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Crisi d’impresa e insolvenza. Via libera alla riforma

Crisi d’impresa e insolvenza. Via libera alla riforma

Approvato definitivamente in Senato il disegno di legge S. 2681 che attribuisce la delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza. Con il ddl viene delegato il Governo, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali e della disciplina sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie.

Composto da 13 disposizioni contenenti principi e criteri direttivi intitolati a singoli aspetti della legislazione sulle insolvenze, dai soggetti ai presupposti agli istituti alla organizzazione dei relativi procedimenti alle prelazioni alle modifiche al codice civile ai rapporti con le misure di prevenzione penale, il disegno di legge S-2681 è stato approvato dall’aula del Senato il 11 ottobre 2017, nello stesso testo con cui aveva iniziato la navigazione in Commissione Giustizia e dunque in tutti i 16 articoli con cui era pervenuto dall’approvazione della Camera del Deputati del 1° febbraio 2017. Non è cambiato l’impianto complessivo, essendo identico l’oggetto della delega (art. 1) e non avendo avuto modifiche nemmeno i principi generali (art. 2).

 

I principi generali della Legge delega.

Tra le indicazioni precettive, che orienteranno i decreti legislativi, spiccano:

  • l’abbandono denominativo della locuzione “fallimento” e dei suoi derivati con l’espressione liquidazione giudiziale, con un impatto non solo simbolico perché potrebbe accompagnare anche la coerenza nell’assegnazione alla nuova procedura di liquidazione di un ruolo che assuma una nozione di dissesto in cui sia divenuto impossibile continuare in modo utile l’attività di impresa;
  • l’eliminazione dell’ipotesi della dichiarazione di fallimento d’ufficio;
  • l’introduzione di una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza;
  • l’adozione di un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, con caratteristiche di particolare celerità, anche in fase di reclamo;
  • l’assoggettamento al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza di ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici, disciplinando distintamente i diversi esiti possibili, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive e oggettive e in particolare assimilando il trattamento dell’imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori;
  • il riconoscimento di priorità alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche tramite un diverso imprenditore;
  • la riduzione  della durata e dei costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l’attivo delle procedure;
  • l’armonizzazione delle procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori.

Le misure di allerta, prevenzione e composizione assistita della crisi.

L’articolo 4, recependo le osservazioni dottrinali, prevede l’introduzione di una fase preventiva di allerta, volta ad anticipare l’emersione della crisi.

Cardine per l’incentivazione di tutti gli strumenti di composizione stragiudiziale della crisi sarà la creazione di un organismo che assista il debitore nella composizione della crisi, inaugurando cioè un tavolo con i creditori e l’allestimento di un progetto di superamento delle difficoltà, notiziando progressivamente i creditori pubblici qualificati e poi il PM in caso di insuccesso e insolvenza. In parallelo, anche gli organi di controllo delle società dovranno informare della crisi l’organo amministrativo, avvertenza che sarà cura attuare anche da parte dei citati creditori qualificati di cui alla lettera d) dell’art. 4 comma 1, pena in difetto la inefficacia dell’eventuale privilegio. La procedura che così il debitore sarà spinto ad inaugurare dovrebbe indirizzarsi ad una collaborazione con l’OCC ed anche a fruire delle speciali protezioni anticipatorie, di competenza del tribunale in sezione specializzata (lett. g), funzionali a rendere fruttuose le trattative.

I nuovi concordati preventivi, accordi di ristrutturazione e piani attestati.

L’art. 5 incentiva gli accordi di ristrutturazione e anche le convenzioni di moratoria, estendendone i margini di adozione, anche sul punto della percentuale degli aderenti, da ridurre o eliminare ed in particolare allargando la disciplina ora prevista per il debitore con rilevante esposizione bancaria allorchè l’accordo sia concluso con creditori non bancari, né intermediari finanziari.

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono contratti di diritto privato tra l’imprenditore in crisi e i suoi creditori sottoposti all’omologazione del tribunale, il quale la concede a condizione che l’accordo sia stato redatto nel rispetto di alcuni requisiti formali e sia stato approvato da tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti, ferma la necessità di pagare integralmente i creditori estranei entro 120 giorni dall’omologazione (quanto ai crediti già scaduti) o dalla scadenza (quanto ai crediti non ancora scaduti). In ogni caso l’omologazione da parte del tribunale comporta nei confronti di tutti i creditori l’automatico divieto, per 60 giorni, di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore; e quest’ultimo può chiedere che tale divieto operi anche nel corso delle trattative, facendone richiesta al tribunale anche prima di depositare l’accordo.

Ora, con le nuove norme, gli accordi di ristrutturazione potranno essere omologati anche in presenza di adesioni inferiori al 60% dei crediti (o addirittura in assenza di soglie minime), a condizione che gli accordi stessi prevedano il pagamento immediato dei creditori estranei e che l’imprenditore non pretenda la concessione del divieto di azioni esecutive o cautelari anche nel corso delle trattative.

Quanto agli accordi con gli intermediari finanziari previsti dall’art. 182-septies, la legge ne vorrebbe estendere la disciplina anche agli accordi raggiunti con soggetti diversi.

In sintesi, nella versione attuale la norma prevede che, quando l’indebitamento verso le banche sia pari almeno alla metà dell’indebitamento complessivo, la disciplina contenuta nell’art. 182-bis possa venire integrata da disposizioni ulteriori, consistenti nel fatto che l’accordo «può individuare una o più categorie» tra le banche stesse «che abbiano fra loro posizione giuridica e interessi economici omogenei». In tal caso, l’imprenditore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, purché siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede, e purché i crediti delle banche aderenti rappresentino il 75% dei crediti della categoria. Nella sostanza, l’art. 182-septies estende ad alcuni creditori gli effetti di accordi stipulati con altri creditori, in deroga all’art. 1372 del Codice civile, secondo il quale i contratti hanno effetto di legge fra le parti e solo tra le parti.

Nella sua nuova versione, tale possibilità di derogare al principio generale potrà essere estesa anche ad accordi conclusi con soggetti diversi dalle banche, a patto che l’accordo non sia puramente liquidatorio e che i creditori aderenti rappresentino almeno il 75% dei crediti «di una o più categorie economicamente omogenee».

Per il piano attestato, la delega pensa invece ad un irrobustimento dell’atto costitutivo (lett. e).

L’art. 6, in raccordo esplicito con l’evoluzione giurisprudenziale dell’istituto del concordato, individua con nettezza la direttrice liquidatoria quale percorso secondario della riforma, dovendo anche le proposte del nuovo concordato preventivo armonizzarsi (art. 6 lett. a) con una caratterizzazione improntata alla continuità aziendale. È prevista l’ammissibilità della liquidazione, infatti, solo se con apporti esterni cresca il soddisfacimento assicurato ai creditori e con un minimo di vitalità dell’istituto, compatibile se il progetto assicuri il pagamento almeno del 20%.

Insomma, il nuovo concordato viene concepito come uno strumento da utilizzare principalmente per consentire la prosecuzione dell’attività aziendale e non più, come avvenuto in passato spesso con esiti molto discutibili, per finalità liquidatorie.

 

 

La liquidazione giudiziale.

Destinata a sostituirsi all’attuale fallimento, e alla sua versione della liquidazione coatta amministrativa, la liquidazione si muove sulla traccia dell’attuale regime, fondato su un atto di programma e intense competenze e responsabilità dell’organo concorsuale. L’intervento giudiziale è mantenuto, al di là della nomina, in un ambito di regolazione dei conflitti e, nel merito, circoscritto a singole misure.

Di rilievo è il superamento delle esecuzioni speciali e di privilegio processuale, il che opererà il tramonto della disciplina del credito fondiario, anche se con vacatio speciale (lett. a) comma 4).

Baricentrico, e per certi versi determinante ai fini della anticipazione della crisi, è poi la retrodatazione del periodo sospetto, che per la prima volta nel nostro ordinamento non è più parametrata al momento della nascita di una procedura concorsuale, bensì alla domanda diretta ad instaurarla (lett.b) comma 4 art. 7).

L’accertamento del passivo (comma 8) dovrà rispondere a nuovi criteri di rapidità, snellezza e concentrazione, dovendosi adottare misure di contrazione delle domande tardive e soprattutto preclusioni già nella prima fase, per quanto sommaria.

