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Riforma del processo civile: dal Senato la fiducia al maxi emendamento

Con l’approvazione del maxi emendamento, interamente sostitutivo dell’originario ddl recante “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alterna­tiva delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” l’Assemblea del Senato pone la fiducia alla riforma del processo civile con cui il Governo è delegato ad adottare, en­tro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legi­slativi recanti il riassetto formale e sostan­ziale del processo civile, mediante novelle al codice di procedura civile e alle leggi pro­cessuali speciali, in funzione di obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizza­zione del processo civile, nel rispetto della garanzia del contraddittorio, attenendosi ai princìpi e criteri direttivi previsti.

In attesa che si esprima anche l’altro lato del Parlamento, si pubblica, qui di seguito, il testo approvato.

Efficienza del processo civile. La proposta normativa al vaglio

Efficienza del processo civile. La proposta normativa al vaglio

La Commissione Giustizia della Camera ha terminato l’esame del disegno di legge delega n. 2953, recante “disposizioni per l’efficienza del processo civile”, presentato dal Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, nonché della proposta di Legge n. 2921 recante “modifiche al codice di procedura civile e altre disposizioni per l’accelerazione del processo civile”.

Il testo del provvedimento passerà ora al vaglio della altre Commissioni interessate (tra tutte Affari Costituzionali e Bilancio) per i relativi pareri.

L’iter del progetto in commissione è pertanto pressochè giunto al termine: dopodiché il disegno di legge delega (il primo tassello per la completa riforma del processo civile) passerà all’esame della Camera.

Con il presente articolo P&P Studio Legale riassume i principali punti e le importanti novità previste dal citato disegno di legge delega n. 2953, recante “disposizioni per l’efficienza del processo civile”.

  • Il disegno di legge delega n. 2953.

Il disegno di legge delega n. 2953, elaborato e redatto ad opera della Commissione presieduta dal dottor Giuseppe Berruti, presidente di sezione della Corte di cassazione, che, col prefissato fine di rendere il processo comprensibile “… Le parti debbono sapere chi, almeno in astratto e con una sensata prognosi, vincerà o perderà”, nonché spedito, contiene alcuni interventi in materia di processo civile, l’integrazione della disciplina del tribunale delle imprese e l’istituzione del tribunale della famiglia e della persona.

Nello specifico, all’articolo 1, comma 1, lettera a), in materia di tribunale delle imprese, si prevede una mera integrazione delle competenze attribuite alle esistenti sezioni specializzate, mantenendone inalterato l’attuale numero (21 sezioni), con la modifica della loro denominazione in « sezioni specializzate per l’impresa e il mercato ». Le nuove competenze riguardano le controversie in materia di concorrenza sleale, pubblicità ingannevole, le controversie relative agli accordi di collaborazione nella produzione e nello scambio di beni e servizi, specifiche controversie in materia di società di persone, le controversie in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture attualmente rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario.

L’articolo 1, comma 1, lettera b), prevede l’istituzione, presso tutte le sedi di tribunale, delle sezioni specializzate per la famiglia e la persona con competenza distinta e specifica su separazioni e divorzi, rapporti di famiglia e di minori, procedimenti relativi a figli nati fuori del matrimonio, procedimenti di competenza del giudice tutelare in materia di minori e incapaci, controversie relative al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione internazionale, nella quale far confluire anche le professionalità che si sono formate nell’esperienza del tribunale per i minorenni.

In ordine a quanto previsto all’articolo 1, comma 2, in materia di riassetto del codice di procedura civile e delle leggi processuali civili, al fine di operare una semplificazione e un’accelerazione del rito stesso si prevede quanto segue:

  • Il Giudizio di I Grado

L’udienza di prima comparizione e trattazione

È un dato di comune esperienza che il primo anno dalla notifica della citazione è sostanzialmente perso nell’inattività. Nulla accade, infatti,  nella prima udienza di comparizione, ove non vi siano le attività ex articolo 182 del codice di procedura civile, per cui, dinanzi alla certa richiesta di concessione del noto triplo termine ex articolo 183, sesto comma, c.p.c., occorrono quasi due terzi del primo anno di pendenza della causa (e spessissimo un anno intero e oltre) perché il giudice istruttore, nell’udienza ex articolo 184 del codice di procedura civile, possa decidere, ai sensi dell’articolo 187 del medesimo codice, circa la rilevanza e l’ammissibilità delle prove richieste dalle parti e quindi aprire la fase istruttoria o far entrare immediatamente la causa in decisione.

Si tratta di tempo inutilmente e irrimediabilmente perso: un lusso che un processo civile moderno ed efficiente non può permettersi.

I relatori del ddl delega propongono di riempire questo abnorme spazio vuoto semplicemente prevedendo, ad instar del rito del lavoro, che lo scambio delle memorie, oggi previste come appendice scritta dopo l’udienza di trattazione, avvenga prima della stessa. Contemporaneamente al maturare delle preclusioni assertive e istruttorie dovrà intervenire la preclusione per la contestazione ex articolo 115, secondo comma, del codice di procedura civile.

La soluzione, a dire dei relatori presenta i seguenti vantaggi:

dal lato delle parti e dei difensori:

1) non stravolge le prassi in uso da lustri, perché lo scambio delle memorie prima dell’udienza avviene nel rito del lavoro, in quello delle locazioni, in quello cautelare, nei riti camerali, nella decisione mista ex articolo 281-quinquies del codice di procedura civile e in altri casi;

2) consente ai difensori di continuare l’attività di trattazione quando la causa è presente alla memoria, perché studiata di recente per avviarla o per resistere alla domanda avversaria, e non a distanza di un anno o peggio, a seconda di quando è fissata l’udienza ex articolo 184;

3) soprattutto, nel volgere di nemmeno mezzo anno, consente (e – si badi – impone) al giudice istruttore di arrivare all’udienza di trattazione con tutte le allegazioni assertive e istruttorie espletate dalle parti e, quindi, di esercitare causa cognita tutti i poteri previsti dagli articoli 38, 153, secondo comma, 182 e, soprattutto 187 del codice di procedura civile; non solo, anche se raramente, addirittura quelli di cui all’articolo 281-sexies del codice di procedura civile, quindi invitando le parti alla precisazione delle conclusioni e alla discussione immediata orale della causa, con contestuale pronuncia della sentenza a verbale;

4) nel caso di processi a struttura bifasica, ad esempio l’opposizione all’ingiunzione, consente alle parti di argomentare sulle istanze ex articoli 648 e 649 del codice di procedura civile con ampiezza di argomenti, senza aggiungere – come accade nella prassi – anche una o due memorie difensive per discutere della provvisoria esecutività del decreto opposto e poi cadere nel vortice delle memorie ex articolo 183, sesto comma, del medesimo codice;

dal lato del giudice:

1) consente di trovare assestato definitivamente per la prima udienza – salva rimessione in termini, ovviamente, o sanatoria di vizi processuali o di presupposti processuali carenti – il materiale assertivo e istruttorio dell’intera causa;

2) permette, quindi, di poter esercitare, tra gli altri, i poteri previsti dagli articoli 182 e 164 del codice di procedura civile, 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, 221 e seguenti, 273 e 274 del codice di procedura civile, riducendo al minimo, quindi, il rischio che la causa proceda verso una sentenza di contenuto meramente processuale;

3) permette di esercitare il potere-dovere di cui all’articolo 101, secondo comma, del codice di procedura civile;

4) consente di tentare la conciliazione fra le parti o di formulare la proposta conciliativa ex articolo 185-bis del codice di procedura civile (così, peraltro, bloccando inesorabilmente il triennio rilevante ai fini risarcitori in base alla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta « legge Pinto »), con evidente risparmio per le casse dello Stato) e di interrogare liberamente le parti, sempre conoscendo esattamente i termini della causa;

5) permette di esercitare nella stessa prima udienza la valutazione di ammissibilità e rilevanza delle prove costituende richieste dalle parti e finanche, nei casi più semplici, di avviare la causa alla decisione immediata;

6) consente di eliminare, quasi con un tratto di penna, l’udienza ex articolo 184 del codice di procedura civile, che, tra l’altro, spesso non vede la pronuncia sulle prove da parte del giudice ma una riserva di provvedimento, con ulteriore dilatazione dei tempi.

L’accelerazione, nel pieno rispetto di tutti i principi del processo è evidente e sostanzialmente certa, a meno di errori procedurali.

Ciò posto, va peraltro anche evidenziato che il nuovo articolo 183 proposto dalla commissione Vaccarella ripete, dopo lo scambio degli atti introduttivi, lo schema della prima memoria per entrambe le parti e quindi una seconda memoria in replica. Il contenuto è quello ben noto derivante dall’applicazione del nodo di dipendenza degli atti processuali: tutto ciò che, in linea assertiva (domande, eccezioni, contestazioni e mere allegazioni di fatti principali) e istruttoria (prove precostituite o costituende) è diretta conseguenza di quanto contrapposto nell’atto precedente dall’avversario.

In realtà il sistema della prima memoria ex articolo 183, sesto comma, numero 1), del codice di procedura civile è irrazionale: è ben difficile che il convenuto, il quale, onerato delle note decadenze, costituito nei termini allegando quanto necessario in punto assertivo come istruttorio, abbia altro di principale (nel senso di esercizio di poteri primari quali domande, eccezioni o allegazioni di fatti principali) da dire nella prima memoria; quindi la prima memoria è per definizione di pertinenza esclusiva dell’attore, che deve replicare alla costituzione del convenuto.

Si propone allora di apportare una variante basata su una prassi largamente e proficuamente utilizzata nell’esperienza processuale, quella delle memorie con termini diversificati per le parti a seconda di chi sia il primo a dover rispondere al precedente atto della parte avversaria.

La prima memoria sarebbe, dunque, di sola pertinenza dell’attore, a cui poi farebbe seguito la replica del convenuto.

L’udienza di precisazione delle conclusioni

La necessità di far precedere il momento orale da quello scritto si pone anche nella fase successiva, e cioè nella fase in cui vengono precisate le conclusioni e la causa viene rimessa in decisione.

Nell’attuale regime, all’udienza di precisazione delle conclusioni, il giudice, se richiesto, deve concedere il termine di sessanta giorni per le comparse conclusionali e il successivo termine di venti giorni per le memorie di replica. Si determina quindi un’ulteriore perdita di prezioso tempo processuale.

Si propone quindi di invertire, anche con riguardo a questa fase del processo, la sequenza procedimentale attualmente in vigore, prevedendo lo scambio delle memorie conclusionali prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni. In quest’udienza, dunque, si avrebbe l’ultimo contatto tra gli avvocati e il giudice, e quest’ultimo sarebbe in condizione di decidere immediatamente, eventualmente anche in via contestuale per le cause più semplici.

  • Le Impugnazioni

L’appello

Obiettivo della riforma con riguardo al giudizio di appello.

Individuate le criticità, è evidente che la riforma deve tendere al potenziamento di una linea evolutiva già presente nell’attuale ordinamento, quella volta a realizzare un giudizio di appello strutturato in forma impugnatoria.

Tale giudizio di appello non dovrebbe far ripartire da capo il processo, ma essere finalizzato a correggere gli errori eventualmente commessi dal giudice di primo grado e a concludere il processo (evitandone quanto più possibile la rimessione al giudice di primo grado). Il giudizio di appello servirebbe dunque da cerniera tra l’accertamento dei fatti (demandato al giudice di primo grado) e il controllo di legittimità (demandato in ultima istanza alla Corte di cassazione), consentendo di acquisire le prove illegittimamente non ammesse dal giudice di primo grado, di superare il suo illegittimo diniego di competenza ovvero la nullità dell’atto introduttivo, di rinnovare gli atti processuali nulli.

I princìpi ispiratori

La riforma del giudizio di appello deve ispirarsi ai principi di seguito illustrati:

  1. rafforzamento del carattere di impugnazione a critica vincolata fondata sui seguenti motivi:
  2. violazione di una norma di diritto sostanziale o processuale;
  3. errore manifesto di valutazione dei fatti;
  4. definitiva conferma del principio per cui, a pena di inammissibilità del gravame, l’appellante deve indicare nell’atto introduttivo i capi della sentenza che impugna e illustrare le modificazioni che richiede di apportarvi in conseguenza della violazione della legge ovvero dell’errore manifesto che egli imputa al giudice di primo grado;
  5. rafforzamento del divieto di nova, prevedendo non solo che non è consentito all’appellante di proporre nuove domande, nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova (in conformità a quanto già disposto dall’attuale formulazione dell’articolo 345 del codice di procedura civile), ma che gli è precluso anche solo di introdurre nuove ragioni o deduzioni in diritto per dimostrare la fondatezza giuridica delle domande e delle eccezioni precedentemente proposte, che non siano già state sottoposte al giudice di primo grado.

Il giudizio per cassazione

Revisione della disciplina del giudizio camerale

Si manifesta l’utilità di lavorare sull’attuale struttura dell’articolo 380-bis del codice di procedura civile ritornando allo schema classico dell’udienza in camera di consiglio, anche tenendo conto della felice esperienza svolta in questa direzione dalla Corte di cassazione penale.

  • Il Processo di Esecuzione

La proposta normativa di delega è completata da interventi sul processo esecutivo, ispirati ai medesimi principi di semplificazione e di efficacia del titolo esecutivo. In particolare vengono dettati principi per la semplificazione del rito dei procedimenti cognitivi funzionalmente correlati al processo esecutivo, attraverso l’assoggettamento delle opposizioni esecutive al rito sommario di cognizione di cui agli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile; nonché per l’ampliamento e la generalizzazione dell’ambito di applicazione dell’istituto delle misure coercitive indirette di cui all’articolo 614bis del codice di procedura civile, mediante la previsione della possibilità, per la parte vittoriosa, di chiedere al giudice la fissazione della somma dovuta dalla parte soccombente, a causa della mancata o ritardata esecuzione dell’ordine giudiziale, in presenza di qualunque provvedimento di condanna, a prescindere dalla natura fungibile o infungibile dell’obbligazione a cui esso si riferisce.

