioni che possano indurre nel consumatore false aspettative sulla disponibilità o il costo del credito.

Per quanto riguarda gli annunci pubblicitari che riportano il tasso di interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, viene riportato l’elenco delle informazioni di base che gli annunci devono riportare in maniera precisa, evidenziata e, a seconda del mezzo usato, facilmente leggibile o udibile.

È previsto che il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), su proposta della Banca d’Italia, precisi le caratteristiche degli annunci pubblicitari, le relative modalità di divulgazione e i criteri per la definizione dell’esempio rappresentativo.

Si prevede il divieto delle cosiddette pratiche di commercializzazione abbinata, che consistono nell’offerta o commercializzazione di contratti di credito assieme ad altri prodotti o servizi finanziari distinti, se questi ultimi sono obbligatori per la conclusione del contratto.

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Anatocismo: in consultazione la proposta di delibera CICR

Anatocismo: in consultazione la proposta di delibera CICR

L’art. 120, comma 2, del TUB, il quale disciplina la produzione degli interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, così come riformato dal legislatore con la legge di stabilità 27 dicembre 2013, n. 147, è apparso sin dalla prima lettura una norma involuta che non brilla certo per chiarezza.

Sebbene paia non revocabile in dubbio che attraverso l’attuale e vigente formulazione dell’art. 120, comma 2, del TUB, il legislatore abbia inteso eliminare nei rapporti tra banche e clienti ogni forma di produzione di interessi sugli interessi, sia attivi sia passivi, a fronte di tale importante certezza si sono poste numerose ed altrettanto rilevanti incertezze scaturenti da una formulazione davvero infelice che, riferendosi alle «operazioni di capitalizzazione», sembra comunque in qualche modo consentirla.

L’anatocismo – consentito, a certe condizioni, dall’articolo 1283 del Codice civile – è la pratica seguita dalle banche di calcolare gli interessi sugli interessi e non soltanto sul capitale.
Le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 21095/2004) hanno definitivamente dichiarato illegittima questa prassi per il passato, mentre a decorrere dal 2000 era stata legittimata (con Dlgs 342/1999 e delibera Cicr 9/2/2000) purché “gli interessi attivi e passivi siano calcolati con pari periodicità”.

Già nel 2014, il legislatore, attraverso l’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91, aveva ritenuto di dover “ritornare” sulla stessa norma e di proporre una ulteriore e diversa versione dell’articolo in commento in base alla quale si prevede che il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio) stabiliscamodalità e criteri per la produzione, con periodicità non inferiore a un anno, di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni disciplinate ai sensi del presente Titolo”.

Tuttavia, in sede di esame al Senato, l’art. 31 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 veniva soppresso e non riproposto in sede di conversione.

Nell’estate 2014 era stato approvato un ordine del giorno (n. 9/2568-AR/13) in cui il Governo rilevava che “il comma 2 dell’articolo 120 del TUB così come novellato (nel 2013) risulta però di difficile interpretazione e inoltre non prevede una propria disposizione di entrata in vigore, né una specifica disciplina transitoria. Le criticità sulla concreta applicabilità della capitalizzazione degli interessi, dovute al tenore letterale del citato comma, hanno infatti impedito al CICR di emanare la delibera prevista dalla stessa norma”.

Muovendo da tale considerazione, nello stesso ordine del giorno (n. 9/2568-AR/13), approvato nell’estate 2014, il Governo espressamente si “impegnava” ad adottare iniziative legislative in materia di calcolo degli interessi sugli interessi, in modo tale da allineare l’Italia alle prassi internazionali, correggere le incertezze operative e i vuoti di disciplina dovuti alla vigente normativa nonchè ad aumentare la trasparenza dei tassi per i clienti, prevedendo che la produzione degli interessi sugli interessi nelle operazioni in conto corrente o in conto di pagamento (nei limitati casi ammessi dal CICR) non potesse avvenire con periodicità inferiore all’anno.