Un ancoraggio fondamentale, per la trasparenza e l’efficacia delle liquidazioni, dovrebbe poi essere assicurato dalla creazione di un mercato unitario telematico delle vendite (lett. b) co.9), obiettivo che implicherà notevoli riconversioni organizzative delle procedure e degli uffici giudiziari ed al contempo la creazione di un ente di certificazione dei crediti, divenendo l’ammissione al passivo un inedito titolo per partecipare al correlato mercato di scambio.

L’esdebitazione e il sovraindebitamento.

L’istituto dell’esdebitazione trova conferma per la formulazione dell’art. 8, con l’aggiunta di una previsione speciale per le insolvenze minori, su cui la legge delega scommette varando l’operabilità dell’istituto anche d’ufficio.

Altrettanto nuova è l’assimilazione soggettiva allo statuto dell’esdebitato, a certe condizioni, per le società.

Il sovraindebitamento, ora regolato dalla legge n. 3 del 2012, viene rivisto interamente, proponendosi un riordino dell’istituto, con la semplificazione dello stesso. Anche in tema, l’art. 9 riproduce l’obiettivo della continuazione dell’attività del debitore, con conversione in un progetto di mera liquidazione, che diviene l’unica chance per il consumatore responsabile del proprio dissesto (comma 1 lett. b).

In ogni caso, si ribadisce la natura premiale dell’istituto. Fondato su un atto concessivo a formazione mista (nella quale cioè non è escluso il rilievo del consenso dei creditori e di un atto giudiziale di validazione), viene di nuovo in campo il ruolo attivo degli OCC, con sbarramenti di recidiva infraquinquennale, estensione dei debiti ristrutturati anche a quelli oggetto di cessione del quinto, concessione straordinaria e una tantum all’incapiente assoluto meritevole (lett. c). L’istituto appare poi innovativamente presidiato sia dal rafforzamento di misure protettive ricalcanti quelle del concordato, sia dall’allargamento della legittimazione ai creditori, ove la soluzione divenga quella liquidatoria o addirittura al PM, in caso di imprenditore insolvente.

Le altre disposizioni di raccordo.

Nella delega sono mantenute specifiche misure destinate ad interferire in modo virtuoso con gli obiettivi di efficacia e semplificazione, oltre che di minor costo, che dovrebbero essere propri dei nuovi istituti.

Tra esse, l’art. 10 assegna al governo l’ambizioso compito di riscrivere la materia dei privilegi.

Molto più specifico è l’art. 11, in tema di garanzie non possessorie, da istituire ex novo o riassumere in unico o più istituti di garanzia mobiliare, senza particolari limiti di oggetto quanto al bene vincolato e fatte salve alcune accortezze su limiti di garanzia, forma scritta, opponibilità ai terzi e concorso con altri privilegiati.

Fondamentale nella materia sarà così la creazione di un apposito registro informatizzato, di agile accessibilità (lett. b), mentre al soggetto costituente non viene negata la facoltà di utilizzo del bene, con rispetto della destinazione economica e della funzione già assolta, così prevedendo l’estensione oltre i beni originari e la repressione di abusi (lett. c). Viene poi superato ancor più nettamente il divieto del patto commissorio, bilanciando l’autosoddisfacimento che ne deriva (lett. d) con apposite misure pubblicitarie e il controllo giurisdizionale sull’esecuzione.

Disciplina autonoma è poi quella delle garanzie per gli acquirenti di immobili da costruire, che l’art. 12 inquadra in apposita previsione avendo riguardo ai diritti di tali soggetti, per i quali sono rafforzati gli obblighi di vigilanza del notaio rogante gli atti e la conseguenza della nullità per l’inadempimento dell’obbligo assicurativo.

L’art. 13 è dettato in tema di rapporti con le misure di prevenzione, anche se il raccordo ivi contemplato con il d.lgs. 06/09/2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), va aggiornato al d.l. 20/2/2017, n. 14, poi convertito nella l. 18/4/2017, n. 48 e alla ancor più recente riforma approvata dalla Camera il 27/9/2017.

Quanto alle modifiche al codice civile, il catalogo dell’art. 14 contempla un lotto di interventi in ambito societario e di organizzazione dell’imprenditore in genere, costituendo novità rilevante l’obbligatoria istituzione senza apparenti limiti soggettivi di assetti organizzativi interni adeguati per rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità, nonché l’adozione di strumenti per il superamento della crisi stessa (lett. b).

Altra misura penetrante è la reintroduzione del controllo giudiziario di cui all’art. 2409 c.c. anche per le s.r.l., benché prive di organi di controllo e al contempo la previsione che esse si dotino di quest’ultimo in presenza di particolari risultati di esercizio connessi alla loro dimensione (per occupati) o fatturato (ricavi), oltre che attivo dello stato patrimoniale, secondo parametri ivi quantificati (lett. g) nn. 1, 2 e 3).

Magistratura onoraria. In G.U. il testo della riforma

Magistratura onoraria. In G.U. il testo della riforma

Con il D.Lgs. 13.7.2017, n. 116, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 luglio 2017, il Governo dà piena attuazione alla delega ricevuta dalla l. 28.4.2016, n. 57, di riforma organica della magistratura onoraria.

Come ben noto, questa legge delegata interviene in una materia assai delicata che non soltanto attendeva, pressoché da sempre, una riforma organica, ma che era anche stata costantemente disciplinata con decretazione d’urgenza così da determinare un inevitabile susseguirsi di proroghe automatiche nell’incarico dei magistrati già in servizio.

Il D.Lgs. n. 116/2017 si compone di 35 articoli divisi in ben dodici capi:

I. Disposizioni generali (artt. 1-3);
II. Del conferimento dell’incarico di magistrato onorario, del tirocinio e delle incompatibilità (artt. 4-7);
III. Dell’organizzazione dell’ufficio del giudice di pace. Delle funzioni e dei compiti dei giudici onorari di pace                    (artt. 8- 14);
IV. Delle funzioni e dei compiti dei viceprocuratori onorari (artt. 15-17);
V. Della conferma nell’incarico (art. 18);
VI. Dell’astensione e della ricusazione (art. 19);
VII. Dei doveri del magistrato onorario, della decadenza, della dispensa e della revoca (artt. 20-21);
VIII. Delle riunioni periodiche e della formazione permanente (art. 22);
IX. Delle indennità e del regime previdenziale e assistenziale (artt. 23-26);
X. Dell’ampliamento della competenza dell’ufficio del giudice di pace (artt. 27-28);
XI. Disposizioni relative ai magistrati onorari in servizio (artt. 29-31);
XII. Disposizioni transitorie e finali (artt. 32-35).

Tra tutte le disposizioni del D.Lgs. n. 116/2017, quelle che hanno maggiore e più immediato rilievo processuale sono sicuramente rappresentate da quelle che ampliano la competenza dell’ufficio del giudice di pace.

Invero, ai giudici di pace saranno delegate nuove competenze in materia civile, che si aggiungono a quelle già rientranti nella loro giurisdizione o ne ampliano il valore.

Gli artt. 27 e 28, infatti, incidono pesantemente, ampliandola in modo assai considerevole, sulla competenza in materia civile.

Dell’ampliamento della competenza del giudice di pace in materia civile

Nello specifico, il D.Lgs 116/17 apporta al codice di procedura civile modificazioni che incidono sulle cause relative a:

1. Beni mobili. La competenza viene ampliata sino al valore non superiore ad euro 30mila;

2. Pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro. La competenza viene ampliata sino a 50mila euro

3. Risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli o natanti. La competenza viene ampliata sino al valore non superiore a 50mila euro;

4. Condominio. La competenza del GdP viene estesa a tutte cause in materia di condominio negli edifici, come definite ai sensi dell’articolo 71 -quater delle disposizioni per l’attuazione del codice civile.