  • I Procedimenti Speciali

Completa la delega l’introduzione di principi in materia di arbitrato, nel senso del potenziamento dell’istituto dell’arbitrato, mediante l’eventuale estensione del meccanismo della translatio iudicii ai rapporti tra processo e arbitrato e attraverso la razionalizzazione della disciplina dell’impugnativa del lodo arbitrale. Viene quindi proposta, in chiave di ulteriore semplificazione, la riduzione dei riti speciali, mediante omogeneizzazione di termini e atti introduttivi e uniformità dei modelli di scambio degli scritti difensivi.

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Procedure concorsuali. Pubblicato lo schema del d.d.l delega

Procedure concorsuali. Pubblicato lo schema del d.d.l delega

La Commissione ministeriale presieduta dal dott. Renato Rordorf, ed istituita dal Ministro della Giustizia con Decreto 28 gennaio 2015, ha predisposto lo Schema di disegno di legge delega recante “Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza”.

ART. 1 – (Delega)

1.1. Il Governo è delegato ad emanare entro …. giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui ai seguenti articoli, uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, e della disciplina sulla composizione della crisi da sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, e successive modificazioni, per il riordino dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e delle misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni, nonché per la revisione del sistema dei privilegi e delle garanzie.

1.2. Nell’esercizio della delega il Governo tiene conto della normativa dell’Unione europea, ed in particolare del Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure di insolvenza, oltre che della Raccomandazione della Commissione n. 2014/135/UE, nonché dei principi della Model Law elaborati in materia di insolvenza dall’Uncitral, e provvede altresì a curare il coordinamento con le disposizioni vigenti, anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme non direttamente investite dai principi di delega, in modo da renderle ad essi conformi.

1.3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della Giustizia e, quanto al riordino dell’amministrazione delle grandi imprese in crisi, anche del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze e con il Ministro del Lavoro, e successivamente trasmessi al Parlamento, entro il sessantesimo giorno antecedente il termine per l’esercizio della delega, per l’espressione dei pareri delle rispettive Commissioni competenti per materia e per gli aspetti finanziari, entro il termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale i decreti possono essere in ogni caso adottati. Il termine per l’esercizio della delega è prorogato di sessanta giorni quando le Commissioni parlamentari sono chiamate ad esprimere il parere nei trenta giorni antecedenti al suo spirare.

ART. 2 – (Principi generali)

2.1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo provvede a riformare in modo organico le procedure concorsuali attenendosi ai seguenti criteri direttivi:

a) sostituire il termine “fallimento”, e suoi derivati, con espressioni equivalenti, quali “insolvenza” o “liquidazione giudiziale”, adeguando dal punto di vista lessicale anche le relative disposizioni penali, ferma restando la continuità delle fattispecie criminose;

b) eliminare l’ipotesi del fallimento d’ufficio di cui all’articolo 3, primo comma, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;

c) introdurre una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, distinta dalla nozione di insolvenza di cui all’attuale articolo 5 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

d) adottare un unico modello processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, ispirato al vigente articolo 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, caratterizzato da particolare celerità anche in fase di reclamo, introducendo la legittimazione ad agire anche dei soggetti con funzioni di controllo sull’impresa, ammettendo l’iniziativa del pubblico ministero in ogni caso in cui egli abbia notizia dell’esistenza di uno stato di insolvenza, specificando la disciplina delle misure cautelari, con attribuzione della relativa competenza anche alla corte d’appello ed armonizzando il regime delle impugnazioni, con particolare riguardo all’efficacia delle pronunce rese avverso i provvedimenti di apertura della procedura di liquidazione giudiziale, ovvero di omologa del concordato;

e) assoggettare al procedimento di accertamento dello stato di crisi o di insolvenza ogni categoria di debitore, sia esso persona fisica o giuridica, ente collettivo, consumatore, professionista o imprenditore esercente un’attività commerciale, industriale, agricola o artigianale, con esclusione dei soli enti pubblici, disciplinandone distintamente i diversi esiti possibili, con riguardo all’apertura di procedure di regolazione concordata o coattiva, conservativa o liquidatoria, tenendo conto delle relative peculiarità soggettive ed oggettive, ed in particolare assimilando il trattamento dell’imprenditore che dimostri di rivestire un profilo dimensionale inferiore a parametri predeterminati, in linea con il vigente articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, a quello riservato a debitori civili, professionisti e consumatori, di cui al successivo articolo 9;

f) recepire, ai fini della disciplina della competenza territoriale, la nozione europea di “centro degli interessi principali del debitore” (COMI);

g) dare priorità di trattazione, salvi casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche per il tramite di un diverso imprenditore, e riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non venga proposta una soluzione alternativa adeguata;

h) uniformare e semplificare, in raccordo con il processo civile telematico, la disciplina dei diversi riti speciali previsti dalle disposizioni in materia concorsuale;

i) ridurre la durata ed i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, ivi comprese quelle riguardanti i compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l’attivo delle procedure;

j) riformulare le disposizioni che hanno originato contrasti interpretativi, al fine di favorirne il superamento, in coerenza con i principi espressi dalla presente legge delega;

k) assicurare la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale, con adeguamento degli organici degli uffici giudiziari la cui competenza risulti ampliata: i) attribuendo ai tribunali sede delle sezioni specializzate in materia di impresa la competenza sulle procedure concorsuali, e sulle cause che da esse derivano, relative alle imprese in amministrazione straordinaria ed ai gruppi di imprese di rilevante dimensione; ii) mantenendo invariati i vigenti criteri di attribuzione della competenza per le procedure di crisi o insolvenza del consumatore, del professionista e dell’imprenditore in possesso del profilo dimensionale ridotto di cui alla lettera e); iii) individuando tra i tribunali esistenti, sulla base di parametri quantitativi, quali piante organiche, flussi delle procedure concorsuali e numero di imprese iscritte nel registro delle imprese, quelli competenti alla trattazione delle procedure concorsuali relative alle restanti imprese;

l) istituire presso il Ministero della giustizia un albo dei soggetti destinati a svolgere, su incarico del tribunale, funzioni di gestione o di controllo nell’ambito delle procedure concorsuali, con indicazione dei requisiti di professionalità, indipendenza ed esperienza richiesti per l’iscrizione;

m) armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con le forme di tutela dell’occupazione e del reddito dei lavoratori che trovano fondamento nella Carta sociale europea e nelle Direttive 1980/987/CE e 2002/74/CE, nonché nella Direttiva 2001/23/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia;

n) dettare una disciplina transitoria che contempli un congruo termine per l’entrata in vigore delle nuove norme, prevedendone l’applicabilità a tutti i procedimenti introdotti successivamente, in qualsiasi forma.

ART. 3 –  (Gruppi di imprese)

3.1. La crisi e l’insolvenza dei gruppi di imprese vanno specificamente disciplinate prevedendo:

a) una definizione di gruppo di imprese modellata sulla nozione di direzione e coordinamento di cui agli articoli 2497 e seguenti, nonché 2545-septies, del codice civile, corredata dalla presunzione semplice di assoggettamento a direzione e coordinamento in presenza di un rapporto di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile;

b) specifici obblighi dichiarativi, nonché il deposito del bilancio consolidato di gruppo, ove redatto, a carico delle imprese appartenenti ad un gruppo, a scopo di informazione sui legami di gruppo esistenti, in vista del loro assoggettamento a procedure concorsuali;

c) il potere dell’organo di gestione della procedura di richiedere alla Consob, o a qualsiasi altra pubblica autorità, informazioni utili ad accertare l’esistenza di collegamenti di gruppo, nonché di richiedere alle società fiduciarie le generalità degli effettivi titolari di diritti sulle azioni o sulle quote ad esse intestate;

d) la facoltà per le imprese del gruppo in crisi o insolventi sottoposte alla giurisdizione dello Stato italiano di proporre con un unico ricorso domanda di omologazione di un accordo unitario di ristrutturazione dei debiti, o di ammissione al concordato preventivo, o di liquidazione giudiziale, ferma restando in ogni caso l’autonomia delle rispettive masse attive e passive, con predeterminazione del criterio attributivo della competenza, ai fini della gestione unitaria delle rispettive procedure concorsuali, ove le imprese abbiano la propria sede in circoscrizioni giudiziarie diverse;

e) obblighi reciproci di informazione e di collaborazione fra gli organi di gestione delle diverse procedure, nel caso in cui le imprese insolventi del gruppo siano soggette a separate procedure concorsuali, in Italia o all’estero;

f) la postergazione del rimborso dei crediti di società o imprese appartenenti allo stesso gruppo, in presenza dei presupposti di cui all’articolo 2467 del codice civile, salve deroghe dirette a favorire l’erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo ovvero di accordo di ristrutturazione dei debiti.

3.2.  Nell’ipotesi di gestione unitaria della procedura di concordato preventivo di gruppo devono essere previsti:

a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico commissario giudiziale ed il deposito di un unico fondo per le spese di giustizia;

b) la contemporanea e separata votazione dei creditori di ciascuna impresa;

c) l’esclusione dal voto dei soggetti appartenenti al gruppo che siano titolari di crediti nei confronti delle altre imprese assoggettate alla procedura;

d) gli effetti dell’eventuale annullamento o risoluzione della proposta unitaria omologata;

e) i criteri per la formulazione del piano unitario di risoluzione della crisi del gruppo, eventualmente attraverso operazioni contrattuali e riorganizzative infragruppo funzionali alla continuità aziendale e al miglior soddisfacimento dei creditori, fatta salva la tutela endoconcorsuale per i soci ed i creditori delle singole imprese, nonché per ogni altro controinteressato.

3.3.  Nell’ipotesi di gestione unitaria della procedura di liquidazione giudiziale di gruppo devono essere previsti:

a) la nomina di un unico giudice delegato e di un unico curatore, ma di distinti comitati dei creditori, per ciascuna impresa del gruppo;

b) un criterio di ripartizione proporzionale dei costi della procedura fra le singole imprese del gruppo;

c) l’attribuzione al curatore, anche nei confronti di imprese non insolventi del gruppo, del potere di: i) azionare rimedi contro operazioni antecedenti l’accertamento dello stato di insolvenza e dirette a spostare risorse ad altra impresa del gruppo, in danno dei creditori; ii) esercitare le azioni di responsabilità di cui all’articolo 2497 del codice civile; iii) promuovere la denuncia di gravi irregolarità gestionali nei confronti degli organi di amministrazione delle società del gruppo non assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale; iv) nel caso in cui ravvisi l’insolvenza di imprese del gruppo non ancora assoggettate alla procedura di liquidazione giudiziale, segnalare tale circostanza agli organi di amministrazione e di controllo ovvero promuovere direttamente l’accertamento dello stato di insolvenza di dette imprese;

d) la disciplina di eventuali proposte di concordato liquidatorio giudiziale, in conformità alla previsione dell’articolo 7, comma 9, lettera d).

ART. 4 –  (Procedure di allerta e composizione assistita della crisi)

4.1. Debbono essere introdotte procedure di allerta e composizione assistita della crisi, di natura non giudiziale e confidenziale, finalizzate ad incentivare l’emersione anticipata della crisi e ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori:

a) attribuendo la competenza ad apposita sezione specializzata degli organismi di composizione della crisi, previsti dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3, e dal decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, con opportuni adattamenti ed, in particolare, richiedendo il possesso, da parte dei suoi componenti, di requisiti di competenza tecnica, esperienza e indipendenza, anche rispetto a situazioni di conflitto d’interessi, nonché l’osservanza dell’obbligo di riservatezza;

b) ponendo a carico degli organi di controllo societari e del revisore legale l’obbligo di avvisare immediatamente l’organo amministrativo della società dell’esistenza di fondati indizi della crisi e, in caso di omessa o inadeguata risposta, di informare direttamente il competente organismo di composizione della crisi;

c) imponendo a creditori qualificati, come l’agenzia delle entrate, gli agenti della riscossione delle imposte e gli enti previdenziali, l’obbligo, soggetto a responsabilità dirigenziale, di segnalare immediatamente all’imprenditore, o agli organi di amministrazione e controllo della società, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante, coordinando detti obblighi con quelli di informazione e vigilanza spettanti alla Consob;

d) stabilendo che l’organismo di composizione della crisi, a seguito delle segnalazioni ricevute o su istanza del debitore, convochi immediatamente, in via riservata e sotto il vincolo del segreto professionale, anche, occorrendo, in deroga all’art. 331 del codice di procedura penale quanto ai reati inerenti all’esercizio dell’impresa, il debitore medesimo nonché, ove si tratti di società dotata di organi di controllo, anche questi ultimi, al fine di individuare nel più breve tempo possibile, previa verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria in essere, le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi;

e) prevedendo che l’organismo di composizione della crisi, su istanza del debitore, anche all’esito dell’audizione di cui alla lettera precedente, affidi ad un soggetto scelto tra persone di adeguata professionalità nella gestione della crisi d’impresa, iscritto presso l’organismo stesso, l’incarico di favorire una soluzione concordata della crisi tra debitore e creditori, entro un congruo termine, prorogabile solo a fronte di positivi riscontri delle trattative, precisando altresì le condizioni in base alle quali gli atti istruttori della procedura possono essere utilizzati nell’eventuale fase giudiziale;

f) consentendo al debitore di chiedere al giudice l’adozione, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, delle misure protettive necessarie per condurre a termine le trattative in corso, disciplinandone durata, effetti, regime pubblicitario, competenza ad emetterle e revocabilità, anche d’ufficio in caso di atti in frode ai creditori, e con il venir meno in tal caso del carattere di riservatezza di cui alla lettera d);

g) prevedendo misure premiali per l’imprenditore che ricorra tempestivamente alla procedura e ne favorisca l’esito positivo, e misure sanzionatorie per l’imprenditore che ingiustificatamente la ostacoli o non vi ricorra, pur in presenza dei relativi presupposti, ivi compresa l’introduzione di un’ulteriore fattispecie di bancarotta semplice ai sensi degli articoli 217 e 224 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