Nel 2015 si colloca il disegno di legge del 6 marzo 2015, n. 1849 presentato al Senato, con il quale, preso “atto del disallineamento tra la normativa primaria e quella secondaria, circostanza che non consente di determinare in maniera diretta e incontrovertibile se, a tutt’oggi, l’anatocismo debba ritenersi ancora ammesso”, sono state proposte alcune modifiche all’art. 120, comma 2, del TUB e l’introduzione di un espresso regime transitorio secondo cui “fino alla data di entrata in vigore della delibera del CICR prevista dal comma 2 dell’articolo 120 del testo unico bancario, come sostituito dall’articolo 1 della presente legge, continua ad applicarsi la delibera CICR del 9 febbraio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 43 del 22 febbraio 2000” (cfr. disegno di legge n. 1849 presentato al Senato in data 6 marzo 2015).

Da ultimo, nel mese di luglio 2015, la Banca d’Italia, a seguito di pubblica consultazione, ha pubblicato le nuove disposizioni di vigilanza in tema di “trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti”, norme che “aggiornano” le disposizioni in tema di trasparenza adottate nel 2009 (Vedi art. pubblicato in data 27 luglio).

In data 25 agosto 2015, sotto l’evidente impulso del moltiplicarsi di sentenze per lo più sfavorevoli al sistema bancario, “reo” di aver continuato a praticare l’anatocismo nonostante il prescritto divieto di addebitare “interessi sugli interessi“, la Banca d’Italia ha posto in consultazione la proposta di delibera CICR di attuazione all’articolo 120, comma 2, del Testo Unico Bancario.

Infatti, pur in assenza della richiesta delibera del CICR, l’anatocismo bancario è vietato dal 1° gennaio 2014.

Così hanno deciso due ordinanze della Sesta sezione del Tribunale di Milano del 25 marzo e del 3 aprile scorso con le quali è stato inibito a tre banche (Banca popolare di Milano, Deutsche Bank e Ing Bank) il calcolo degli interessi del conto corrente anche sugli interessi del trimestre precedente e non soltanto sul capitale.

Nella relazione illustrativa pubblicata assieme allo schema di delibera, Banca d’Italia sottolinea che le soluzioni tecniche adottate, specie con riferimento alla contabilizzazione separata degli interessi, risultano in linea con le prime pronunce della giurisprudenza in materia e che le opzioni interpretative seguite sono state condivise con il ministero dell’economia e delle finanze.

In particolare, nella proposta si afferma che nei contratti di apertura di credito in conto corrente e nei contratti di finanziamenti a valere su carte di credito:

• gli interessi attivi e passivi devono essere conteggiati con la stessa periodicità (comunque non inferiore a un anno);

• il conteggio degli interessi si effettua il 31 dicembre di ciascun anno (o, se anteriore, il giorno in cui termina il rapporto da cui gli interessi si originano);

• gli interessi maturati devono essere contabilizzati separatamente rispetto al capitale, in modo che non ne sia influenzato il calcolo degli interessi dovuti sul capitale;

• gli interessi, sia attivi che passivi, divengono esigibili con il decorso di 60 giorni dal ricevimento da parte del cliente dell’estratto conto o delle comunicazioni di cui rispettivamente all’articolo 119 del Tub e all’articolo 126-quater, comma 1, lettera b) del Tub (fermo restando che il contratto può prevedere termini diversi, ma a favore del cliente);

• decorso il termine di 60 giorni (o quello superiore eventualmente concordato), il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi (sul conto o sulla carta di credito).

Tuttavia nella bozza di regolamento messa in consultazione dalla Banca d’Italia non si cancella la prassi di effettuare l’anatocismo e cioè di conteggiare “interessi sugli interessi”, ma la si pospone solamente di 60 giorni.

Invero, decorso il termine di 60 giorni (o quello superiore eventualmente concordato), il cliente può autorizzare l’addebito degli interessi (sul conto o sulla carta di credito) ed in tal modo, la somma addebitata va a far parte del capitale, sul quale si calcolano gli interessi.
Insomma, gli interessi sono sterilizzati per un anno e 60 giorni, dopo di che sono capitalizzati e si ha nuovamente anatocismo.
Come dire “l’anatocismo esce dalla porta ma entra dalla finestra”…

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