La competenza del GdP viene, inoltre, estesa a:

5. cause nelle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VI del codice civile, rubricato “Delle distanze nelle costruzioni, piantagioni e scavi, e dei muri, fossi e siepi interposti tra i fondi” fatta eccezione per quella delle distanze nelle costruzioni;

6. cause relative alle materie di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, Sezione VII del codice civile, rubricato “Delle Luci e delle vedute” fatta eccezione per quella delle distanze di cui agli articoli 905, 906 e 907 del medesimo codice;

7. cause in materia di stillicidio e di acque di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezioni VIII e IX del codice civile;

8. cause in materia di occupazione e di invenzione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione I del codice civile

9. cause in materia di specificazione, unione e commistione di cui al libro terzo, titolo II, Capo III, sezione II del codice civile;

10. cause in materia di enfiteusi di cui al libro terzo, titolo IV del codice civile;

11. cause in materia di esercizio delle servitù prediali;

12. cause di impugnazione del regolamento e delle deliberazioni di cui agli articoli 1107 e 1109 del codice civile;

13. cause in materia di diritti ed obblighi del possessore nella restituzione della cosa, di cui al libro terzo, titolo VIII, Capo II, Sezione I del codice civile;

14. il giudice di pace è altresì competente, purché il valore della controversia non sia superiore a trentamila euro, per

a) cause in materia di usucapione dei beni immobili e dei diritti reali immobiliari e

b) per le cause in materia di riordinamento della proprietà rurale di cui al libro terzo, titolo II, Capo II, sezione II del codice civile;

c) per le cause in materia di accessione;

d) per le cause in materia di superficie;

15. espropriazione forzata di cose mobili.

Occorre, però, sottolineare che, in forza dell’art. 32, commi 3 e 4, le nuove norme in tema di competenza entreranno in vigore soltanto il 31 ottobre 2021, cioè allorché saranno immessi in ruolo i nuovi magistrati onorari.

Destinazione dei giudici onorari di pace nell’ufficio per il processo

I giudici onorari di pace sono, inoltre, assegnati alla struttura organizzativa denominata «ufficio per il processo»,
costituita, a norma dell’articolo 16-octies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni,
dalla legge 27 dicembre 2012, n. 221, presso il tribunale del circondario nel cui territorio ha sede l’ufficio
del giudice di pace al quale sono addetti.

Il giudice onorario di pace coadiuva il giudice professionale a supporto del quale la struttura organizzativa è assegnata e, sotto la direzione e il coordinamento del giudice professionale, compie, anche per i procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione collegiale, tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte del giudice professionale, provvedendo, in particolare, allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale ed alla predisposizione delle minute dei provvedimenti. Il giudice
onorario può assistere alla camera di consiglio.

Con riferimento a ciascun procedimento civile e al fine di assicurarne la ragionevole durata, il giudice professionale può delegare al giudice onorario di pace, inserito nell’ufficio per il processo, compiti e attività, anche relativi a procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione collegiale, purché non di particolare complessità,
ivi compresa l’assunzione dei testimoni, affidandogli con preferenza il compimento dei tentativi di conciliazione, i
procedimenti speciali previsti dagli articoli 186 -bis e 423, primo comma, del codice di procedura civile, nonché i
provvedimenti di liquidazione dei compensi degli ausiliari e i provvedimenti che risolvono questioni semplici
e ripetitive.

Al comma 12 dell’art. 10 si legge, infatti, che:

Al giudice onorario di pace non può essere delegata la pronuncia di provvedimenti definitori, fatta eccezione:

a) per i provvedimenti che definiscono procedimenti di volontaria giurisdizione, in materie diverse dalla famiglia,
inclusi gli affari di competenza del giudice tutelare;

b) per i provvedimenti che definiscono procedimenti in materia di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) per i provvedimenti che definiscono procedimenti di impugnazione o di opposizione avverso provvedimenti amministrativi;

d) per i provvedimenti che definiscono cause relative a beni mobili di valore non superiore ad euro 50.000, nonché relative al pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro non eccedenti il medesimo valore;

e) per i provvedimenti che definiscono cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, purché il valore della controversia non superi euro 100.000;

f) per i provvedimenti di assegnazione di crediti che definiscono procedimenti di espropriazione presso terzi, purché il valore del credito pignorato non superi euro 50.000.

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Soppressione Equitalia e Voluntary Disclosure. In G.U il decreto legge

Soppressione Equitalia e Voluntary Disclosure. In G.U il decreto legge

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2016 il decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, recante disposizioni urgenti in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili.

Il decreto contiene diverse norme di grande rilevanza, concernenti, in particolare, la soppressione di Equitalia, la riscossione, il recupero dell’evasione e la riapertura dei termini della procedura di collaborazione volontaria (c.d. voluntary disclosure).

Si attende adesso la presentazione alle Camere per la conversione in legge.

Unioni civili. In G.U. il regolamento per la costituzione

Unioni civili. In G.U. il regolamento per la costituzione

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2016, il regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile per le unioni civili, come previsto dall’art. 1 della legge 20 maggio 2016, n. 76, adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 luglio 2016, n. 144

Il decreto, in vigore già da oggi, prevede che:

1) Per costituire un’unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso devono fare congiuntamente richiesta all’ufficiale dello stato civile del comune di loro scelta.

2) Nella richiesta ciascuna parte deve dichiarare: a) il nome e il cognome, la data e il luogo di nascita; la cittadinanza; il luogo di residenza; b) l’insussistenza delle cause impeditive alla costituzione dell’unione.

3) L’ufficiale dello stato civile redigerà immediatamente processo verbale della richiesta e lo sottoscriverà unitamente alle parti, che invita, dandone conto nel verbale, a comparire di fronte a sè per rendere congiuntamente la dichiarazione costitutiva dell’unione, in una data indicata dalle parti che immediatamente successiva al termine di 15 giorni previsti dall’articolo 2, comma 1.

4) Le parti, nel giorno indicato, renderanno personalmente e congiuntamente, alla presenza di due testimoni e davanti all’ufficiale dello stato civile del comune in cui è stata presentata la richiesta, la dichiarazione di voler costituire un’unione civile.

5) L’ufficiale, ricevuta la dichiarazione redigerà apposito processo verbale, sottoscritto unitamente alle parti e ai testimoni.

6) La registrazione degli atti dell’unione civile sarà eseguita mediante iscrizione nel registro provvisorio delle unioni civili (che sarà istituito presso ciascun comune).

7) Nella dichiarazione le parti possono indicare il regime patrimoniale della separazione dei beni.

8) La mancata comparizione, senza giustificato motivo, di una o di entrambe le parti nel giorno indicato nell’invito equivale a rinuncia.

9) Nel caso di imminente pericolo di vita di una delle parti l’ufficiale dello stato civile riceve la dichiarazione costitutiva anche in assenza di richiesta, previo giuramento delle parti stesse sulla sussistenza dei presupposti per la costituzione dell’unione e sull’assenza di cause impeditive.

10) Nella dichiarazione le parti possono indicare il cognome comune che hanno stabilito di assumere per l’intera durata dell’unione.

11) Unione costituita a seguito della rettificazione di sesso di uno dei coniugi:

I coniugi che, a seguito della rettificazione di sesso di uno di loro, intendano costituire unione civile, rendono personalmente apposita dichiarazione congiunta all’ufficiale dello stato civile del comune nel quale fu iscritto o trascritto l’atto di matrimonio.

12) Documento attestante la costituzione dell’unione:

spetta all’ufficiale dello stato civile il rilascio del documento attestante la costituzione dell’unione, recante i dati anagrafici delle parti, l’indicazione del regime patrimoniale e della residenza, oltre ai dati anagrafici ed alla residenza dei testimoni.

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Segnalazione certificata di inizio attività. In G.U. il d.lgs.

Segnalazione certificata di inizio attività. In G.U. il d.lgs.

Pubblicato in Gazzetta ufficiale, in data 13 luglio 2016, l’atteso decreto legislativo con cui si introduce una disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività (s.c.i.a.) previsto dall’art. 5 della l. n. 124/2015 (c.d. legge Madia).

Con tale disposizione il Parlamento aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l’introduzione di una disciplina generale applicabile ai procedimenti relativi alle attività private non soggette ad autorizzazione espressa e soggette a segnalazione certificata di inizio di attività, ivi incluse le modalità di presentazione delle segnalazioni o istanze alle pubbliche amministrazioni. Resterà ferma – per espressa previsione normativa – la disciplina delle altre attività private non soggette ad autorizzazione espressa.