ART. 5 – (Accordi di ristrutturazione dei debiti e piani attestati di risanamento)

5.1. La disciplina dei piani attestati di risanamento, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e delle convenzioni di moratoria va integrata:

a) consentendo al debitore, il quale nell’ambito di soluzioni non esclusivamente liquidatorie concluda l’accordo di ristrutturazione ovvero una convenzione di moratoria con creditori, anche diversi da banche e intermediari finanziari, rappresentanti almeno il settantacinque per cento dei crediti di una o più categorie giuridicamente ed economicamente omogenee, di chiederne l’omologazione, con estensione degli effetti ai creditori della medesima categoria non aderenti, purché adeguatamente informati e messi in condizione di partecipare alle trattative, fatta salva la loro facoltà di opporsi all’omologazione in caso di frode, non veridicità o incompletezza dei dati aziendali, inattuabilità dell’accordo ovvero praticabilità di soluzioni alternative più soddisfacenti;

b) eliminando o riducendo la soglia del sessanta per cento dei crediti prevista nell’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ove il debitore non proponga la moratoria del pagamento dei creditori estranei, di cui al primo comma di detto articolo, né richieda le misure protettive previste nel sesto comma;

c) assimilando la disciplina delle misure protettive degli accordi di ristrutturazione dei debiti a quella prevista per la procedura di concordato preventivo, nei limiti di compatibilità;

d) estendendo gli effetti dell’accordo ai soci illimitatamente responsabili, alle medesime condizioni previste dalla disciplina del concordato preventivo;

e) prevedendo che il piano attestato abbia forma scritta, data certa e contenuti analitici;

f) imponendo la rinnovazione delle prescritte attestazioni nel caso di successive modifiche, non marginali, dell’accordo o del piano.

ART. 6 – (Procedura di concordato preventivo)

6.1.  La disciplina della procedura di concordato preventivo va riordinata prevedendo:

a) l’ammissibilità di proposte esclusivamente liquidatorie solo in caso di apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori;

b) la legittimazione del terzo a promuovere il procedimento nei confronti del debitore che versi in stato di insolvenza, nel rispetto del principio del contraddittorio e con adozione di adeguati strumenti di tutela del debitore medesimo, nonchè di misure dirette a prevenire condotte abusive;

c) i casi nei quali è obbligatoria la formazione delle classi;

d) la revisione della disciplina delle misure protettive concernenti i beni appartenenti al debitore o comunque afferenti all’impresa da lui gestita, con particolare riguardo alla loro durata ed ai relativi effetti, prevedendone la revocabilità, su ricorso degli interessati, ove non arrechino beneficio al buon esito della procedura;

e) la fissazione delle modalità di accertamento della veridicità dei dati aziendali e di verifica della fattibilità del piano, nonché la determinazione dell’entità massima dei compensi spettanti ai professionisti incaricati dal debitore, da commisurarsi proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura;

f) l’esplicitazione dei poteri del tribunale, con particolare riguardo: i) alla valutazione della fattibilità del piano, tenuto conto della specifica utilità indicata nella proposta ed alla luce dei criteri desumibili da consolidati orientamenti del giudice di legittimità; ii) alla verifica sulla correttezza dei criteri di formazione delle classi;

g) la soppressione dell’adunanza dei creditori, con la previsione che le relative attività siano svolte in via telematica, nel rispetto del principio del contraddittorio, favorendo la partecipazione e la responsabilizzazione dei creditori;

h) l’adozione di un sistema di calcolo delle maggioranze anche “per teste”, nell’ipotesi in cui un solo creditore sia titolare di crediti pari o superiori alla maggioranza di quelli ammessi al voto, disciplinando le situazioni di conflitto d’interesse, anche in caso di proposte presentate da terzi;

i) la regolazione del diritto di voto dei creditori con diritto di prelazione il cui pagamento sia dilazionato, nonché dei creditori soddisfatti con utilità diverse dal denaro;

j) l’integrazione della disciplina dei provvedimenti che riguardano i rapporti pendenti, con particolare riferimento: ai presupposti della loro sospensione e, dopo la presentazione del piano, anche dello scioglimento; al procedimento ed al ruolo del commissario giudiziale; agli effetti dei provvedimenti, in relazione agli esiti possibili della procedura, nonché alla loro decorrenza e durata nell’ipotesi di sospensione; alla competenza per la determinazione dell’indennizzo in favore del terzo ed ai relativi criteri di quantificazione;

k) una più dettagliata disciplina della fase di esecuzione del piano, anche con riguardo agli effetti purgativi ed alla deroga alla solidarietà passiva di cui all’articolo 2560 del codice civile, con possibilità per il tribunale di affidare eventualmente ad un terzo il compito di porre in essere gli atti necessari all’attuazione della proposta concordataria e con previsione delle modalità di cessazione del controllo giudiziale;

l) il riordino della disciplina della revoca, dell’annullamento e della risoluzione del concordato preventivo, prevedendo i casi di esdebitazione del debitore in ipotesi di inadempimento del terzo, nonché la legittimazione del commissario giudiziale a chiedere la risoluzione del concordato in ipotesi di sopravvenuta impossibilità di esecuzione del piano;

m) il riordino e la semplificazione delle varie tipologie di finanziamento alle imprese in crisi, riconoscendo stabilità alla prededuzione nel caso di successiva liquidazione giudiziale o amministrazione straordinaria, salvi i casi di frode;

n) la disciplina del trattamento del credito da imposta sul valore aggiunto nel concordato preventivo privo di transazione fiscale, tenendo conto anche delle pronunce della Corte di Giustizia U.E.

6.2.  Nel caso di procedura riguardante società, va introdotta una apposita disciplina diretta a:

a) stabilire i presupposti  per  l’estensione  degli  effetti  esdebitatori  ai  soci illimitatamente responsabili anche se garanti della società, con eventuale distinzione tra garanzie personali e reali;

b) esplicitare presupposti, legittimazione   ed   effetti  dell’azione sociale di responsabilità e   dell’azione   dei   creditori sociali,   in conformità   ai principi   dettati dal codice civile;

c) imporre agli organi della società il dovere di dare tempestiva attuazione alla proposta omologata, stabilendo che, in caso di comportamenti dilatori od ostruzionistici, l’attuazione possa essere affidata ad un amministratore provvisorio, nominato dal tribunale, dotato dei poteri spettanti all’assemblea ovvero del potere di sostituirsi ai soci nell’esercizio del voto in assemblea, con adeguati strumenti d’informazione e di tutela endoconcorsuale dei soci;

d) prevedere che, in caso di operazioni di trasformazione, fusione o scissione poste in essere nel corso della procedura: i) l’opposizione dei creditori possa essere proposta solo in sede di controllo giudiziale sulla legittimità della domanda concordataria; ii) gli effetti delle operazioni siano irreversibili, anche in caso di risoluzione o annullamento del concordato, salvo il diritto al risarcimento dei soci o terzi danneggiati, a norma degli articoli 2500-bis e 2504-quater del codice civile; iii) non spetti ai soci il diritto di recesso in conseguenza di operazioni incidenti sull’organizzazione o sulla struttura finanziaria della società.

ART. 7 –  (Procedura di liquidazione giudiziale) 

7.1. Nell’esercizio  della delega  il Governo adotta misure dirette a rendere più efficace la funzione  del  curatore:  i)  integrando la disciplina sulle incompatibilità tra gli incarichi assunti nel succedersi delle procedure;  ii)  definendo i poteri di accertamento ed accesso a pubbliche amministrazioni e banche dati, per assicurare l’effettività dell’apprensione dell’attivo, anche responsabilizzando il debitore;  iii)  specificando il contenuto minimo del programma di liquidazione;  iv)  chiarendo l’ambito dei poteri giudiziali di cui all’articolo 108, secondo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267,  in ipotesi di subentro del curatore  nel contratto preliminare di vendita;  v)  attribuendo al curatore, previa acquisizione delle prescritte autorizzazioni, i poteri per il compimento degli atti e delle operazioni riguardanti l’organizzazione e la struttura finanziaria della società, previsti nel programma di liquidazione,  assicurando un’adeguata e tempestiva informazione dei soci e dei creditori della società, nonché idonei strumenti di tutela endoconcorsuale degli stessi e dei terzi interessati.

7.2. Al fine di  semplificare  la gestione delle procedure meno complesse,  le funzioni del comitato dei creditori  possono essere sostituite con forme di consultazione telematica dei creditori, anche nella modalità del silenzio-assenso.

7.3. La procedura di liquidazione giudiziale va potenziata mediante l’adozione di misure dirette a:

a) escludere l’operatività di   esecuzioni speciali   e   privilegi   processuali, anche fondiari;

b) far decorrere il periodo sospetto per le  azioni di inefficacia  e  revocatoria,  a ritroso, dal deposito della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale, fermo restando  il disposto di cui al vigente articolo 69-bis, secondo comma,  del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

7.4. Ai  fini dell’esercizio  delle  azioni  di  responsabilità,  va  disciplinata la  legittimazione del curatore  a   promuovere  o  proseguire:  i)  per  le società di capitali  e le società cooperative, l’azione   sociale  di  responsabilità  e l’azione  dei  creditori sociali  prevista  dall’art. 2394 del codice civile, l’azione prevista dall’art. 2476, settimo comma, del codice civile, nonché le azioni di responsabilità contemplate da specifiche disposizioni di legge; ii) l’azione sociale di responsabilità e l’azione dei creditori sociali prevista dall’art. 2394 del codice civile, in caso di violazione delle regole di separatezza fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio della società medesima; iii) per le società di persone, l’azione sociale di responsabilità nei confronti del socio amministratore cui non sia stata personalmente estesa la procedura di liquidazione giudiziale.

7.5. La disciplina dei rapporti giuridici pendenti va integrata: i) limitando la prededuzione, in ogni caso di prosecuzione o subentro del curatore, ivi compreso l’esercizio provvisorio e salvo diversa previsione normativa, ai soli crediti maturati in corso di procedura; ii) prevedendo lo scioglimento dei contratti caratterizzati da intuitus personae in difetto del consenso della controparte alla prosecuzione; iii) dettando un’autonoma regolamentazione del contratto preliminare, anche in relazione alla disciplina degli immobili da costruire.

7.6. Gli effetti della procedura sui rapporti di lavoro subordinato debbono essere coordinati con la vigente legislazione lavoristica, sia sostanziale che processuale, quanto a licenziamento, forme assicurative e di integrazione salariale, trattamento di fine rapporto e modalità di insinuazione al passivo.

7.7. Il sistema di accertamento del passivo va improntato a criteri di maggiore rapidità, snellezza e concentrazione, adottando misure dirette a:

a) prevedere un unico e più ampio termine per l’inoltro telematico delle domande tempestive di tutti i creditori ed i terzi, compresi quelli residenti all’estero, ammettendo la presentazione di domande tardive solo se l’istante provi che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile, fissando in tal caso un termine dalla cessazione dell’impedimento;

b) escludere nella fase monocratica la necessità del patrocinio di un difensore legalmente esercente, prevedendo nella fase di impugnazione una disciplina delle spese che tenga conto dell’eventuale ritardo delle allegazioni probatorie;

c) assicurare stabilità alle decisioni sui diritti reali immobiliari;

d) attrarre in sede concorsuale l’accertamento di ogni credito opposto in compensazione ai sensi dell’attuale articolo 56 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267;

e) chiarire le modalità di verifica dei diritti vantati su beni del debitore che sia costituito terzo datore di ipoteca;

f) adeguare i criteri civilistici di computo degli interessi alle modalità di liquidazione dell’attivo di cui al seguente comma 8;

7.8.  L’obiettivo della massima trasparenza ed efficienza nelle operazioni di liquidazione dell’attivo della procedura va perseguito:

a) introducendo sistemi informativi e di vigilanza della gestione liquidatoria, caratterizzati da trasparenza, pubblicità ed obblighi di rendicontazione;

b) garantendo la competitività delle operazioni di liquidazione nell’ambito del mercato unitario telematico nazionale delle vendite, caratterizzato: i) dalla presenza di un ente che certifichi la ragionevole probabilità di soddisfazione dei crediti insinuati al passivo di ciascuna procedura aderente al sistema; ii) dalla presenza di un operatore del sistema di regolamento e compensazione; iii) dal riconoscimento, ai creditori che ne facciano richiesta, di un titolo che li abiliti a partecipare alle vendite dei beni in misura proporzionale alla probabilità di soddisfazione del loro credito, certificata dall’ente sopra menzionato; iv) dalla presenza di uno o più fondi per la gestione dei beni invenduti.

7.9.  Nell’ambito delle misure dirette ad accelerare la chiusura della procedura occorre:

a) affidare la fase di riparto al curatore, salva la facoltà degli interessati di proporre opposizione, ricorrendo al giudice;

b) integrare la disciplina della chiusura della procedura in pendenza di procedimenti giudiziari specificando che essa concerne tutti i processi nei quali è parte il curatore e definendone presupposti, condizioni ed effetti in rapporto alla loro diversa tipologia ed alla eventuale natura societaria del debitore;

c) prevedere che, alla chiusura della procedura relativa a società di capitali, nei casi di cui ai numeri 1) e 2) del vigente articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il curatore convochi l’assemblea ordinaria dei soci per le deliberazioni necessarie ai fini della ripresa dell’attività o della sua cessazione, ovvero per la trattazione di argomenti sollecitati, con richiesta scritta, da un numero di soci che rappresenti una percentuale significativa del capitale sociale;

d) disciplinare ed incentivare le proposte di concordato liquidatorio giudiziale da parte di creditori e di terzi, nonché dello stesso debitore, ove questi non abbia già fatto ricorso alla procedura di concordato preventivo ed apporti risorse che incrementino in modo apprezzabile l’attivo.

ART. 8 –  (Esdebitazione) 

8.1. La disciplina della procedura di esdebitazione all’esito della procedura di liquidazione giudiziale va integrata prevedendo:

a) la possibilità per il debitore di presentare domanda di esdebitazione subito dopo la chiusura della procedura e, in ogni caso, dopo tre anni dalla sua apertura, al di fuori dei casi di frode o mala fede e purchè abbia collaborato con gli organi della procedura;

b) particolari forme di esdebitazione di diritto riservate alle insolvenze minori, salva la possibilità per i creditori di proporre opposizione dinanzi al tribunale;

c) l’ammissione anche delle società al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti, previo riscontro dei presupposti di meritevolezza in capo agli amministratori e, nel caso di società di persone, in capo ai soci.

ART. 9 –  (Sovraindebitamento) 

9.1. La disciplina del sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3, e successive modificazioni va riordinata e semplificata secondo i seguenti criteri direttivi:

a) specificare le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base ad un criterio di prevalenza delle obbligazioni assunte a diverso titolo, ricomprendendovi le persone fisiche e gli enti non assoggettabili alla procedura di concordato preventivo e liquidazione giudiziale ed individuando criteri di coordinamento nella gestione delle procedure di sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia;

b) disciplinare le soluzioni dirette a promuovere la continuazione dell’attività svolta dal debitore, nonché le modalità della loro eventuale conversione nelle soluzioni liquidatorie, anche ad istanza del debitore, consentendo solo la soluzione liquidatoria, con esclusione dell’esdebitazione, nel caso in cui l’insolvenza derivi da mala fede o frode del debitore;

c) consentire al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, di accedere all’esdebitazione solo per una volta, salvo l’obbligo di pagamento dei debiti entro tre anni, laddove sopravvengano utilità;

d) precludere l’accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda, o che abbiano beneficiato dell’esdebitazione per due volte, ovvero nei casi di frode accertata;

e) introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, revocabili su istanza dei creditori, o anche d’ufficio in presenza di atti in frode dei creditori;

f) riconoscere l’iniziativa per l’apertura delle soluzioni liquidatorie, pure in pendenza di procedure esecutive individuali, anche ai creditori, nonché al pubblico ministero quando l’insolvenza riguardi l’imprenditore;

g) ammettere alla esdebitazione anche le persone giuridiche, su domanda e con procedura semplificata, purché non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o volontario inadempimento del piano o dell’accordo;

h) prevedere misure sanzionatorie, eventualmente di natura endoprocessuale attinenti ai poteri di impugnativa e opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all’aggravamento della situazione di indebitamento;

i) attribuire anche ai creditori ed al pubblico ministero l’iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento.

ART. 10  –  (Privilegi) 

10.1. Nell’esercizio della delega per la revisione del sistema dei privilegi, il Governo provvede a ridurre le ipotesi di privilegio generale e speciale, con particolare riguardo ai privilegi retentivi, eliminando quelle non più attuali né funzionali ad interessi costituzionalmente protetti, ed adeguando in conformità l’ordine delle cause legittime di prelazione.

ART. 11 –  (Garanzie non possessorie) 

Nell’esercizio della delega per la disciplina del sistema delle garanzie reali mobiliari, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) introdurre una forma di garanzia mobiliare senza spossessamento, avente ad oggetto beni, materiali o immateriali, anche futuri, determinati o determinabili, salva la specifica indicazione dell’ammontare massimo garantito, eventualmente anche a garanzia di crediti diversi o ulteriori rispetto a quelli originariamente individuati, disciplinandone i requisiti, ivi compresa la necessità della forma scritta, e le modalità di costituzione, anche mediante iscrizione in apposito registro informatizzato, nonché le regole di opponibilità ai terzi ed il concorso con gli altri creditori muniti di cause di prelazione;

b) regolamentare forme, contenuto, requisiti ed effetti dell’iscrizione nel registro informatizzato, direttamente accessibile per via telematica secondo modalità che salvaguardino la protezione dei dati, al fine di consentire le operazioni di consultazione, iscrizione, annotazione, modifica, rinnovo ed estinzione delle garanzie, nonchè la regolazione del concorso conseguente all’eventualità di plurime annotazioni;

c) stabilire che, salvo diverso accordo tra le parti, il soggetto costituente la garanzia abbia la facoltà di utilizzare, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza e in ogni caso nel rispetto della destinazione economica, i beni oggetto di garanzia, anche nell’esercizio della propria attività economica, estendendosi in tal caso la prelazione dai beni originari a quelli che risulteranno all’esito degli atti di disposizione, senza effetto novativo per la garanzia originariamente concessa, salva la possibilità per il creditore di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso del costituente;

d) consentire al creditore di escutere stragiudizialmente la garanzia anche in deroga al divieto del patto commissorio, a condizione che il valore dei beni sia determinato in maniera oggettiva, e salvo l’obbligo di restituire immediatamente al debitore, o ad altri creditori, l’eventuale eccedenza tra il valore di realizzo o assegnazione e l’importo del credito;

e) prevedere forme di pubblicità e controllo giurisdizionale dell’esecuzione stragiudiziale di cui alla lettera d), regolare i rapporti tra la stessa e le procedure esecutive forzate e concorsuali, adottare misure di protezione del debitore consumatore, nonchè forme di tutela dei terzi che abbiano contrattato con il debitore non spossessato, ovvero acquistato in buona fede diritti sul bene mobile oggetto del pegno, curando in ogni caso il coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni normative vigenti.

ART. 12 –  (Rapporti tra liquidazione giudiziale e misure penali) 

12.1.  Nell’esercizio della delega per il raccordo con le disposizioni contenute nel c.d. codice antimafia, il Governo adotta disposizioni di coordinamento con il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, stabilendo condizioni e criteri di prevalenza, rispetto alla gestione concorsuale, delle misure cautelari adottate in sede penale, anteriormente o successivamente alla dichiarazione di insolvenza.

12.2.  Nell’esercizio della delega per il coordinamento con la disciplina di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ed in particolare con le misure cautelari contemplate dalla disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, il Governo adotta disposizioni dirette a mantenere ferma la prevalenza del regime concorsuale, salvo che ricorrano preminenti ragioni di tutela di interessi di rilevanza penale.

ART. 13  –  (Modifiche al codice civile)

13.1. Nell’esercizio della delega il Governo apporterà al codice civile tutte le modifiche rese necessarie dall’attuazione dei principi e criteri direttivi della presente legge, in particolare prevedendo:

a) l’applicabilità dell’articolo 2394 alla società a responsabilità limitata e l’abrogazione dell’articolo 2394-bis;

b) il dovere dell’imprenditore e degli organi sociali di istituire assetti organizzativi adeguati per la rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi per l’adozione tempestiva di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi ed il recupero della continuità aziendale;

c) l’assoggettamento alla procedura di liquidazione giudiziale come causa di scioglimento delle società di capitali ai sensi dell’articolo 2484;

d) la possibilità di sospensione dell’operatività della causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, n. 4, e di cui all’articolo 2545-duodecies, nonché degli obblighi posti a carico degli organi sociali dagli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, 2482-ter e 2486, in forza delle misure protettive previste nell’ambito delle procedure di allerta e composizione assistita della crisi, degli accordi di ristrutturazione dei debiti e della procedura di concordato preventivo.

ART. 14 –   (Liquidazione coatta amministrativa)

14.1. Nell’esercizio della delega per la riforma della liquidazione coatta amministrativa, il Governo si attiene, conformemente ai principi enunciati nell’articolo 2, ai seguenti criteri direttivi:

a) applicare in via generale la disciplina concorsuale ordinaria anche alle imprese in stato di crisi o di insolvenza attualmente soggette alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, mantenendo fermo il relativo regime speciale solo nei casi previsti: i) dalle leggi speciali in materia di banche ed imprese assimilate, intermediari finanziari, imprese assicurative ed assimilate; ii) dalle leggi speciali in materia di procedimenti amministrativi di competenza delle autorità amministrative di vigilanza, conseguenti all’accertamento di irregolarità ed all’applicazione di sanzioni da parte delle medesime autorità;

b) attribuire alle autorità amministrative di vigilanza le competenze in tema di segnalazione dell’allerta e le funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi nelle procedure di allerta e composizione assistita della crisi di cui all’articolo 4, anche al fine di individuare soluzioni di carattere conservativo, nonché la legittimazione attiva alla domanda di apertura della procedura di liquidazione giudiziale di cui all’articolo 7.

Art. 15 – (Amministrazione straordinaria)

15.1. Riordinare la disciplina delle amministrazioni straordinarie, in conformità ai principi generali di cui all’articolo 2, in modo da:

a) introdurre un’unica procedura di amministrazione straordinaria, con finalità conservativa del patrimonio produttivo, diretta alla regolazione della insolvenza di singole imprese, ovvero, alle condizioni indicate dall’articolo 81 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, di gruppi di imprese, che, in ragione della loro notevole dimensione, assuma un rilievo economico-sociale di carattere generale, anche sotto il profilo della tutela occupazionale;

b) individuare i presupposti di accesso alla procedura, con riguardo all’esistenza congiunta di: i) uno stato di insolvenza; ii) un rilevante profilo dimensionale, da ancorare alla media del volume d’affari degli ultimi tre esercizi; iii) un numero di dipendenti pari ad almeno quattrocento unità per la singola impresa e ad almeno ottocento da calcolarsi cumulativamente, in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese appartenenti al medesimo gruppo; iv) concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali;

c) stabilire che l’intero procedimento si svolga, su domanda del debitore, dei creditori, del Ministro dello sviluppo economico o del pubblico ministero, dinanzi al tribunale sede della sezione specializzata in materia di impresa, all’esito di una istruttoria improntata alla massima celerità, omessa ogni formalità non essenziale al rispetto del contraddittorio e del diritto di difesa, conformemente ai principi di cui all’articolo 2, lett. d);

d) disciplinare l’operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo, a far tempo dalla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accertamento dei presupposti per l’ammissione alla procedura;

e) prevedere che il tribunale, accertati i presupposti di cui ai punti i), ii) e iii) della lettera b), disponga l’apertura della procedura per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, nominando un giudice delegato e conferendo ad un professionista, iscritto nell’istituendo albo dei commissari straordinari, da disciplinare con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con il Ministro della giustizia, l’incarico di attestare, entro un breve termine, la sussistenza dei presupposti per il recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali, alla luce del piano tempestivamente predisposto dal commissario straordinario;

f) stabilire che il Ministro dello sviluppo economico nomini con tempestività il commissario straordinario, ovvero, nei casi di eccezionale complessità, tre commissari straordinari, cui sono attribuite l’amministrazione e la rappresentanza dell’impresa insolvente, individuandoli tra gli iscritti al sopra menzionato albo dei commissari straordinari, da regolamentare con predeterminazione dei requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza, prevedendo che gli stessi possono essere successivamente revocati, per giusta causa, dallo stesso Ministro, anche su istanza motivata del comitato di sorveglianza;

g) prevedere che il tribunale, entro due mesi dal decreto di apertura della procedura per l’ammissione all’amministrazione straordinaria, e previa acquisizione del parere favorevole del Ministro dello sviluppo economico, disponga con decreto l’ammissione del debitore all’amministrazione straordinaria, ove risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali, sulla base dell’attestazione del professionista nominato e del piano predisposto dal commissario straordinario; ovvero, in alternativa, dichiari aperta la procedura di liquidazione giudiziale;

h) prevedere che per le società quotate, le imprese con almeno mille dipendenti ed un volume di affari pari ad un multiplo significativo di quello individuato ai sensi della lettera b), punto ii), nonché le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali per le quali sussistano i presupposti di cui alla lettera b), il Ministro dello sviluppo economico possa direttamente disporre, in via provvisoria, l’ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, con contestuale nomina del commissario straordinario secondo i criteri di cui alla lettera f), e che in tal caso il tribunale, accertata la sussistenza dei presupposti di cui ai punti i), ii) e iii) della lettera b), confermi entro breve termine l’ammissione alla procedura medesima;

i) disciplinare le modalità di nomina, da parte del Ministro dello sviluppo economico e, quanto ai componenti da individuare tra i creditori, da parte del tribunale, del comitato di sorveglianza, nonché la sua composizione ed i relativi poteri, specie con riguardo alla vigilanza sugli interessi dei creditori, sull’attuazione del programma e sulle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico delle attività imprenditoriali;

j) disciplinare le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare: i) la sospensione ovvero lo scioglimento dei contratti pendenti; ii) il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto; iii) l’esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall’imprenditore;

k) definire i contenuti del programma di ristrutturazione sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 4 e 4-bis del vigente decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, nonché della durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali, assicurandone la flessibilità in funzione delle caratteristiche dell’impresa e dei mercati di riferimento;

l) legittimare il commissario straordinario ed il comitato di sorveglianza a presentare al tribunale istanza di conversione dell’amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria, in caso di mancata realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o venir meno delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico; attribuire analoga facoltà ad una percentuale non irrisoria dei creditori, da esercitare non prima di un congruo termine, in modo da garantire la stabilità della procedura, nella fase iniziale, e la effettività della tutela dei creditori;

m) disciplinare l’accesso delle imprese in amministrazione straordinaria al concordato, anche sulla base di proposte concorrenti, in armonia con i criteri direttivi previsti dall’articolo 6;

n) estendere alla procedura di amministrazione straordinaria riguardante i gruppi di imprese i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 3;

o) prevedere, per quanto non altrimenti disciplinato, ed in particolare per quanto attiene all’esecuzione del programma, che trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 270, sostituita al fallimento  la liquidazione giudiziale, e che, entro i limiti consentiti dalla normativa dell’Unione europea, sia tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantire i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria ai sensi dell’articolo 2-bis del decreto legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito in legge 3 aprile 1979, n. 95.