Al legislatore delegato è stata inoltre richiesta – col medesimo art. 5 – la puntuale individuazione:

  • dei procedimenti oggetto di segnalazione certificata di inizio attività,
  • dei procedimenti oggetto di silenzio assenso, nonché
  • di quelli per i quali è necessaria l’autorizzazione espressa e di quelli per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva.

Ma per coprire tale aspetto, il Governo ha preferito perseguire la strada dell’emanazione di un differente decreto legislativo.

Il decreto qui annotato si compone quindi di quattro articoli.

In aggiunta al primo – utile a definire il perimetro dell’intervento normativo – il testo in commento prevede un articolo dedicato a regolare le modalità di trasmissione delle informazioni tra cittadini, imprese e P.A.; uno con cui si introducono modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e un ultimo utile a definire la tempistica di applicazione della presente riforma nelle Regioni e negli enti locali.

Modalità di trasmissione delle informazioni tra cittadini, imprese e P.A.

L’art. 2 disciplina anzitutto le modalità di trasmissione delle informazioni tra p.a., cittadini e imprese.

In particolare, si prevede (con ciò rinviando di fatto la concreta attuazione della delega al momento in cui verranno emanati ulteriori atti di fonte non primaria) l’adozione da parte delle amministrazioni statali di moduli unificati e standardizzati che definiscano esaustivamente, per tipologia di procedimento, i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni, nonché della documentazione da allegare.

Il privato potrà anche indicare l’eventuale domicilio digitale per le comunicazioni con l’amministrazione.

Per quanto concerne infine la modulistica concernente l’edilizia e l’avvio di attività produttive, questa dovrà adottata mediante accordi o intese in sede di Conferenza unificata, al fine di coordinare le discipline dei vari livelli di governo e realizzare moduli uniformi. Ai fini dell’alleggerimento degli oneri burocratici a carico del cittadino, in ogni caso, i moduli non potranno non essere effettivamente standardizzati, esaustivi ed efficaci.

Modifiche alla legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo

I) La ricevuta telematica della presentazione della Scia (nuovo art. 18-bis della legge n. 241 del 1990)

Il decreto in discorso (art. 3) introduce un nuovo art. 18-bis alla l. n. 241/1990, con il quale si prevede che alla presentazione di istanze, segnalazioni o comunicazioni dovrà essere immediatamente rilasciata, anche in via telematica, una ricevuta che ne attesta l’avvenuta presentazione e indica i termini entro i quali l’amministrazione è tenuta a rispondere o entro i quali il silenzio equivale ad accoglimento dell’istanza. Se la ricevuta contiene le informazioni previste dall’art. 8 della legge n. 241 del 1990, essa costituisce comunicazione di avvio del procedimento. Inoltre, la data di protocollazione dell’istanza, segnalazione o comunicazione non potrà essere diversa da quella di effettiva presentazione. Le istanze, segnalazioni o comunicazioni producono effetti anche in caso di mancato rilascio della ricevuta, ferma restando la responsabilità del soggetto competente.

Infine, in caso di istanza, segnalazione o comunicazione presentate ad un ufficio diverso da quello competente, i termini per il divieto di prosecuzione dell’attività e per la formazione del silenzio assenso decorrono dal ricevimento dell’istanza, segnalazione o della comunicazione da parte dell’ufficio competente.

II) Lo sportello unico per la presentazione della Scia (nuovo art. 19-bis della legge n. 241 del 1990)

In aggiunta a quanto sopra, il decreto introduce anche un nuovo art. 19-bis nel corpus normativo della l. 241/90.

Sul sito istituzionale di ciascuna p.a. dovrà essere indicato lo sportello unico, di regola telematico, al quale presentare la Scia, anche in caso di procedimenti connessi di competenza di altre amministrazioni o di diverse articolazioni interne dell’amministrazione ricevente. Lo sportello unico potrà avere più sedi, al solo scopo di garantire la pluralità dei punti di accesso sul territorio.

Si evidenzia come – nell’ottica di una effettiva semplificazione – se per lo svolgimento di un’attività soggetta a Scia sono necessarie ulteriori Scia, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni o notifiche, l’interessato potrà presentare un’unica Scia allo sportello unico.

La p.a. che riceve la Scia, è tenuta a trasmetterla senza indugio alle altre amministrazioni interessate al fine di consentire, per quanto di loro competenza, il controllo sulla sussistenza dei requisiti e dei presupposti per lo svolgimento dell’attività e la presentazione, almeno cinque giorni prima della scadenza dei termini previsti, di eventuali proposte motivate per l’adozione dei provvedimenti conformativi o di divieto di prosecuzione dell’attività.

Inoltre, in caso l’attività oggetto di Scia sia condizionata all’acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni, ovvero all’esecuzione di verifiche preventive, l’interessato dovrà presentare allo sportello di cui sopra la relativa istanza, a seguito della quale è rilasciata ricevuta ai sensi del nuovo articolo 18-bis.

In tali casi, il termine per la convocazione della conferenza di cui all’articolo 14 decorre dalla data di presentazione dell’istanza e l’inizio dell’attività resta subordinato al rilascio degli atti medesimi, di cui il predetto sportello dà comunicazione all’interessato.

III) Le modifiche all’art. 19 della legge n. 241 del 1990

Col decreto sono state introdotte anche opportune modifiche di coordinamento all’art. 19 della legge n. 241 del 1990.

In particolare:

a) la possibilità di iniziare l’attività dalla data della presentazione della Scia viene estesa anche ai casi di Scia plurima di cui al nuovo art. 19-bis, comma 2;

b) il provvedimento di sospensione dell’attività intrapresa è limitato ai casi di attestazioni non veritiere o di pericolo per la tutela dell’interesse pubblico in materia di ambiente, paesaggio, beni culturali, salute, sicurezza pubblica o difesa nazionale, mentre negli altri casi l’amministrazione competente può solo prescrivere le misure necessarie a colmare la carenza dei requisiti e dei presupposti (sul punto sono state recepite le osservazioni del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari). La richiesta istruttoria dell’amministrazione interrompe il termine di sessanta giorni, che ricomincia a decorrere dalla data in cui il privato comunica l’adozione delle misure richieste. In assenza di ulteriori provvedimenti espliciti (di divieto di svolgimento o prosecuzione dell’attività o di proroga della sospensione), decorso lo stesso termine, cessano gli effetti della sospensione eventualmente adottata.

Applicazione della riforma nelle Regioni ed enti locali, differita al 2017

L’art. 4 del decreto, infine, dispone l’obbligo per le Regioni e gli enti locali di adeguarsi alle nuove disposizioni della legge n. 241 del 1990 introdotte dal decreto in commento, entro il 1º gennaio 2017.

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Esecuzione forzata e Banche. Le modifiche in sede di conversione

Esecuzione forzata e Banche. Le modifiche in sede di conversione

La Camera dei Deputati il 29 giugno 2016 ha approvato in via definitiva, senza modifiche rispetto al testo già approvato dal Senato, il disegno di legge A.C. 3892 di conversione del d.l. 3 maggio 2016, n. 59 rubricato “disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione”, che, sotto molti profili, ha introdotto rilevanti novità, anche e soprattutto in materia processuale, vuoi di processi esecutivi, vuoi di procedure concorsuali, vuoi di procedimento d’ingiunzione.

La legge di conversione 30 giugno 2016, n.119 è stata pubblicata in G.U. del 2 luglio 2016, n. 153 ed è entrata in vigore il 3 luglio 2016.

In questa sede, si darà telegraficamente conto delle novità intervenute ed approvate in sede di conversione.

Art. 1.

Pegno mobiliare non possessorio

In sede di conversione è stata introdotta la possibilità di ricorrere all’istituto del pegno mobiliare non possessorio anche per garantire i crediti concessi a terzi.

Con la puntuale modifica del comma 2, inoltre, è stata prevista la possibilità di costituire il pegno non possessorio  anche su beni immateriali, destinati all’esercizio dell’impresa e sui crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio, a esclusione dei beni mobili registrati.