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Jobs Act: in Gazzetta gli ultimi 4 decreti legislativi

Jobs Act: in Gazzetta gli ultimi 4 decreti legislativi

Pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 221 del 23 settembre 2015 i restanti quattro decreti attuativi del Jobs Act. Si completa, così, il percorso previsto dalla legge delega di riordino della normativa riguardante il mondo del lavoro.

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 148
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00160) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 149
Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00161) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 150
Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00162) (Suppl. Ordinario n. 53);

DECRETO LEGISLATIVO 14 settembre 2015, n. 151
Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183. (15G00164) (Suppl. Ordinario n. 53)

Tutti e quattro i decreti entrano in vigore dal giorno della loro pubblicazione, ma saranno necessari altri decreti ministeriali e passaggi amministrativi affinché le riforme previste si completino.

Nel caso degli ammortizzatori sociali, sono di immediata applicazione le nuove aliquote contributive; in materia di semplificazioni si dovranno rispettare da subito le disposizioni relative ai controlli a distanza; le disposizioni riguardanti le politiche attive del lavoro e il riordino dell’attività ispettiva non sono di portata immediata.

Diamo conto qui di seguito delle più significative novità introdotte nell’ordinamento in materia di semplificazioni e servizi per l’impiego.

A) IL DECRETO SULLE “SEMPLIFICAZIONI”

Il decreto si pone l’obiettivo di razionalizzare e semplificare le procedure per le imprese sia sul piano degli adempimenti formali che su quello della gestione del rapporto di lavoro.

• Parecchio rumore ha generato la modifica dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori in materia di controlli a distanza, modifica che si basa sulla previsione di cui all’art. 1, 7° co., lett. f) della legge di delegazione n. 183 del 2014.
La disposizione originaria vietava al datore di lavoro l’adozione di «impianti audiovisivi» e di «altre apparecchiature» che consentissero il controllo a distanza, tranne che fossero richiesti da esigenze organizzative e/o produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro. In tal caso la loro installazione ed il loro impiego doveva essere oggetto di accordo con le R.S.A. (rappresentanze sindacali aziendali) o, in mancanza, con la commissione interna.
Il nuovo testo dell’art. 4 s.l., come sostituito dall’art. 23 del decreto, ribadisce anzitutto che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere installati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale, previo accordo collettivo stipulato dalla r.s.u. o dalle r.s.a.
In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo essi possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del ministero del lavoro.
Come già si riteneva in passato, vale ovviamente nei confronti del provvedimento amministrativo la possibilità di ricorso dapprima amministrativo e successivamente giurisdizionale.
La novità del provvedimento sta però nella circostanza che l’accordo e l’autorizzazione non sono richiesti per gli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle uscite (purché ovviamente non abbiano la funzione di un surrettizio controllo a distanza). Ne deriva che l’affidamento al lavoratore di strumenti oggi molto diffusi, che siano necessari per lo svolgimento dell’attività di lavoro, come gli smartphone o i tablet, non ha bisogno di alcune preventiva autorizzazione amministrativa o di accordo sindacale.
Ma vi è di più e di più rilevante e cioè che le informazioni raccolte attraverso tali ultimi strumenti ben possono essere utilizzate dal datore di lavoro (anche a fini disciplinari), purché venga data al lavoratore adeguata informazione delle loro modalità d’uso e di effettuazione dei controlli e pur sempre nel rispetto della disciplina sulla c.d. privacy (di cui al d.lgs. n. 196 del 2003).

• Anche la materia delle dimissioni del lavoratore, già oggetto di vari interventi legislativi recenti, da ultimo con la legge n. 92 del 2012 (c.d. riforma Monti), ha subito ulteriori aggiustamenti. Si ricorderà che lo scopo del legislatore è quello di accertare la genuinità delle dimissioni rassegnate dal lavoratore, combattendo la prassi delle cc.dd. “dimissioni in bianco”, sottoscritte dal lavoratore al momento dell’assunzione e fatte valere dal datore di lavoro a propria discrezione. La nuova disposizione (art. 26) contiene una più puntuale articolazione della procedura, non mancando peraltro di rinviare ad un decreto del ministro del lavoro che dovrà stabilire i dati di identificazione del rapporto di lavoro da cui si intende recedere o che si intende risolvere, i dati di identificazione del datore di lavoro e del lavoratore, le modalità di trasmissione nonché gli standard tecnici per definire la data certa di trasmissione. In primo luogo fa salve le dimissioni della lavoratrice regolate dall’art. 55, 4° comma 4, del d.lgs. n. 151 del 2001, alle quali dunque non si applica la nuova procedura. Nel merito precisa che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del lavoro, con le modalità individuate dal decreto ministeriale di cui si è detto. Entro sette giorni dalla data di trasmissione del modulo il lavoratore ha la facoltà di revocare le dimissioni e la risoluzione consensuale con le medesime modalità. La trasmissione dei moduli può avvenire anche per il tramite dei patronati e delle organizzazioni sindacali nonché degli enti bilaterali e delle commissioni di certificazione. Inoltre la legge chiarisce che quanto già era enucleabile in via interpretativa e cioè che le dimissioni o la risoluzione consensuale che facciamo corpo con una conciliazione sottoscritta nelle sedi che la rendono inoppugnabile (ex art. 2113 o davanti alle commissioni di certificazione) non hanno bisogno di soggiacere alla procedura confermativa della volontà del lavoratore.
È importante notare che la disciplina descritta non è immediatamente applicabile. Essa infatti troverà applicazione a far data dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di determinazione delle procedure attuative.

• Per quanto concerne il sistema del collocamento una delle semplificazioni consiste nella previsione secondo cui il libro unico del lavoro dal 2017 dovrà essere redatto in forma telematica. Nella stessa logica con l’art. 16 del decreto è stato previsto che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, etc. devono effettuarsi esclusivamente in via telematica. Quanto alle sanzioni per l’omessa comunicazione si è prevista la possibilità di una sorta di sanatoria in caso di omessa denuncia preventiva di assunzione. Infatti a tale situazione – con l’eccezione dell’impiego di lavoratori stranieri o di minori – si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del d.lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Il datore di lavoro può vedere ridotte le sanzioni se procede alla regolarizzazione dei relativi rapporti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al cinquanta per cento dell’orario a tempo pieno), o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi e con il mantenimento in servizio dei lavoratori per almeno tre mesi.

• In relazione alle assunzioni obbligatorie dei disabili il decreto si occupa anzitutto di razionalizzare gli adempimenti relativi all’assunzione obbligatoria dei soggetti protetti, regolata dalla l. n. 68 del 1999. In primo luogo fra i soggetti disabili vengono inseriti anche coloro i quali hanno diritto all’assegno di invalidità, in conseguenza di una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo ed in modo permanente (per difetto fisico o psichico).
Viene inoltre eliminato il regime di gradualità delle assunzioni nei confronti dei datori che occupano fra 15 e 35 dipendenti, prevedendosi, a decorrere dal 2017, che l’obbligo di assunzione di un invalido abbia luogo automaticamente solo in caso di nuova assunzione.
Viene risolto l’annoso problema del computo degli invalidi divenuti tali in corso di rapporto (o comunque in servizio presso l’impresa) con la previsione che vuole che possano essere computati nella quota d’obbligo purché abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o al 45% in caso di invalidità psichica.
La nuova disciplina, pur riconfermando l’obbligo dei datori di lavoro di inviare, con cadenza annuale, un prospetto dal quale risultino il numero complessivo dei lavoratori occupati, il numero ed i nominativi dei lavoratori computabili nella quota ed i posti e le mansioni disponibili per l’assunzione obbligatoria, pone l’avviamento per c.d. “d’ufficio” in secondo piano. Infatti, secondo l’art. 7 della legge del 1999 (come modificato dal d.lgs. in commento), i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici possono assumere i lavoratori mediante richiesta nominativa o mediante la stipula di convenzioni. Viene così generalizzata, come canale d’accesso privilegiato, la richiesta nominativa dei lavoratori che, in passato, era prevista solo in particolari condizioni. Inoltre la richiesta nominativa può essere preceduta da una richiesta all’ufficio di effettuare una preselezione dei disabili iscritti nell’elenco, sulla base delle qualifiche e delle modalità concordate. È quindi solo nel caso in cui l’impresa non si avvalga della richiesta nominativa che scatta l’avviamento d’ufficio (entro sessanta giorni dal momento in cui i datori sono obbligati all’assunzione), secondo l’ordine di graduatoria per la qualifica richiesta o altra specificamente concordata con il datore di lavoro sulla base delle qualifiche disponibili.
Su un piano più generale viene rivisitato il sistema delle incentivazioni, allo scopo di favorire l’assunzione dei disabili gravi.

B) IL DECRETO SUI SERVIZI PER L’IMPIEGO

Il dlgs. n. 150 si occupa del coordinamento dei servizi per l’impiego e delle politiche attive per favorire l’occupazione. Come si ricorderà uno dei pilastri della riforma del sistema del collocamento degli anni novanta è stato il decentramento amministrativo, attuato con il d.lgs. n. 469 del 1997 (a seguito della legge di delegazione 15 marzo 1997, n. 59), che ha conferito alle regioni i compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, nell’ambito di un ruolo generale di indirizzo e coordinamento dello Stato. Il nuovo decreto prefigura un parziale riaccentramento, quanto meno in funzione di un miglior coordinamento fra i vari soggetti operanti nel mercato del lavoro. Il decreto ha pertanto coerentemente e conseguentemente abrogato i decreti legislativi nn. 468 e 469 del 1997. Allo scopo è stata istituita la Rete Nazionale dei servizi per le politiche del lavoro costituita, fra l’altro:
a) dall’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL);
b) dalle strutture regionali per le politiche attive del lavoro di cui all’articolo 11 del decreto;
c) dagli enti previdenziali;
d) dalle agenzie per il lavoro, etc.
In sostanza vengono integrati nel sistema sia soggetti pubblici che soggetti privati.
Il coordinamento dell’attività della Rete è affidato all’ANPAL i cui compiti compiti e le funzioni sono analiticamente descritti nell’art. 9 del decreto. Per garantire livelli essenziali di prestazioni attraverso meccanismi coordinati di gestione amministrativa, il ministero del lavoro stipula, con ogni regione e con le province autonome di Trento e Bolzano, una convenzione finalizzata a regolare i relativi rapporti ed obblighi in relazione alla gestione dei servizi per il lavoro e delle politiche attive del lavoro nel territorio della regione o provincia autonoma (v. l’art. 11 del decreto, che elenca i principi cui deve ispirarsi la convenzione).
Grande enfasi viene data ai servizi ed alle misure di politica attiva del lavoro, che vengono affidati alle regioni, che dovranno espletarli con propri uffici territoriali, denominati centri per l’impiego, varie attività fra cui l’orientamento e l’assistenza nella ricerca di una occupazione, l’avviamento ad attività di formazione ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale, l’accompagnamento al lavoro, anche attraverso l’utilizzo dell’assegno individuale di ricollocazione, etc. Per avere accesso alle politiche attive del lavoro il lavoratore disoccupato dovrà stipulare il patto di servizio personalizzato. La stipulazione del patto è indispensabile per confermare lo stato di disoccupazione, tant’è che i lavoratori disoccupati sono nella sostanza convocati d’ufficio dai centri per l’impiego per la stipulazione del patto. Al lavoratore che abbia rispettato le condizioni previste dalla legge (art. 20 del decreto) è riconosciuto, a richiesta, un «assegno individuale di ricollocazione» (v. l’art. 23 del decreto), graduato in funzione del profilo personale di occupabilità, spendibile presso i centri per l’impiego o presso i servizi accreditati per ottenere un servizio di assistenza intensiva nella ricerca di lavoro.
Il lavoratore decada dall’assegno individuale nel caso di mancata partecipazione alle iniziative strumentali alla ricollocazione o rifiuti senza giustificato motivo una congrua offerta di lavoro e, ovviamente, in caso di perdita dello stato di disoccupazione. A tale trafila devono sottoporsi anche i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali per i quali la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, calcolata in un periodo di 12 mesi, sia superiore al 50% (v. l’art. 22 del decreto), con il corollario dell’applicazione delle sanzioni conseguenti (fino alla perdita del trattamento CIG).
Infine con l’art. 26 del decreto è stato previsto un meccanismo del tutto analogo a quello invalso nell’ambito della legislazione sui lavori socialmente utili, consistente nell’utilizzo diretto dei lavoratori titolari di strumenti di sostegno al reddito in costanza di rapporto. I lavoratori in questione possono essere chiamati a svolgere attività a fini di pubblica utilità a beneficio della comunità territoriale di appartenenza.

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Legge di conversione n. 132/2015 – Le modifiche correttive al c.p.c.

Legge di conversione n. 132/2015 – Le modifiche correttive al c.p.c.

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 192 del 20 agosto 2015 il testo della Legge 6 agosto 2015, n. 132 di conversione del D.L. n. 83/2015 di riforma della giustizia recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”.

Dopo aver riassunto le novità più significative in materia di procedure concorsuali, P&P Studio Legale dedica quest’articolo alle importanti novità che hanno interessato il codice civile, il codice di procedura civile nonché le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, traducendosi, in sede di conversione e riflettendo le intenzioni del legislatore, in norme correttive del D.L. 83/2015.

Ecco le novità più significative.

• Atto di precetto:
Confermata in sede di conversione la modifica dell’art. 480 c.p.c.
Il precetto si arricchisce, dunque, di un ulteriore elemento a vantaggio del debitore, ossia l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

• Ricerca telematica dei beni da pignorare:
confermata la modifica dell’art 492-bis c.p.c. e dell’art 155-quinquies disp. att. c.p.c. con cui viene ritoccata ed incoraggiata la ricerca telematica dei beni da pignorare.
In particolare viene “liberalizzata” la ricerca telematica dei beni del debitore da pignorare, senza che vi sia più necessità dei famosi – e mai emanati – decreti attuativi che l’originaria legge aveva imposto per l’operatività di tale riforma.
Il creditore, pertanto, previamente autorizzato dal Presidente del Tribunale, potrà ricercare beni mobili, immobili, autoveicoli e conti correnti da pignorare accedendo, per il tramite dell’ufficiale giudiziario, direttamente alle banche dati tributarie e previdenziali, nonché al registro automobilistico. Al fine di agevolare la ricerca di cui all’art. 492-bis del codice, in sede di conversione è stato modificato l’articolo 155-quater disp att. c.p.c., primo comma, ove si prevede che le pubbliche amministrazioni che gestiscono banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca di cui all’articolo 492-bis del codice mettono a disposizione degli ufficiali giudiziari gli accessi, con le modalità di cui all’articolo 58 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, su richiesta del Ministero della giustizia.

• Conversione del pignoramento:
Con la modifica dell’art. 495 c.p.c. viene prevista la possibilità per il debitore di accedere alla cosiddetta conversione del pignoramento anche attraverso un meccanismo di rateizzazione mensile entro il termine massimo di trentasei mesi. Ogni sei mesi il giudice provvede al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore. In sede di conversione viene, tra l’altro, modificato l’articolo 495, sesto comma, sostituito dal seguente:
“Con l’ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice, quando le cose pignorate siano costituite da beni immobili o cose mobili, dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento con il versamento dell’intera somma”.

• Cessazione dell’efficacia del pignoramento:
Confermata in sede di conversione la modifica del termine di cui all’art 497 c.p.c. e, pertanto, il pignoramento perderà efficacia quando dal suo compimento saranno trascorsi 45 (quarantacinque) giorni in luogo dei già previsti 90 (novanta) giorni senza che sia stata richiesta l’assegnazione o la vendita.

• Pignoramento mobiliare. Confermati i nuovi limiti:
con la modifica dell’art. 545 c.p.c. vengono introdotti importanti limiti alla misura massima del pignoramento di pensioni e stipendi. In particolare, a tale norma del codice di procedura civile vengono aggiunte le seguenti specificazioni:
– relativamente al pignoramento delle pensioni esse non potranno essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti di legge (un quinto);
– riguardo al pignoramento di stipendi: le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalla legge (un quinto).
Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

• Obblighi del terzo:
vengono confermati anche i mutati obblighi del terzo. All’art 546 c.p.c., infatti, viene previsto che dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’art. 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.

• Contestata dichiarazione del terzo:
all’articolo 549, il primo periodo è sostituito dal seguente:
“Se sulla dichiarazione sorgono contestazioni o se a seguito della mancata dichiarazione del terzo non e’ possibile l’esatta identificazione del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo, il giudice dell’esecuzione, su istanza di parte, provvede con ordinanza, compiuti i necessari accertamenti nel contraddittorio tra le parti e con il terzo”.

• Pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi:
Modificato l’art. 521-bis introdotto dal Decreto Legge n. 132/2014, convertito con modifiche nella Legge n. 162/2014, e non interessato dal d.l. 83/2015.
Al primo comma, le parole:
“Il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi si esegue” sono sostituite dalle seguenti:
“Oltre che con le forme previste dall’articolo 518, il pignoramento di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi può essere eseguito anche” e sono aggiunte le seguenti parole: “o, in mancanza, a quello più vicino”;
dopo il sesto comma e’ inserito il seguente:
“In deroga a quanto previsto dall’articolo 497, l’istanza di assegnazione o l’istanza di vendita deve essere depositata entro quarantacinque giorni dal deposito da parte del creditore della nota di iscrizione a norma del presente articolo ovvero dal deposito da parte di quest’ultimo delle copie conformi degli atti, a norma dell’articolo 159-ter delle disposizioni per l’attuazione del presente codice”.

• Pignoramenti immobiliari. Una sostanziale accelerata i tempi:
Confermata in sede di conversione la modifica del termine di cui all’art 567 c.p.c. relativo all’istanza di vendita ed al deposito della documentazione.
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere a depositare, entro 60 e non più entro 120 giorni, la documentazione ipocatastale.
In caso di mancato rispetto, il giudice dichiara l’inefficacia del pignoramento.
Anche la possibilità di chiedere la proroga del suddetto termine subisce un taglio. La riforma riduce, infatti, da 120 a 60 giorni la durata della proroga ai fini del deposito della suddetta documentazione.
Cambia inoltre la determinazione del valore dell’immobile pignorato ex art 568 c.p.c.
Dalla moltiplicazione della rendita catastale o del reddito dominicale per un coefficiente (art. 15 c.p.c.), si passa al valore di mercato. Si dovrà pertanto procedere alla stima, calcolando il valore al metro quadro, con le opportune correzioni anche in base alla situazione edilizia, stato d’uso e manutenzione, vincoli giuridici e morosità di spese condominiali. Nella stima dovrà essere evidenziato se c’è possibilità di sanare eventuali abusi edilizie e l’importo annuo delle spese condominiali ordinarie e le eventuali spese straordinarie già approvate dall’assemblea. Si accelerano infine i tempi per il giuramento – da effettuare in cancelleria, da parte del consulente stimatore, e per la presentazione delle offerte.
Inoltre, per ciò che concerne la consegna all’acquirente dell’immobile pignorato, ai sensi del modificato art 574 c.p.c., il giudice dell’esecuzione può autorizzare l’aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, assicurazioni o altri intermediari finanziari per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.
Inoltre, con la modifica dell’art. 173-quinquies. disp. att. c.p.c. rubricato “Ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto, di prestazione della cauzione e di versamento del prezzo” il giudice può disporre che la presentazione dell’offerta d’acquisto e la prestazione della cauzione ai sensi degli articoli 571, 579, 580 e 584 del medesimo codice possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale. È consentita la prestazione della cauzione anche mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione. In ogni caso, è stabilito che l’offerente comunichi, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dall’articolo 571 c.p.c.
Di fondamentale rilievo la modifica al codice civile, nel quale, dopo l’art. 2929 c.c. è inserita la Sezione I-bis riguardante l’espropriazione di beni oggetto di vincoli d’indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito.
In proposito, l’art. 2929-bis c.c. introduce una tutela rafforzata per il creditore in caso di pignoramento, grazie alla revocatoria semplificata. L’istituto introdotto dal d.l. in esame fa sì che il creditore ove si ritenga pregiudicato da una donazione, da un fondo patrimoniale, da un trust ovvero da un vincolo di destinazione in genere, possa iniziare l’esecuzione forzata indipendentemente dall’ottenimento di una sentenza dichiarativa d’inefficacia del trasferimento (cd. revocatoria). Il Giudice potrà quindi emettere una sentenza di rigetto delle ragioni del creditore quando ormai, per esempio, l’immobile del debitore sia già stato venduto all’asta. Di fatto viene introdotta una presunzione secondo cui gli atti sopra indicati siano stipulati in frode al creditore, con una lesione sia del diritto di difesa del debitore, sia del terzo che abbia eventualmente ricevuto tali beni. Infatti, la nuova disposizione introdotta, limita fortemente la difesa di questi ultimi posto che essi non sono ammessi alla causa ordinaria, con tutte le garanzie ad essa correlata ma solo all’opposizione all’esecuzione con motivi circoscritti a: l’esistenza del pregiudizio e la conoscenza in capo al debitore del pregiudizio medesimo. Va tuttavia considerato che per poter opporre il pignoramento al debitore, il creditore deve trascrivere quest’ultimo entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto di trasferimento del debitore. Da ciò deriva la perdita di efficacia degli atti di cessione, di donazione, ovvero di costituzione di fondo patrimoniale, trust e vincoli in genere, che sono da ritenersi “sospesi” sino al termine dell’anno dalla loro trascrizione. Infine è da rilevare che, decorso l’anno, il creditore ha pur sempre la possibilità di agire con l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

• Provvedimenti per l’autorizzazione alla vendita:
confermata un’ulteriore importante possibilità per il giudice: egli può altresì stabilire che il pagamento del prezzo di vendita avvenga ratealmente, entro un termine non superiore a 12 mesi. La rateizzazione pare possibile indipendentemente dall’ammontare del prezzo di vendita e senza alcun limite minimo di importo di ogni singola rata. Unici limiti alla possibilità di disporre la rateizzazione e alla rateizzazione stessa sono:
– non devono essere state presentate opposizioni all’esecuzione;
– la durata della rateizzazione non deve superare i 12 mesi.

• Provvedimento per l’autorizzazione della vendita:
confermata la modifica dei termini previsti.
A seguito dell’istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione, entro quindici giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell’articolo 567, nomina l’esperto che presta giuramento in cancelleria mediante sottoscrizione del verbale di accettazione e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l’udienza non possono decorrere più di novanta giorni.

• Gara tra gli offerenti:
il secondo comma è sostituito dal seguente:
“Se sono state presentate istanze di assegnazione a norma dell’articolo 588 e il prezzo indicato nella migliore offerta o nell’offerta presentata per prima è inferiore al valore dell’immobile stabilito nell’ordinanza di vendita, il giudice non fa luogo alla vendita e procede all’assegnazione”.

• Pubblicità sul portale delle vendite pubbliche:
Tutte le vendite dovranno essere pubblicizzate sul portale delle vendite pubbliche, gestito dal Ministero della giustizia. Il portale unificato consentirà a tutti gli interessati di acquisire le informazioni relative alle vendite giudiziarie nell’ambito di un’unica area web gestita dal Ministero della Giustizia, superando così l’attuale frammentazione con la pubblicazione degli avvisi di vendita per ogni singolo tribunale.
La legge di conversione modifica, tra l’altro, l’art. 490 c.p.c. (Pubblicità degli avvisi) prevedendo che, anche su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti, il giudice possa disporre che l’avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali.
Modifica altresì l’art. 533 c.p.c. (Obblighi del Commissionario) prevedendo che anche nell’ipotesi in cui la vendita non avvenisse nel termine fissato a norma dell’articolo 532, secondo comma, con consequenziale restituzione degli atti in cancelleria, in ogni caso occorre fornire la prova di avere effettuato la pubblicità disposta dal giudice.
La pubblicità sul portale è obbligatoria tanto che il decreto prevede all’art. 631-bis che, ove questa non venga effettuata nel termine stabilito, per causa imputabile al creditore pignorante o al creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, il giudice deve dichiarare con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo. Tale pubblicità dovrà essere effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, dal creditore procedente. Le modalità tecniche saranno prescritte dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia e saranno rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”. Ove la pubblicità riguardi beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non potrà essere effettuata fin tanto che non sarà fornita la prova dell’avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione. Il portale delle vendite pubbliche dovrà poi inviare all’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata – ad ogni interessato che ne abbia richiesta e si è registrato mediante un’apposita procedura – un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui è stata effettuata la pubblicità.
Anche in capo al creditore vengono posti dei costi. Viene, infatti, confermato il contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche degli atti esecutivi riguardanti beni immobili o mobili registrati. Esso sarà di 100 euro per ciascun atto esecutivo e potrà essere adeguato ogni tre anni in base agli indici Istat.

• Misure di coercizione indiretta:
l’articolo 614-bis è sostituito dal seguente titolo:
«TITOLO IV-bis – DELLE MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA.
Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza.
Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409.
Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.»

• Incentivi fiscali alla degiurisdizionalizzazione:

In via sperimentale, alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto nell’anno 2015 il compenso agli avvocati abilitati ad assisterli nel procedimento di negoziazione assistita ai sensi del capo II del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, nonchè alle parti che corrispondono o che hanno corrisposto, nel medesimo periodo, il compenso agli arbitri nel procedimento di cui al capo I del medesimo decreto, è riconosciuto, in caso di successo della negoziazione, ovvero di conclusione dell’arbitrato con lodo, un credito di imposta commisurato al compenso fino a concorrenza di 250 euro, nel limite di spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2016.

Legge n. 132/15 – le norme correttive in materia concorsuale

Legge n. 132/15 – le norme correttive in materia concorsuale

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 192 del 20 agosto 2015 il testo della Legge 6 agosto 2015, n. 132 di conversione del D.L. n. 83/2015 di riforma della giustizia recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”.