È stato altresì previsto che “Se il prodotto risultante dalla trasformazione ingloba, anche per unione o commistione, più beni appartenenti a diverse categorie merceologiche e oggetto di diversi pegni non possessori, le facoltà previste dal comma 7 spettano a ciascun creditore pignoratizio con obbligo da parte sua di restituire al datore della garanzia, secondo criteri di proporzionalità, sulla base delle stime effettuate con le modalità di cui al comma 7, lettera a) , il valore del bene riferibile alle altre categorie merceologiche che si sono unite o mescolate. È fatta salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell’utilizzo dei beni da parte del debitore o del terzo concedente il pegno”.

In sede di conversione sono poi stati aggiunti i seguenti commi:

7 -bis ai sensi del quale “Il debitore e l’eventuale terzo concedente il pegno hanno diritto di proporre opposizione entro cinque giorni dall’intimazione di cui al comma 7. L’opposizione si propone con ricorso a norma delle disposizioni di cui al libro quarto, titolo I, capo III -bis , del codice di procedura civile. Ove concorrano gravi motivi, il giudice, su istanza dell’opponente, può inibire, con provvedimento d’urgenza, al creditore di procedere a norma del comma 7” ;

7 –ter ai sensi del quale “Se il titolo non dispone diversamente, il datore della garanzia deve consegnare il bene mobile oggetto del pegno al creditore entro quindici giorni dalla notificazione dell’intimazione di cui al comma 7. Se la consegna non ha luogo nel termine stabilito, il creditore può fare istanza, anche verbale, all’ufficiale giudiziario perché proceda, anche non munito di titolo esecutivo e di precetto, a norma delle disposizioni di cui al libro terzo, titolo III, del codice di procedura civile, in quanto compatibili. A tal fine, il creditore presenta copia della nota di iscrizione del pegno nel registro di cui al comma 4 e dell’intimazione notificata ai sensi del comma 7. L’ufficiale giudiziario, ove non sia di immediata identificazione, si avvale su istanza del creditore e con spese liquidate dall’ufficiale giudiziario e anticipate dal creditore e comunque a carico del medesimo, di un esperto stimatore o di un commercialista da lui scelto, per la corretta individuazione, anche mediante esame delle scritture contabili, del bene mobile oggetto del pegno, tenendo conto delle eventuali operazioni di trasformazione o di alienazione poste in essere a norma del comma 2. Quando risulta che il pegno si è trasferito sul corrispettivo ricavato dall’alienazione del bene, l’ufficiale giudiziario ricerca, mediante esame delle scritture contabili ovvero a norma dell’art. 492 -bis del codice di procedura civile, i crediti del datore della garanzia, nei limiti della somma garantita ai sensi del comma 2. I crediti rinvenuti a norma del periodo precedente sono riscossi dal creditore in forza del contratto di pegno e del verbale delle operazioni di ricerca redatto dall’ufficiale giudiziario. Nel caso di cui al presente comma l’autorizzazione del presidente del tribunale di cui all’art. 492 -bis del codice di procedura civile è concessa, su istanza del creditore, verificate l’iscrizione del pegno nel registro di cui al comma 4 e la notificazione dell’intimazione”.

7 -quater ai sensi del quale “Quando il bene o il credito già oggetto del pegno iscritto ai sensi del comma 4 sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione, il giudice dell’esecuzione, su istanza del creditore, lo autorizza all’escussione del pegno, stabilendo con proprio decreto il tempo e le modalità dell’escussione a norma del comma 7. L’eventuale eccedenza è corrisposta in favore della procedura esecutiva, fatti salvi i crediti degli aventi diritto a prelazione anteriore a quella del creditore istante”.

Art. 2.

Finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato

In sede di conversione è stato previsto che Il patto di cui al comma 1,  ovvero il trasferimento a garanzia del contratto di finanziamento concluso tra un imprenditore e una banca o altro soggetto autorizzato a concedere finanziamenti nei confronti del pubblico ai sensi dell’art. 106, ed in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o al medesimo collegata ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e autorizzata ad acquistare, detenere, gestire e trasferire diritti reali immobiliari, della proprietà di un immobile o di un altro diritto immobiliare dell’imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore, può essere stipulato al momento della conclusione del contratto di finanziamento o, anche per i contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

E’ stato poi elevato da sei a nove mesi il termine di cui al comma 5. Per gli effetti del presente articolo, dunque, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso a rate mensili; o per oltre nove mesi dalla scadenza anche di una sola rata, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile; ovvero, per oltre nove mesi, quando non è prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento. Qualora alla data di scadenza della prima delle rate, anche non mensili, non pagate di cui al primo periodo il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto in misura almeno pari all’85 per cento della quota capitale, il periodo di inadempimento di cui al medesimo primo periodo è elevato da nove a dodici mesi .

Sono stati altresì aggiunti i seguenti commi:

13 -bis il quale chiarisce che “Ai fini del concorso tra i creditori, il patto a scopo di garanzia di cui al comma 1 è equiparato all’ipoteca” e  13 -ter secondo cui “La trascrizione del patto di cui al comma 1 produce gli effetti di cui all’art. 2855 del codice civile, avendo riguardo, in luogo del pignoramento, alla notificazione della dichiarazione di cui al comma 5“.

Art. 3.

Registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure di insolvenza e degli strumenti di gestione della crisi

In sede di conversione è stato riscritto il comma 4 che adesso recita “Con il decreto di cui al comma 3, lettera b) , sentita la Banca d’Italia per gli aspetti rilevanti ai fini di tutela della stabilità finanziaria, sono altresì adottate le disposizioni per l’attuazione del registro, prevedendo: a) le modalità di pubblicazione, rettifica, aggiornamento e consultazione dei dati e dei documenti da inserire nel registro, nonché i tempi massimi della loro conservazione; b) i soggetti tenuti ad effettuare, in relazione a ciascuna tipologia di procedura o strumento, la pubblicazione delle informazioni e dei documenti; c) le categorie di soggetti che sono legittimati, in presenza di un legittimo interesse, ad accedere, anche mediante un avvocato munito di procura, alla sezione del registro ad accesso limitato; il contributo dovuto per l’accesso, da determinare in misura tale da assicurare almeno la copertura dei costi del servizio, e i casi di esenzione; è sempre consentito l’accesso gratuito all’autorità giudiziaria; d) le eventuali limitate eccezioni alla pubblicazione di documenti con riferimento alle esigenze di riservatezza delle informazioni ivi contenute o all’assenza di valore informativo di tali documenti per i terzi“.

È stato altresì riscritto anche il comma 5 secondo cui “il registro deve consentire la ricerca dei dati secondo ciascuna tipologia di informazione e di documento in esso contenuti e di tribunale e numero di ruolo dei procedimenti. Le disposizioni contenute nel decreto di cui al comma 3, lettera b) , assicurano che il registro sia conforme alle disposizioni del regolamento (UE) 2015/848“.

Art. 4.

Disposizioni in materia espropriazione forzata

1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:

Con la modifica della lettera d) di cui all’art. 1 del d.l. 59/2016 è stato modificato l’art. 560 prevedendo che:

1) il terzo comma è sostituito dal seguente: «Il giudice dell’esecuzione dispone, con provvedimento impugnabile per opposizione ai sensi dell’art. 617, la liberazione dell’immobile pignorato senza oneri per l’aggiudicatario o l’assegnatario o l’acquirente, quando non ritiene di autorizzare il debitore a continuare ad abitare lo stesso, o parte dello stesso, ovvero quando revoca l’autorizzazione, se concessa in precedenza, ovvero quando provvede all’aggiudicazione o all’assegnazione dell’immobile. Per il terzo che vanta la titolarità di un diritto di godimento del bene opponibile alla procedura, il termine per l’opposizione decorre dal giorno in cui si è perfezionata nei confronti del terzo la notificazione del provvedimento»;

2) il quarto comma così come sostituito dal testo del d.l è integrato dalla seguente previsione: «Quando nell’immobile si trovano beni mobili che non debbono essere consegnati ovvero documenti inerenti lo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale, il custode intima alla parte tenuta al rilascio ovvero al soggetto al quale gli stessi risultano appartenere di asportarli, assegnandogli il relativo termine, non inferiore a trenta giorni, salvi i casi di urgenza. Dell’intimazione si dà atto a verbale ovvero, se il soggetto intimato non è presente, mediante atto notificato dal custode. Qualora l’asporto non sia eseguito entro il termine assegnato, i beni o i documenti sono considerati abbandonati e il custode, salvo diversa disposizione del giudice dell’esecuzione, ne dispone lo smaltimento o la distruzione »;

3) al quinto comma è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Gli interessati a presentare l’offerta di acquisto hanno diritto di esaminare i beni in vendita entro quindici giorni dalla richiesta».

E’ stata aggiunta la lettera e -bis ) secondo cui all’art. 587, primo comma, le parole: «costituisce titolo esecutivo per il rilascio» sono sostituite dalle seguenti: «è attuato dal custode a norma dell’art. 560, quarto comma» ;

E’ stata modificata la lettera h) secondo cui all’art. 591, secondo comma, dopo le parole «fino al limite di un quarto» sono aggiunte le seguenti: « e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà»;

E’ stata aggiunta la lettera i -bis) secondo cui all’art. 596, dopo il secondo comma è aggiunto, in fine, il seguente: «Il giudice dell’esecuzione può disporre la distribuzione, anche parziale, delle somme ricavate, in favore di creditori aventi diritto all’accantonamento a norma dell’art. 510, terzo comma, ovvero di creditori i cui crediti costituiscano oggetto di controversia a norma dell’art. 512, qualora sia presentata una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti di cui all’art. 574, primo comma, secondo periodo, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi sopravvenuti, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all’effettiva restituzione. La fideiussione è escussa dal custode o dal professionista delegato su autorizzazione del giudice. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai creditori che avrebbero diritto alla distribuzione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito del soggetto avente diritto all’accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma del primo periodo del presente comma» ;

E’ stata aggiunta la lettera l -bis . All’art. 2929 -bis del codice civile, i commi secondo e terzo sono sostituiti dai seguenti: «Quando il bene, per effetto o in conseguenza dell’atto, è stato trasferito a un terzo, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato. Se con l’atto è stato riservato o costituito alcuno dei diritti di cui al primo comma dell’art. 2812, il creditore pignora la cosa come libera nei confronti del proprietario. Tali diritti si estinguono con la vendita del bene e i terzi titolari sono ammessi a far valere le loro ragioni sul ricavato, con preferenza rispetto ai creditori cui i diritti sono opponibili. Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro terzo del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma o che l’atto abbia arrecato pregiudizio alle ragioni del creditore o che il debitore abbia avuto conoscenza del pregiudizio arrecato. L’azione esecutiva di cui al presente articolo non può esercitarsi in pregiudizio dei diritti acquistati a titolo oneroso dall’avente causa del contraente immediato, salvi gli effetti della trascrizione del pignoramento».

alcuna modifica ha invece interessato la lettera a) che si riporta integralmente

a) all’art. 492, terzo comma, è aggiunto in fi ne il seguente periodo: «Il pignoramento deve contenere l’avvertimento che, a norma dell’art. 615, secondo comma, terzo periodo, l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero che l’opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile».

Art. 5 – bis 

Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita dei beni pignorati 

Introdotto dalla legge di conversione modifica l’art. 179 -ter delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368.

Art. 6.

Modifiche alla legge fallimentare

In sede di conversione è stato aggiunta la lettera c -bis ) secondo cui all’art. 110:

1) al primo comma sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Nel caso in cui siano in corso giudizi di cui all’art. 98, il curatore, nel progetto di ripartizione di cui al presente comma, indica, per ciascun creditore, le somme immediatamente ripartibili nonché le somme ripartibili soltanto previo rilascio in favore della procedura di una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti di cui all’art. 574, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile, idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell’ambito dei giudizi di cui all’art. 98, oltre agli interessi, al tasso applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all’effettiva restituzione. Le disposizioni del periodo precedente si applicano anche ai creditori che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito avente diritto all’accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma dell’art. 98»;

2) al quarto comma, secondo periodo, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «non si fa luogo ad accantonamento qualora sia presentata in favore della procedura una fideiussione a norma del terzo periodo del primo comma, idonea a garantire la restituzione di somme che, in forza del provvedimento che decide il reclamo, risultino ripartite in eccesso, oltre agli interessi nella misura prevista dal predetto terzo periodo del primo comma».

Art. 12 – bis

Modifiche alla disciplina della cessione dei crediti di impresa

Introdotto dalla legge di conversione prevede che all’art. 1, comma 1, lettera c) , della legge 21 febbraio 1991, n. 52, le parole: «o un soggetto, costituito in forma societaria, che svolge l’attività di acquisto di crediti da soggetti del proprio gruppo che non siano intermediari finanziari» sono sostituite dalle seguenti: «o un soggetto, costituito in forma di società di capitali, che svolge l’attività di acquisto di crediti, vantati nei confronti di terzi, da soggetti del gruppo di appartenenza che non siano intermediari finanziari oppure di crediti vantati da terzi nei confronti di soggetti del gruppo di appartenenza, ferme restando le riserve di attività previste ai sensi del citato testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia».

Cassa Integrazione Salariale Ordinaria. In G.U. il decreto attuativo

Cassa Integrazione Salariale Ordinaria. In G.U. il decreto attuativo

Approda nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 137 del 14 giugno 2016, il Decreto del Ministero del Lavoro, emanato lo scorso 15 aprile, che definisce i criteri per l’approvazione dei programmi di cassa integrazione salariale ordinaria.

In attuazione del d.lgs. n. 148/2015, infatti, il d.m. stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2016 la CIGO è concessa per le seguenti causali:
– situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
– situazioni temporanee di mercato.

Le singole fattispecie che integrano le causali di intervento.

Disciplinate, oltre all’esame delle domande, le singole fattispecie che integrano le causali di intervento, ovvero:
– mancanza di lavoro o di commesse e crisi di mercato
– fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa, perizia di variante e suppletiva al progetto
– mancanza di materie prime o componenti
– eventi meteo
– sciopero di un reparto o di altra impresa
– incendi, alluvioni, sisma, crolli, mancanza di energia elettrica – impraticabilità dei locali, anche per ordine di pubblica autorità – sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori
– guasto ai macchinari – manutenzione straordinaria.

Giudici di Pace. In G.U. il primo decreto attuativo della riforma

Giudici di Pace. In G.U. il primo decreto attuativo della riforma

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 31 maggio 2016 il D.Lgs. 31 maggio 2016, n. 92, con la disciplina della sezione autonoma dei Consigli giudiziari per i magistrati onorari e disposizioni per la conferma nell’incarico dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari in servizio, primo decreto di attuazione della riforma della magistratura onoraria (L. 57/2016).

Si tratta del primo decreto attuativo della delega per la riforma organica della magistratura onoraria, ricevuta dal Governo con la L. 28 aprile 2016 n. 57.

Il decreto è stato approvato definitivamente nel corso del Consiglio dei Ministri n. 118 del 31 maggio 2016 ed è stato immediatamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

La norma, che si compone di otto articoli, dispone:

1) il mantenimento in servizio, per un primo mandato di durata quadriennale a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, dei giudici di pace, dei giudici onorari di tribunale e dei vice procuratori onorari in servizio alla medesima data, a condizione che siano ritenuti idonei allo svolgimento delle funzioni giudiziarie onorarie all’esito di una procedura di conferma;

2) istituzione nel consiglio giudiziario di una sezione autonoma per i giudici onorari di pace e i vice procuratori onorari per l’esercizio delle competenze in tema di:

– procedura di concorso per titoli per l’accesso, ammissione al tirocinio e organizzazione e al coordinamento del medesimo;

– proposta per la nomina di coloro che hanno terminato il tirocinio e alla formazione di una graduatoria degli idonei;

– giudizio di idoneita’ per la conferma nell’incarico;

– valutazioni sulle proposte di sospensione dalle funzioni, decadenza, dispensa, revoca dell’incarico e di applicazione di sanzioni disciplinari.

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Modifiche in materia di procedure esecutive e concorsuali

Modifiche in materia di procedure esecutive e concorsuali

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi, del Ministro dell’economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan e del ministro della Giustizia Andrea Orlando, ha approvato il decreto legge che reca disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione.