Ecco le novità più significative in materia di procedure concorsuali che, riflettendo le intenzioni del legislatore, si sono tradotte in norme correttive in fase di conversione.

Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – offerte concorrenti:

all’articolo 2, comma 1, capoverso Art. 163-bis:

il primo comma è sostituito dal seguente:

«Quando il piano di concordato di cui all’articolo 161, secondo comma, lettera e), comprende una offerta da parte di un soggetto già individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore, anche prima dell’omologazione, verso un corrispettivo in denaro o comunque a titolo oneroso dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il tribunale dispone la ricerca di interessati all’acquisto disponendo l’apertura di un procedimento competitivo a norma delle disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell’azienda, del ramo d’azienda o di specifici beni».

La nuova norma dà una disciplina positiva a una nota prassi virtuosa adottata da molti tribunali rendendola ammissibile non solo dopo l’emissione del decreto apertura del concordato preventivo, ma anche dopo il deposito del solo ricorso ex articolo 161, sesto comma, se è vero – come lo è – che l’ultimo comma della disposizione in commento prevede che «la disciplina del presente articolo si applica, in quanto compatibile, anche agli atti da autorizzare ai sensi dell’articolo 161 settimo comma nonché all’affitto di azienda o di uno o più rami di azienda».

al secondo comma, il primo periodo è soppresso e dopo il secondo periodo è inserito il seguente:

«Con il medesimo decreto è in ogni caso disposta la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche di cui all’articolo 490 del codice di procedura civile ed è stabilito l’aumento minimo del corrispettivo di cui al primo comma del presente articolo che le offerte devono prevedere.»

• Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – proposte concorrenti:

al comma 1, lettera c), secondo capoverso, il primo periodo è sostituito dal seguente:

«Le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui all’articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cui all’articolo 186-bis, di almeno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari.»;

dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5-bis. All’articolo 181 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, le parole: “sei mesi” sono sostituite dalle seguenti: “nove mesi”»;

• Disposizioni in materia di proposta di concordato preventivo e di adesione alla stessa

La disciplina della domanda di concordato è stata integrata nelle sue due previsioni più rilevanti.

All’art. 160 è stato aggiunto un quarto comma che testualmente recita:

“In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. La disposizione di cui al presente comma non si applica al concordato con continuità aziendale di cui all’art. 186-bis”.

La norma pur denotando un diverso atteggiamento del legislatore a seconda che il concordato sia liquidatorio o in continuità, in ciò discostandosi sensibilmente dall’impostazione della riforma del 2012, caratterizzata da un favor indifferenziato per la soluzione concordataria, fissa una percentuale, d’ora in poi, dal carattere vincolante, pur potendo continuare a essere indicata in un range compreso fra un minimo e un massimo, a condizione che la “forbice” sia ragionevolmente contenuta.

L’art. 161 è stato a sua volta modificato con l’inserimento, alla fine della lettera e) del secondo comma, della seguente disposizione:

“in ogni caso, la proposta deve indicare l’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che il proponente si obbliga ad assicurare a ciascun creditore”.

La portata di queste innovazioni non sfugge ad alcuno, anche perché la loro inosservanza si traduce in altrettante cause di inammissibilità della domanda.

Al quinto comma è aggiunto il seguente periodo:

“Al pubblico ministero è trasmessa altresì copia degli atti e documenti depositati a norma del secondo e del terzo comma, nonchè copia della relazione del commissario giudiziale prevista dall’articolo 172.”;

All’articolo 163, secondo comma, come modificato dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 3 del presente decreto, è aggiunto, infine, il seguente numero:

“4-bis) ordina al ricorrente di consegnare al commissario giudiziale entro sette giorni copia informatica o su supporto analogico delle scritture contabili e fiscali obbligatorie”;

All’articolo 165, come modificato dal comma 2 dell’articolo 3 del presente decreto, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

“Il commissario giudiziale comunica senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle indagini preliminari in sede penale e dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle sue funzioni”;

All’articolo 172, primo comma, come modificato dalla lettera a) del comma 3 dell’articolo 3 del presente decreto, dopo il primo periodo è inserito il seguente:

“Nella relazione il commissario deve illustrare le utilita’ che, in caso di fallimento, possono essere apportate dalle azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi.”;

All’articolo 178, il quarto comma è sostituito dal seguente:

“I creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire lo stesso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale. Le manifestazioni di voto sono annotate dal cancelliere in calce al verbale”;

• Modifiche alla disciplina del curatore:

Tra le modifiche più significative concernenti la figura del curatore fallimentare si segnala, relativamente ai requisiti richiesti per la nomina ex art. 28 del RD 267/42, l’eliminazione di ogni riferimento temporale di cui al terzo comma: non possono essere nominati in qualità di curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori e chi ha concorso al dissesto dell’impresa (il d.l. prevedeva un arco temporale di 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento).

All’articolo 64 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, rubricato “Atti a titolo gratuito” è aggiunto il seguente comma:
“I beni oggetto degli atti di cui al primo comma sono acquisiti al patrimonio del fallimento mediante trascrizione della sentenza dichiarativa di fallimento. Nel caso di cui al presente articolo ogni interessato può proporre reclamo avverso la trascrizione a norma dell’articolo 36”.

Sono, pertanto, inefficaci ex lege e conseguentemente risucchiati nella massa fallimentare mediante la semplice «trascrizione» della sentenza di fallimento (e cioè l’inserimento della sentenza di fallimento in un pubblico registro) i beni oggetto di atti di donazione, di istituzione di trust e del vincolo di destinazione (e qualsiasi altro atto a titolo gratuito) posti in essere nei due anni anteriori al fallimento.

• Ristrutturazione dei debiti:

Licenziato senza modifiche sostanziali l’art. 182-septies rubricato:
“Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziarie e convenzione di moratoria”.

Si tratta di una tipologia di accordo di ristrutturazione specifico nei confronti del sistema bancario che è quello verso cui l’impresa risulta maggiormente esposta. Condizione perché l’accordo di ristrutturazione del debito possa essere portato all’attenzione di banche e intermediari finanziari è che l’esposizione verso il sistema bancario sia non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo. Verificatasi tale condizione, l’imprenditore indebitato potrà proporre l’accordo individuando una o più categorie di creditori costituite da creditori che abbiano in comune posizione giuridica e interessi omogenei. Una volta che l’accordo sia stato raggiunto, il debitore è autorizzato dalla legge stessa a chiedere che gli effetti di esso siano estesi anche ai creditori che non abbiano aderito all’accordo stesso a condizione che:

– tutti i creditori appartenenti alla categoria o alle categorie individuate nell’accordo siano stati informati dell’esistenza delle trattative e siano stati invitati a partecipare al loro svolgimento;

– l’entità dei crediti dei soggetti aderenti all’accordo rappresenti almeno il 75% dell’ammontare complessivo dei crediti dei soggetti appartenenti alla o alle categorie individuate nell’accordo.

Il debitore dovrà notificare la domanda contenente l’accordo anche alla banca e agli altri soggetti non aderenti e nei cui confronti chiede che gli effetti dell’accordo raggiunto siano estesi; ove i soggetti non aderenti non intendano subire gli effetti dell’accordo, dovranno proporre opposizione entro trenta giorni dal momento della notificazione della domanda. Affinché l’accordo di ristrutturazione produca i propri effetti, occorrerà l’omologazione dal Tribunale che avrà accertato che:
a) le trattative si siano svolte secondo i principi di buona fede; b) banche e intermediari non aderenti nei cui confronti il debitore chiede che siano estesi gli effetti dell’accordo: i) abbiano identica posizione giuridica e interessi rispetto ai soggetti aderenti; ii) abbiano ricevuto ogni informazione aggiornata ed utile sulla posizione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, sull’accordo concluso e sui suoi effetti; iii) siano stati messi in grado di poter partecipare alle trattative finalizzate a raggiungere l’accordo, iiii) possano ritenersi soddisfatti tenuto conto di quelle che avrebbero potuto essere le concrete alternative esistenti.

L’accordo può essere concluso con il 75% dei creditori finanziari, se questi rappresentano almeno la metà dell’indebitamento, fermo l’integrale pagamento dei creditori non finanziari (per esempio altre imprese fornitrici di beni e servizi). Si evita così che alcuni crediti finanziari possano bloccare l’esito della procedura, e quindi si favorisce un risanamento precoce. Via libera anche all’introduzione di un’azione revocatoria semplificata per gli atti a titolo gratuito, in relazione ai quali i creditori potranno procedere a esecuzione forzata anche prima dell’ottenimento della sentenza declaratoria dell’inefficacia del’atto soggetto a revocatoria.

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D.L. 83/2015: Le modifiche in materia di esecuzione e telematico.

D.L. 83/2015: Le modifiche in materia di esecuzione e telematico.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27 giugno 2015 è stato pubblicato il testo del D.L. n. 83/2015 di riforma della giustizia recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”.

Dopo aver riassunto le novità introdotte dal titolo I in materia di procedure concorsuali, P&P Studio Legale dedica quest’articolo alle importanti novità introdotte dai successivi titoli II e III in materia di procedimenti di espropriazione forzata e processo civile telematico.

Questi i punti principali del provvedimento:

  • Atto di precetto:

con la modifica dell’art. 480 c.p.c. il precetto si arricchisce di un ulteriore elemento a vantaggio del debitore, ossia l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore.

La vigenza viene, però, posticipata all’entrata in vigore della Legge di conversione.

  • Ricerca telematica dei beni da pignorare:

con la modifica dell’art 492-bis c.p.c. e dell’art 155-quinquies disp. att. c.p.c. viene ritoccata ed incoraggiata la ricerca telematica dei beni da pignorare – ancora inapplicabile, mancando il decreto ministeriale attuativo.

In particolare il nuovo decreto legge “liberalizza” la ricerca telematica dei beni del debitore da pignorare, senza che vi sia più necessità dei famosi – e mai emanati – decreti attuativi che l’originaria legge aveva imposto per l’operatività di tale riforma: pertanto il creditore, previamente autorizzato dal Presidente del Tribunale, potrà cercare beni mobili, immobili, autoveicoli e conti correnti da pignorare accedendo direttamente alle banche dati tributarie e previdenziali, nonché al registro automobilistico, senza doversi prima rivolgere agli ufficiali giudiziari, ma chiedendolo direttamente alle pubbliche amministrazioni interessate e titolari della relativa banca dati..

Tale disposizione però perderà efficacia se il decreto dirigenziale che assicuri la piena funzionalità del servizio non verrà adottato entro dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge di riforma.

  • Conversione del pignoramento:

con la modifica dell’art. 495 c.p.c. viene prevista la possibilità per il debitore di accedere alla cosiddetta conversione del pignoramento anche attraverso un meccanismo di rateizzazione mensile entro il termine massimo di trentasei mesi. Ogni sei mesi il giudice provvede al pagamento al creditore pignorante o alla distribuzione tra i creditori delle somme versate dal debitore.

  • Cessazione dell’efficacia del pignoramento:

viene modificato il termine di cui all’art 497 c.p.c. e, pertanto, il pignoramento perderà efficacia quando dal suo compimento saranno trascorsi 45 (quarantacinque) giorni in luogo dei già previsti 90 (novanta) giorni senza che sia stata richiesta l’assegnazione o la vendita.

  • Pignoramento mobiliare. I nuovi limiti:

con la modifica dell’art. 545 c.p.c. il nuovo decreto legge introduce importanti limiti alla misura massima del pignoramento di pensioni e stipendi. In particolare, a tale norma del codice di procedura civile vengono aggiunte le seguenti specificazioni:

– relativamente al pignoramento delle pensioni esse non potranno essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti di legge (un quinto);

– riguardo al pignoramento di stipendi: le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dalla legge (un quinto).

Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio.

  • Obblighi del terzo:

vengono mutati anche gli obblighi del terzo. All’art 546 c.p.c., infatti, viene previsto che dal giorno in cui gli è notificato l’atto previsto nell’art. 543, il terzo è soggetto, relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. Nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore di somme a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, gli obblighi del terzo pignorato non operano, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento, per un importo pari al triplo dell’assegno sociale; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, gli obblighi del terzo pignorato operano nei limiti previsti dall’articolo 545 e dalle speciali disposizioni di legge.

  • Pignoramenti immobiliari. Una sostanziale accelerata i tempi:

il decreto legge 83/2015 modifica il termine di cui all’art 567 c.p.c. relativo all’istanza di vendita ed al deposito della documentazione.

Il creditore che richiede la vendita deve provvedere a depositare, entro 60 e non più entro 120 giorni, la documentazione ipocatastale.

In caso di mancato rispetto, il giudice dichiara l’inefficacia del pignoramento.

Anche la possibilità di chiedere la proroga del suddetto termine subisce un taglio. La riforma riduce, infatti, da 120 a 60 giorni la durata proroga ai fini del deposito della suddetta documentazione.

Cambia inoltre la determinazione del valore dell’immobile pignorato ex art 568 c.p.c.

Dalla moltiplicazione della rendita catastale o del reddito dominicale per un coefficiente (art. 15 c.p.c.), si passa al valore di mercato. Si dovrà pertanto procedere alla stima, calcolando il valore al metro quadro, con le opportune correzioni anche in base alla situazione edilizia, stato d’uso e manutenzione, vincoli giuridici e morosità di spese condominiali. Nella stima dovrà essere evidenziato se c’è possibilità di sanare eventuali abusi edilizie e l’importo annuo delle spese condominiali ordinarie e le eventuali spese straordinarie già approvate dall’assemblea. Si accelerano infine i tempi per il giuramento – da effettuare in cancelleria, da parte del consulente stimatore, e per la presentazione delle offerte.