Il decreto legge dispone misure per il rimborso degli investitori nelle quattro banche poste in risoluzione nel novembre 2015, misure a sostegno delle imprese e misure di accelerazione delle attività di recupero crediti, nonchè importanti modifiche al codice di procedura civile e alla legge fallimentare.

Si attende ora la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

MISURE A SOSTEGNO DELLE IMPRESE E DI ACCELERAZIONE DEL RECUPERO CREDITI

Il decreto legge introduce una serie di misure a sostegno delle imprese e di accelerazione del recupero crediti, che conferiscono certezza e rapidità alle procedure anche grazie all’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Pegno non possessorio

Per favorire l’impresa nelle attività di produzione del reddito in caso di fabbisogno di accesso al credito, viene introdotto il principio del pegno non possessorio, grazie al quale il debitore che dà in pegno un bene mobile destinato all’esercizio dell’impresa (per esempio un macchinario) può continuare ad utilizzarlo nel processo produttivo (mentre nell’ordinamento precedente perdeva l’uso del bene gravato da pegno). Si introduce inoltre un registro digitale, tenuto dalla Agenzia delle entrate, denominato “Registro dei pegni non possessori”.

Patto marciano nei nuovi contratti di finanziamento

Per i contratti di finanziamento stipulati tra istituti finanziari e imprese è introdotta la facoltà di ricorrere al cosiddetto “patto marciano”. Quest’ultimo contempla la possibilità che nel caso di finanziamento con garanzia di un bene immobile (che non deve essere la residenza dell’imprenditore) le parti possano stipulare un contratto di cessione del bene stesso che diviene efficace in caso di inadempimento del debitore. Nel caso di rimborso tramite rate mensili, si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae per oltre sei mesi dalla scadenza di almeno tre rate. Nel caso di restituzione in unica soluzione o con periodo di rateizzazione superiore al mese (per esempio rate trimestrali o semestrali) l’inadempimento si verifica trascorsi sei mesi dalla scadenza di una rata non corrisposta. Il valore di cessione in caso di efficacia del patto marciano viene determinato da un terzo, in funzione di una procedura definita tra le parti. Qualora il valore del bene al momento della cessione sia superiore al debito residuo, il creditore corrisponde al debitore la differenza tra i due valori. Qualora il valore del bene sia inferiore al debito residuo, il debitore non dovrà corrispondere nulla al creditore. Se le parti tra le quali è già in vigore un contratto di finanziamento lo desiderano, possono rinegoziare il contratto di finanziamento già in essere, e in questo contesto possono adottare il patto marciano.

Norme attinenti le procedure di recupero crediti

Per ridurre i tempi di recupero dei crediti vengono adottati termini più brevi per la facoltà dei debitori di fare opposizione agli atti dell’esecuzione, il giudice deve disporre la provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo per le somme non contestate, anche in presenza di una opposizione del debitore, l’acquirente del bene in un’asta giudiziaria può indicare l’assegnazione dello stesso a un soggetto terzo.

Modifiche alla legge fallimentare

Per rendere più celeri le procedure fallimentari si introduce la possibilità di utilizzare le tecnologie telematiche per le udienze e per le adunanze dei creditori. Inoltre può essere revocato il curatore che non rispetta i termini fissati per la procedura.

Registro delle procedure esecutive e concorsuali

Viene istituito presso il Ministero della giustizia un registro digitale delle procedure esecutive e concorsuali, le quali dovranno essere tutte digitalizzate.

ALTRE MISURE

Fondo bancario di solidarietà del personale del credito

Si amplia l’operatività del Fondo bancario di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale del personale del credito. Per agevolare la gestione degli esuberi di personale, l’indennità di sostegno al reddito può essere erogata fino a sette anni, anziché cinque come previsto attualmente, prima che il soggetto raggiunga i requisiti per la pensione.

Imposte differite

Il decreto legge prevede anche disposizioni in materia di imposte differite attive. Le società potranno continuare ad applicare le disposizioni fiscali vigenti alle attività per imposte anticipate a condizione che versino un canone annuo pari all’1,5% della differenza tra le attività per imposte anticipate e le imposte versate. Le disposizioni permetteranno di superare i dubbi sollevati dalla Commissione europea sull’esistenza di componenti di aiuto di Stato nel quadro normativo attuale relativo alle attività per imposte differite.

INDENNIZZI AGLI INVESTITORI

Il decreto prevede rimborsi ai clienti delle 4 banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso (Banca popolare dell’Etruria e del Lazio, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti) che hanno investito in obbligazioni delle banche stesse.

Coloro che hanno acquistato le obbligazioni entro il 12 giugno 2014, data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale europea della Direttiva per il risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie (BRRD) da parte delle istituzioni dell’Unione europea, possono richiedere indennizzi automatici o accedere alla procedura arbitrale. Coloro che hanno investito in obbligazioni successivamente a tale data possono accedere alla procedura arbitrale prevista dalla legge di stabilità per il 2016. In entrambi i casi le risorse vengono attinte dal Fondo di solidarietà istituito con la legge di stabilità per il 2016. Per il Fondo di solidarietà viene eliminato il tetto di 100 milioni di euro di ammontare che era stato previsto nella stessa legge di stabilità.

Le modalità di compensazione per i detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle 4 banche sono state definite in considerazione di alcune condizioni concomitanti tra di loro. Innanzitutto alcuni indici, come il rapporto tra attività e redditi da un lato e concentrazione dell’investimento dall’altra, fanno presumere che siano stati allocati ad alcuni risparmiatori prodotti finanziari non compatibili con il loro profilo di investimento. Occorre inoltre considerare che la vendita di prodotti a clienti non professionali è stata spesso effettuata in relazione ad altri servizi prestati dalle 4 banche agli stessi clienti e quindi con il possibile condizionamento di questi ultimi all’acquisto. È quindi opportuno ricordare che la responsabilità di porre rimedio alla vendita impropria di prodotti finanziari è in primo luogo delle banche stesse. Il Governo e le autorità italiane di vigilanza sono determinati a contrastare eventuali altre condotte di questo tipo e a prevenirne di nuove rinforzando i presidi normativi e regolamentari, la qualità dell’informazione e l’incisività dei controlli. Infine si segnala che il burden sharing a carico dei detentori di obbligazioni subordinate emesse da queste 4 banche poste in risoluzione ha avuto luogo nel 2015 e ha riguardato titoli di debito emessi prima della pubblicazione delle nuove regole europee sul risanamento e la risoluzione, avvenuta il 12 giugno 2014. Dal 1 gennaio 2016 questo nuovo quadro di regole è parte integrante dell’ordinamento italiano in vigore e pienamente applicabile in tutte le sue componenti.

INDENNIZZI AUTOMATICI

Gli investitori che hanno acquistato entro il 12 giugno 2014 obbligazioni emesse dalle 4 banche oggetto della procedura di risoluzione nel novembre scorso possono chiedere al Fondo l’erogazione di un indennizzo automatico se ricorre una delle seguenti condizioni:

  1. patrimonio mobiliare dell’investitore di valore inferiore a 100.000 euro posseduto al 31 dicembre 2015;
  2. ammontare del reddito lordo ai fini Irpef dell’investitore nell’anno 2015 inferiore a 35.000 euro.

L’importo dell’indennizzo automatico è forfettario, pari all’80% del corrispettivo pagato per l’acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza tra rendimenti ottenuti e tasso sui Btp. L’istanza di erogazione dell’indennizzo forfettario è indirizzata al Fondo e deve indicare il nome, e l’indirizzo (anche digitale) dell’investitore, la banca in liquidazione presso la quale sono stati acquistati i titoli, gli strumenti finanziari acquistati, le rispettive quantità, gli oneri connessi all’acquisto. L’investitore deve anche allegare la documentazione relativa al contratto di acquisto delle obbligazioni, i moduli di sottoscrizione o l’ordine di acquisto, le attestazioni degli ordini acquisiti, copia della richiesta di pagamento alla banca in liquidazione del credito relativo agli strumenti finanziari subordinati, una dichiarazione sulla consistenza patrimoniale o sull’ammontare del reddito. Il Fondo verifica la completezza della documentazione, la sussistenza delle condizioni, calcola l’importo dell’indennizzo e procede alla liquidazione.

Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Prestito vitalizio ipotecario. In G.U. il nuovo regolamento

Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 16 febbraio 2016 il Decreto del Ministero dello sviluppo economico del 22 dicembre 2015, n. 226 con cui è stato emanato il Regolamento recante norme in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario.

Il testo del decreto ottempera alle osservazioni formulate recentemente dal Consiglio di Stato. In sintesi era stato sottolineato come fosse necessario:
a) rendere obbligatoria l’informativa al richiedente il finanziamento sulle conseguenze a carico degli eredi, anche nel caso di estinzione anticipata del finanziamento.
b) limitare la possibilità di revoca del finanziamento nel caso in cui il debitore subisca atti conservativi o esecutivi alla sola eventualità in cui tali procedimenti siano di importo pari o superiore ad un certo valore, da determinare in relazione al finanziamento o al valore dell’immobile.

La funzione economica di tale forma di finanziamento è quella di consentire al proprietario di un immobile, di età superiore a 60 anni (la normativa precedente prevedeva un limite di età di 65 anni), di rendere liquida una parte del valore della abitazione per soddisfare esigenze di liquidità senza che lo stesso proprietario sia tenuto a lasciare la proprietà residenziale, che viene comunque posta a garanzia del finanziamento.

Il prestito vitalizio ipotecario va dunque distinto dal mutuo. Con un contratto di mutuo infatti un individuo prende a prestito da una banca una somma di denaro per acquistare un’abitazione e restituisce poi il prestito con rate periodiche; il prestito ipotecario consente, invece, a colui che è già proprietario di “prendere a prestito” una somma di denaro a fronte del valore dell’abitazione evitando di dover vendere la nuda proprietà.

Proseguendo con la disamina del meccanismo di funzionamento, si prevede una differenziazione di importo finanziabile in relazione all’età.

Per coloro che hanno 60 anni o poco più infatti l’importo del finanziamento non può superare il 15-20 per cento del valore dell’immobile, mentre per i proprietari in età più avanzata si arriva fino al 50 per cento del valore dell’abitazione.

Deve essere offerta poi la possibilità di stipulare un prestito cointestato sia ai coniugi che ai conviventi more uxorio. Invero, nel caso in cui il soggetto finanziato, al momento della stipula del finanziamento, risulta coniugato, ovvero convivente more uxorio da almeno un quinquennio documentato attraverso la presentazione di un certificato di residenza storico, e nell’immobile posto a garanzia risiedano entrambi i coniugi o conviventi more uxorio , il contratto deve essere sottoscritto da entrambi anche se l’immobile è di proprietà di uno solo di essi, purché i requisiti di età previsti dall’articolo 11-quaterdecies, comma 12, della legge siano posseduti da entrambi i sottoscrittori.

Si prevedono poi:

  • specifici obblighi informativi a carico dell’ente finanziatore con la predisposizione di due prospetti esemplificativi recanti la simulazione del piano di ammortamento da sottoporre all’interessato. In particolare, nel contratto di finanziamento sono presenti, secondo la scelta effettuata dal soggetto finanziato ai sensi dell’articolo 11-quaterdecies, comma 12 -bis, della legge, anche in allegato al contratto stesso due prospetti esemplificativi, chiamati “Simulazione del piano di ammortamento”, che illustrano il possibile andamento del debito nel tempo, evidenziando anno per anno separatamente il capitale e gli interessi, uno applicando il tasso contrattuale al momento della stipula del prestito vitalizio ipotecario, e l’altro simulando al terzo anno dalla stipula del contratto di prestito ipotecario vitalizio uno scenario di rialzo dei tassi di interesse non inferiore a 300 punti base rispetto al tasso vigente al momento della stipula del contratto o, se ha un valore inferiore a questa ipotesi, all’eventuale cap previsto dal contratto.
    La documentazione precontrattuale che il finanziatore consegna al soggetto richiedente è la medesima prevista per i mutui ipotecari dalle “Disposizioni di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti” della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 217 del 18 settembre 2009, e successive modificazioni, in quanto applicabili.
    È fatto, altresì, obbligo al finanziatore di consegnare gratuitamente al soggetto richiedente, almeno 15 giorni prima dell’eventuale stipula del contratto, un prospetto informativo contenente in modo chiaro le seguenti informazioni minime: a) l’importo finanziato con la corrispondente indicazione della percentuale del valore di perizia dell’immobile dato in garanzia; b) l’indicazione della somma che sarà erogata al soggetto finanziato al netto delle imposte e di tutti i costi legati al finanziamento, compresi quelli di istruttoria, notarili, della perizia estimativa e della polizza assicurativa.
  • il divieto di esigere il pagamento delle spese sostenute dal finanziatore qualora il finanziato decida di non sottoscrivere il contratto.

Al finanziamento può accompagnarsi una polizza assicurativa per l’immobile, ma il richiedente ha la facoltà di acquistare la polizza assicurativa anche presso un soggetto differente dal finanziatore, che annualmente deve consegnare un resoconto della propria posizione debitoria.

L’estinzione del finanziamento si configura non solo con la morte del proprietario, ma anche qualora vengano trasferiti in tutto o in parte i diritti reali di godimento sull’abitazione data in garanzia. Può anche scegliersi la formula del rimborso alla scadenza.

Nel caso di decesso del beneficiario sono gli eredi, entro 12 mesi, a dover estinguere il finanziamento scegliendo tra:

  • l’estinzione del debito nei confronti dalla banca;
  • la vendita dell’immobile ipotecato;
  • oppure, in ultima ipotesi, l’affidamento della vendita alla banca mutuataria per rimborsare il credito (il decreto stabilisce che debba avvenire a prezzo di mercato) con il pagamento degli interessi semplici. La parte eccedente il capitale residuo potrà così beneficiare dell’eventuale andamento positivo dei prezzi dell’immobile.

In particolare, il rimborso integrale del finanziamento in un’unica soluzione può essere richiesto dal finanziatore nei seguenti casi:

  • al momento della morte del soggetto finanziato; se il finanziamento è cointestato, tale condizione si avvera al momento della morte del soggetto finanziato più longevo;
  • se vengono trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull’immobile dato in garanzia, in particolare:
    i. nel caso in cui la proprietà dell’immobile, o una sua quota, è venduta o trasferita a qualsiasi titolo, fatto salvo il caso di trasferimento mortis causa della proprietà, anche pro quota, in cui si applica la lettera a);
    ii. salvo quanto previsto diversamente nel contratto, nel caso in cui è concesso un godimento d’usufrutto, d’uso, di abitazione o un diritto di superficie in relazione all’immobile;
    iii. nel caso di concessione di servitù non presenti al momento della stipula del finanziamento;
  • qualora siano imputabili al soggetto finanziato, o a terzi datori d’ipoteca, atti compiuti con dolo o colpa grave che riducano significativamente il valore dell’immobile;
  • qualora siano costituiti diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull’immobile;
  • qualora siano apportate modifiche all’immobile rispetto al suo stato originale come documentato in sede di perizia e dalla documentazione catastale, senza accordo con il finanziatore, anche se con la necessaria autorizzazione o notificazione alle autorità competenti, ovvero modifiche che comunque limitino la libera circolazione dell’immobile;
  • qualora l’incuria o la mancanza di adeguata manutenzione abbia determinato la revoca dell’abitabilità dell’immobile;
  • qualora altri soggetti, dopo la stipula del finanziamento, prendano la residenza nell’immobile, ad eccezione dei familiari del soggetto finanziato; a questi fini come familiari si intendono i figli, nonché il coniuge o convivente more uxorio e il personale regolarmente contrattualizzato che convive con il soggetto finanziato per prestare a lui o alla sua famiglia i suoi servizi;
  • nel caso in cui l’immobile oggetto di garanzia subisca procedimenti conservativi o, esecutivi di importo pari o superiore al venti per cento del valore dell’immobile concesso in garanzia o ipoteche giudiziali.

Dal punto di vista fiscale si conferma l’applicazione dell’imposta sostitutiva agevolata dello 0,25 per cento.

Il Decreto entra in vigore a partire dal 02 marzo 2016.

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