Inoltre, per ciò che concerne la consegna all’acquirente dell’immobile pignorato, ai sensi del modificato art 574 c.p.c., il giudice dell’esecuzione può autorizzare l’aggiudicatario, che ne faccia richiesta, ad immettersi nel possesso dell’immobile venduto, a condizione che sia prestata una fideiussione, autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, assicurazioni o altri intermediari finanziari per un importo pari ad almeno il trenta per cento del prezzo di vendita.

Inoltre, con la modifica dell’art. 173-quinquies. disp. att. c.p.c. rubricato “Ulteriori modalità di presentazione delle offerte d’acquisto, di prestazione della cauzione e di versamento del prezzo” il giudice può disporre che la presentazione dell’offerta d’acquisto e la prestazione della cauzione ai sensi degli articoli 571, 579, 580 e 584 del medesimo codice possano avvenire con sistemi telematici di pagamento ovvero con carte di debito, di credito o prepagate o con altri mezzi di pagamento disponibili nei circuiti bancario e postale. È consentita la prestazione della cauzione anche mediante fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da banche, società assicuratrici o intermediari finanziari che svolgono in via esclusiva o prevalente attività di rilascio di garanzie e che sono sottoposti a revisione contabile da parte di una società di revisione. In ogni caso, è stabilito che l’offerente comunichi, a mezzo posta elettronica certificata, la dichiarazione contenente le indicazioni prescritte dall’articolo 571 c.p.c.

Di fondamentale rilievo la modifica al codice civile, nel quale, dopo l’art. 2929 c.c. è inserita la Sezione I-bis riguardante l’espropriazione di beni oggetto di vincoli d’indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito.

In proposito, l’art. 2929-bis c.c. introduce una tutela rafforzata per il creditore in caso di pignoramento, grazie alla revocatoria semplificata. L’istituto introdotto dal d.l. in esame fa sì che il creditore ove si ritenga pregiudicato da una donazione, da un fondo patrimoniale, da un trust ovvero da un vincolo di destinazione in genere, possa iniziare l’esecuzione forzata indipendentemente dall’ottenimento di una sentenza dichiarativa d’inefficacia del trasferimento (cd. revocatoria). Il Giudice potrà quindi emettere una sentenza di rigetto delle ragioni del creditore quando ormai, per esempio, l’immobile del debitore sia già stato venduto all’asta. Di fatto viene introdotta una presunzione secondo cui gli atti sopra indicati siano stipulati in frode al creditore, con una lesione sia del diritto di difesa del debitore, sia del terzo che abbia eventualmente ricevuto tali beni. Infatti, la nuova disposizione introdotta, limita fortemente la difesa di questi ultimi posto che essi non sono ammessi alla causa ordinaria, con tutte le garanzie ad essa correlata ma solo all’opposizione all’esecuzione con motivi circoscritti a: l’esistenza del pregiudizio e la conoscenza in capo al debitore del pregiudizio medesimo. Va tuttavia considerato che per poter opporre il pignoramento al debitore, il creditore deve trascrivere quest’ultimo entro un anno dalla data di trascrizione dell’atto di trasferimento del debitore. Da ciò deriva la perdita di efficacia degli atti di cessione, di donazione, ovvero di costituzione di fondo patrimoniale, trust e vincoli in genere, che sono da ritenersi “sospesi” sino al termine dell’anno dalla loro trascrizione. Infine è da rilevare che, decorso l’anno, il creditore ha pur sempre la possibilità di agire con l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c.

  • Provvedimenti per l’autorizzazione alla vendita:

il Decreto Legge 83/2015 introduce un’ulteriore importante possibilità per il giudice: egli può altresì stabilire che il pagamento del prezzo di vendita avvenga ratealmente, entro un termine non superiore a 12 mesi. La rateizzazione pare possibile indipendentemente dall’ammontare del prezzo di vendita e senza alcun limite minimo di importo di ogni singola rata.

Unici limiti alla possibilità di disporre la rateizzazione e alla rateizzazione stessa sono:

– non devono essere state presentate opposizioni all’esecuzione;

– la durata della rateizzazione non deve superare i 12 mesi.

  • Pubblicità sul portale delle vendite pubbliche:

tutte le vendite dovranno essere pubblicizzate sul portale delle vendite pubbliche, gestito dal Ministero della giustizia.

Il portale unificato consentirà a tutti gli interessati di acquisire le informazioni relative alle vendite giudiziarie nell’ambito di un’unica area web gestita dal Ministero della Giustizia, superando così l’attuale frammentazione con la pubblicazione degli avvisi di vendita per ogni singolo tribunale.

La pubblicità sul portale è obbligatoria tanto che il decreto prevede all’art. 631-bis che, ove questa non venga effettuata nel termine stabilito dal giudice, quest’ultimo deve dichiarare con ordinanza l’estinzione del processo esecutivo. Tale pubblicità dovrà essere effettuata a cura del professionista delegato per le operazioni di vendita o del commissionario o, in mancanza, dal creditore procedente. Le modalità tecniche saranno prescritte dal responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia e saranno rese disponibili mediante pubblicazione nell’area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”. Ove la pubblicità riguardi beni immobili o beni mobili registrati, la pubblicazione non potrà essere effettuata fin tanto che non sarà fornita la prova dell’avvenuto pagamento del contributo per la pubblicazione. Il portale delle vendite pubbliche dovrà poi inviare all’indirizzo di posta elettronica ordinaria o certificata – ad ogni interessato che ne abbia richiesta e si è registrato mediante un’apposita procedura – un avviso contenente le informazioni relative alle vendite di cui è stata effettuata la pubblicità.

Anche in capo al creditore vengono posti dei costi. Il decreto legge, inoltre, pone dei costi anche in capo al creditore procedente introducendo un contributo per la pubblicazione sul portale delle vendite pubbliche degli atti esecutivi riguardanti beni immobili o mobili registrati. Esso sarà di 100 euro per ciascun atto esecutivo e potrà essere adeguato ogni tre anni in base agli indici Istat.

Vigenza: decorsi trenta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle specifiche tecniche previste dall’articolo 161-quater delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile.

Novità anche in tema di processo civile telematico:

  • Il d.l. n. 83/2015 attribuisce valore legale al deposito con modalità telematica degli atti introduttivi dei procedimenti di cognizione e di volontaria giurisdizione, quando effettuati dal difensore o dai dipendenti pubblici. Resta ferma la facoltatività del processo civile telematico, che diverrà obbligatorio a decorrere dal 1° gennaio 2017. Attualmente l’obbligo del deposito telematico esclude l’atto di citazione e le comparse di costituzione, salvo che il singolo tribunale abbia disposto tale facoltà con apposito decreto.

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Giustizia civile e fallimentare: il decreto pubblicato in gazzetta

Giustizia civile e fallimentare: il decreto pubblicato in gazzetta

E’ Stato pubblicato Sulla Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27 giugno 2015 il testo del D.L. n. 83/2015 di riforma della giustizia recante “misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria”.
Le misure adottate, come si legge nel comunicato stampa diffuso dal Governo, muovono da un principio comune « … Affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario ».
Il decreto interviene in materia di procedure concorsuali (Titolo I), in materia di procedure esecutive (Titolo II), nonché di termini per l’efficienza della giustizia e disposizioni per il processo telematico (Titolo III).
Tra le principali novità introdotte dal titolo I in materia di procedure concorsuali si segnalano:

Accesso al credito nel corso di una crisi aziendale:
il Tribunale può concedere l’autorizzazione a finanziamenti interinali anche nel caso di concordato c.d. in bianco e, in via d’urgenza, anche in mancanza dell’attestazione del professionista, sentiti i creditori principali. In particolare si prevede che le richieste di finanziamento da imprenditori che abbiano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo siano assistiti dal beneficio della prededuzione, previa presentazione al tribunale che documenti la necessità e la destinazione dei finanziamenti stessi per la prosecuzione del’attività d’impresa. In questo modo si aumentano le possibilità di riuscita di piani di risanamento dell’impresa in crisi.

Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – offerte concorrenti:
Anche soggetti terzi possono presentare offerte per l’acquisto dei beni, purché le stesse siano migliorative e comparabili. Si evita così la svalutazione abusiva del patrimonio.

Apertura alla concorrenza nel concordato preventivo – proposte concorrenti:
La domanda di accesso al concordato preventivo può essere presentata, non oltre trenta giorni prima dell’adunanza, anche dai creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata. Le proposte di concordato concorrenti sono ammissibili se non risulta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento, ancorchè dilazionato, di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari. Si favorisce così l’immissione di nuovi capitali nell’impresa in crisi e la corretta valorizzazione del patrimonio del debitore.

Requisiti per la nomina a curatore:

Tra le modifiche più significative alla legge fallimentare si segnalano gli interventi correttivi alla disciplina dei curatori fallimentari. In primo luogo, per quanto concerne i requisiti per la nomina a curatore di cui all’art. 28 del RD 267/42, viene modificato l’arco temporale di cui al terzo comma: non possono essere nominati in qualità di curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (attualmente è previsto in due anni), nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento. Non potranno inoltre assumere l’incarico di curatore i soggetti che abbiano svolto la funzione di commissario giudiziale in relazione a procedura di concordato per lo stesso debitore. Viene poi espressamente distinta la figura del curatore fallimentare da quella del commissario giudiziale – le due vengono rese incompatibili – con l’ulteriore previsione che gli adempimenti richiesti devono essere completati entro i prescritti termini (sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, e in ogni caso non oltre centottanta giorni dalla sentenza dichiarativa di fallimento) pena la revoca. Si garantisce così la terzietà del commissario e si riducono i tempi delle procedure di fallimento.

Ristrutturazione dei debiti:

Nell’evidente intento legislativo di favorire il sistema imprenditoriale viene introdotto l’art. 182-septies rubricato Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziarie e convenzione di moratoria. Si tratta di una tipologia di accordo di ristrutturazione specifico nei confronti del sistema bancario che è quello verso cui l’impresa risulta maggiormente esposta. Condizione perché l’accordo di ristrutturazione del debito possa essere portato all’attenzione di banche e intermediari finanziari è che l’esposizione verso il sistema bancario sia non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo. Verificatasi tale condizione, l’imprenditore indebitato potrà proporre l’accordo individuando una o più categorie di creditori costituite da creditori che abbiano in comune posizione giuridica e interessi omogenei. Una volta che l’accordo sia stato raggiunto, il debitore è autorizzato dalla legge stessa a chiedere che gli effetti di esso siano estesi anche ai creditori che non abbiano aderito all’accordo stesso a condizione che:
– tutti i creditori appartenenti alla categoria o alle categorie individuate nell’accordo siano stati informati dell’esistenza delle trattative e siano stati invitati a partecipare al loro svolgimento;
– l’entità dei crediti dei soggetti aderenti all’accordo rappresenti almeno il 75% dell’ammontare complessivo dei crediti dei soggetti appartenenti alla o alle categorie individuate nell’accordo.
Il debitore dovrà notificare la domanda contenente l’accordo anche alla banca e agli altri soggetti non aderenti e nei cui confronti chiede che gli effetti dell’accordo raggiunto siano estesi; ove i soggetti non aderenti non intendano subire gli effetti dell’accordo, dovranno proporre opposizione entro trenta giorni dal momento della notificazione della domanda. Affinché l’accordo di ristrutturazione produca i propri effetti, occorrerà l’omologazione dal Tribunale che avrà accertato che: a) le trattative si siano svolte secondo i principi di buona fede; b) banche e intermediari non aderenti nei cui confronti il debitore chiede che siano estesi gli effetti dell’accordo: i) abbiano identica posizione giuridica e interessi rispetto ai soggetti aderenti; ii) abbiano ricevuto ogni informazione aggiornata ed utile sulla posizione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, sull’accordo concluso e sui suoi effetti; iii) siano stati messi in grado di poter partecipare alle trattative finalizzate a raggiungere l’accordo, iiii) possano ritenersi soddisfatti tenuto conto di quelle che avrebbero potuto essere le concrete alternative esistenti. l’accordo può essere concluso con il 75% dei creditori finanziari, se questi rappresentano almeno la metà dell’indebitamento, fermo l’integrale pagamento dei creditori non finanziari (per esempio altre imprese fornitrici di beni e servizi). Si evita così che alcuni crediti finanziari possano bloccare l’esito della procedura, e quindi si favorisce un risanamento precoce. Via libera anche all’introduzione di un’azione revocatoria semplificata per gli atti a titolo gratuito, in relazione ai quali i creditori potranno procedere a esecuzione forzata anche prima dell’ottenimento della sentenza declaratoria dell’inefficacia del’atto soggetto a revocatoria.

Operazioni di vendita:

Le operazioni di vendita vendono rese più rapide grazie alla gestione prioritaria per via extra giudiziale, alle modalità di determinazione del prezzo di vendita che possono prevedere anche un versamento rateale del prezzo, ai criteri di aggiudicazione e ai costi per la pubblicità.

Deducibilità delle perdite:

Viene modificato il regime di deducibilità ai fini Ires e Irap delle svalutazioni crediti e delle perdite su crediti degli enti creditizi e finanziari e delle imprese di assicurazione introducendo, al posto della deducibilità annuale in misura di un quinto per ciascun anno, la deducibilità integrale di tali componenti negativi di reddito nell’esercizio in cui sono rilevati in bilancio. Si incentivano le imprese del credito a dismettere crediti incagliati così da alimentare il margine patrimoniale per la concessione di nuovo credito.

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